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Molti pianeti nascono con orbite già disallineate

Nuove osservazioni rivelano che il disallineamento tra stella e disco è comune, spiegando la varietà di architetture planetarie nell’universo.

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Avatar di Patrizio Coccia

a cura di Patrizio Coccia

Editor

Pubblicato il 14/08/2025 alle 15:49 - Aggiornato il 15/08/2025 alle 09:39

La notizia in un minuto

  • Almeno un terzo delle stelle simili al Sole nasce con dischi planetari disallineati rispetto all'asse di rotazione stellare, rendendo il disordine cosmico più comune dell'allineamento ordinato del nostro sistema solare
  • Questi disallineamenti iniziali spiegano la straordinaria diversità di architetture planetarie osservate nell'universo, inclusi giganti gassosi vicini alle stelle e pianeti con orbite retrograde
  • La scoperta ha importanti implicazioni per la ricerca di vita extraterrestre, suggerendo che sistemi ordinati come il nostro potrebbero essere più favorevoli allo sviluppo di condizioni stabili per la vita
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Le stelle simili al Sole nascono spesso in condizioni molto diverse da quelle del nostro sistema solare, con dischi di formazione planetaria che ruotano in direzioni completamente disallineate rispetto all’asse di rotazione della stella madre.

Un nuovo studio, frutto di osservazioni combinate da telescopi terrestri e spaziali, rivela che almeno un terzo di questi sistemi stellari giovani presenta questa configurazione “scompigliata”, offrendo una spiegazione plausibile per la straordinaria varietà di architetture planetarie osservate nell’universo. La scoperta ribalta l’idea che la formazione ordinata del nostro sistema sia la norma, suggerendo invece che rappresenti un’eccezione.

Il caos cosmico come regola

L’analisi geometrica dei dischi protoplanetari ha mostrato risultati che sfidano i modelli tradizionali di formazione stellare. Per decenni, l’allineamento tra stella e disco è stato considerato lo scenario più comune, ma le nuove osservazioni dimostrano che il disordine è sorprendentemente diffuso. Questi disallineamenti non sono anomalie isolate: sembrano essere un elemento strutturale del processo di nascita delle stelle e dei pianeti.

Gli scienziati hanno inoltre individuato un legame diretto tra queste configurazioni iniziali e la successiva disposizione dei pianeti nei sistemi maturi, indicando che il destino architettonico di un sistema può essere deciso già nelle prime fasi.

Un puzzle da trilioni di chilometri

Misurare questi disallineamenti è una sfida tecnica notevole, data la scala delle distanze in gioco. Per riuscirci, gli astronomi hanno combinato dati provenienti da diversi strumenti, terrestri e spaziali, ottenendo una ricostruzione tridimensionale precisa dei sistemi in formazione. I dischi protoplanetari, estesi per centinaia di miliardi di chilometri, sono stati studiati grazie all’analisi della polarizzazione della luce e all’osservazione delle ombre proiettate dal materiale orbitante.

Queste tecniche hanno permesso di determinare con grande accuratezza l’inclinazione dei dischi rispetto all’asse di rotazione stellare, rivelando livelli di disallineamento che fino a pochi anni fa sarebbero stati difficili da rilevare.

Semi di diversità planetaria

Secondo lo studio, i sistemi con disallineamenti pronunciati tendono a generare pianeti dalle orbite eccentriche, inclinate o addirittura retrograde. Questo spiega la presenza di giganti gassosi vicinissimi alle proprie stelle o di pianeti che orbitano in direzioni opposte alla rotazione stellare. Il nostro sistema solare, con pianeti allineati su un piano comune e in rotazione concorde con il Sole, appare quindi come un caso particolarmente ordinato, forse decisivo per l’emergere di condizioni stabili e, in ultima analisi, della vita sulla Terra.

Scoprire che i sistemi disallineati sono così frequenti ha conseguenze dirette nella ricerca di pianeti abitabili. Architetture più caotiche potrebbero ridurre la probabilità di stabilità a lungo termine, ma allo stesso tempo ampliano il ventaglio di possibili scenari in cui la vita potrebbe adattarsi a condizioni molto diverse da quelle terrestri. Gli autori dello studio sottolineano che le future missioni alla ricerca di esopianeti dovranno considerare questa complessità, superando modelli basati esclusivamente sull’esperienza del nostro sistema solare.

Fonte dell'articolo: www.nature.com

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