La caccia alla materia oscura potrebbe presto prendere una svolta inattesa grazie a un rivelatore cinese originariamente progettato per studiare i neutrini. L'Osservatorio Sotterraneo per Neutrini di Jiangmen (JUNO), che dovrebbe iniziare le operazioni nella seconda metà del 2025, potrebbe infatti essere in grado di identificare particelle gravitino cariche, una categoria di candidati per la materia oscura completamente diversa da tutto ciò che è stato teorizzato finora. Questa possibilità emerge da una ricerca pubblicata su Physical Review Research da scienziati dell'Università di Varsavia e del Max Planck Institute per la Fisica Gravitazionale.
Quando la matematica pura incontra la realtà fisica
La storia di questa scoperta teorica affonda le radici nel 1981, quando Murray Gell-Mann, premio Nobel per l'introduzione dei quark, notò un fatto sorprendente. Le particelle del Modello Standard - quark e leptoni - erano perfettamente contenute in una teoria formulata due anni prima su basi puramente matematiche: la supergravità N=8. Questa teoria, caratterizzata da una simmetria massimale, includeva non solo le particelle di materia con spin 1/2, ma anche una componente gravitazionale con il gravitone (spin 2) e otto gravitini (spin 3/2).
Per quarant'anni, la supergravità N=8 ha rappresentato un enigma affascinante ma problematico. Da un lato, conteneva esattamente sei quark e sei leptoni, proprio come il Modello Standard, e addirittura vietava la presenza di altre particelle di materia - una predizione che si è rivelata accurata dopo decenni di ricerche agli acceleratori senza nuove scoperte. Dall'altro, presentava un difetto fondamentale: le cariche elettriche di quark e leptoni erano spostate di ±1/6 rispetto ai valori noti.
La rivoluzione dei gravitini carichi
Alcuni anni fa, Krzysztof Meissner dell'Università di Varsavia e Hermann Nicolai del Max Planck Institute sono riusciti a superare questo ostacolo. La loro modifica della teoria originale ha corretto le cariche elettriche delle particelle del Modello Standard, introducendo però una simmetria infinita chiamata K(E10), matematicamente poco conosciuta e radicalmente diversa dalle simmetrie convenzionali.
Il risultato più sorprendente di questa modifica è che i gravitini, pur avendo una massa estremamente elevata vicina alla scala di Planck (miliardi di miliardi di volte la massa del protone), risultano elettricamente carichi: sei hanno carica ±1/3 e due hanno carica ±2/3. Nonostante la loro massa enorme, questi gravitini non possono decadere semplicemente perché non esistono particelle in cui possano trasformarsi.
Una strategia di rilevamento rivoluzionaria
La natura carica dei gravitini apre scenari completamente inediti per la ricerca della materia oscura. Mentre i candidati tradizionali come assioni e WIMP erano elettricamente neutri - in linea con il nome stesso di "materia oscura" - i gravitini carichi possono comunque fungere da materia oscura grazie alla loro rarità estrema. Si stima che nel Sistema Solare sia presente solo un gravitino ogni 10.000 chilometri cubi, una densità così bassa da renderli osservativamente "invisibili" e da aggirare i severi vincoli sulla carica dei costituenti della materia oscura.
Il rivelatore JUNO rappresenta un'opportunità unica per questa ricerca. Con i suoi 20.000 tonnellate di liquido organico simile all'olio industriale, contenuto in una sfera di circa 40 metri di diametro circondata da oltre 17.000 fotomoltiplicatori, questo strumento cinese è progettato per catturare neutrini attraverso enormi volumi di materiale.
Simulazioni all'avanguardia tra fisica e chimica
La ricerca pubblicata su Physical Review Research presenta simulazioni dettagliate dei possibili segnali che i gravitini potrebbero produrre in JUNO e in futuri rivelatori ad argon liquido come DUNE negli Stati Uniti. Il lavoro, che ha coinvolto anche Adrianna Kruk e Michal Lesiuk della Facoltà di Chimica dell'Università di Varsavia, ha richiesto calcoli quantistici intensivi per modellare il comportamento chimico-fisico del passaggio di un gravitino attraverso il liquido rivelatore.
Le simulazioni hanno dovuto considerare numerosi fattori di disturbo: il decadimento radioattivo del carbonio-14 presente nell'olio, il tasso di conteggi spurii dei fotomoltiplicatori, l'assorbimento di fotoni nel liquido e altri fenomeni. Nonostante questa complessità, i risultati mostrano che il passaggio di un gravitino lascerebbe una firma unica e inconfondibile, impossibile da confondere con quella di qualsiasi particella attualmente conosciuta.
Verso l'unificazione delle forze fondamentali
La rilevazione dei gravitini supermassicci rappresenterebbe un passo epocale nella ricerca di una teoria unificata che combini gravità e fisica delle particelle. Essendo previsti con masse dell'ordine della massa di Planck, la loro scoperta costituirebbe la prima indicazione diretta di fenomeni fisici prossimi alla scala di Planck, fornendo evidenze sperimentali preziose per l'unificazione di tutte le forze della natura. Questo approccio interdisciplinare, che combina fisica teorica e sperimentale delle particelle elementari con metodi avanzati di chimica quantistica, stabilisce nuovi standard nella ricerca scientifica contemporanea.