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Chip SiC: resistono alle radiazioni spaziali?

Primi risultati della collaborazione ETH Zurigo-ANSTO su dispositivi in carburo di silicio (SiC) pubblicati in due studi scientifici.

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Avatar di Patrizio Coccia

a cura di Patrizio Coccia

Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 07/07/2025 alle 12:00

La notizia in un minuto

  • Una collaborazione internazionale tra ETH Zurigo e ANSTO ha studiato gli effetti della radiazione spaziale sui dispositivi in carburo di silicio, rivelando meccanismi di danno microscopici che potrebbero rivoluzionare la progettazione dell'elettronica per missioni spaziali
  • La ricerca ha identificato la corrente di perdita da evento singolo (SELC), un fenomeno che può causare danni permanenti sia nei dispositivi di vecchia che di nuova generazione quando particelle cosmiche colpiscono specifiche regioni del semiconduttore
  • I risultati pubblicati su IEEE Transactions on Nuclear Science forniscono indicazioni concrete per sviluppare dispositivi di potenza più resistenti alle radiazioni, incluso l'uso di strati protettivi di poliimmide per ridurre la penetrazione delle particelle

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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La conquista dello spazio passa anche attraverso la comprensione dei meccanismi microscopici che governano il comportamento dei semiconduttori quando vengono bombardati da particelle ad alta energia. Una collaborazione internazionale tra l'ETH di Zurigo e l'Australian Nuclear Science and Technology Organisation (ANSTO) ha prodotto risultati pionieristici che potrebbero rivoluzionare il modo in cui progettiamo l'elettronica destinata alle missioni spaziali. I ricercatori hanno svelato i segreti del carburo di silicio, un materiale semiconduttore che promette di superare i limiti del silicio tradizionale nelle applicazioni più estreme.

Quando le particelle cosmiche incontrano l'elettronica

I dispositivi elettronici nello spazio devono affrontare una sfida implacabile: il bombardamento costante di particelle cariche provenienti dal cosmo. Questo fenomeno, noto come radiazione spaziale, può causare malfunzionamenti improvvisi e danni permanenti ai componenti elettronici, mettendo a rischio intere missioni spaziali. Il team di ricerca, guidato dalla dottoressa Corinna Martinella, ex ricercatrice senior dell'ETH di Zurigo, ha concentrato i propri sforzi sui dispositivi in carburo di silicio, considerati la prossima generazione di semiconduttori per applicazioni ad alta potenza.

La ricerca ha utilizzato tecniche sperimentali sofisticate presso il Center for Accelerator Science dell'ANSTO, dove fasci di particelle altamente focalizzati hanno simulato le condizioni che i dispositivi incontrerebbero nello spazio. Questi esperimenti hanno permesso di osservare come diverse tipologie di radiazione influenzino il comportamento dei componenti a livello microscopico, rivelando meccanismi finora poco compresi.

Il mistero della corrente di perdita indotta

Uno dei fenomeni più intriganti emersi dallo studio è la cosiddetta corrente di perdita da evento singolo (SELC), un tipo di danno che può verificarsi sia nelle versioni più datate che in quelle più recenti dei dispositivi in carburo di silicio. Questo effetto si manifesta quando particelle a corto raggio colpiscono specifiche regioni del dispositivo, innescando una reazione a catena che può portare a difetti permanenti. La scoperta è particolarmente significativa perché dimostra che anche i dispositivi di nuova generazione non sono immuni a questo tipo di degradazione.

Le simulazioni Monte Carlo condotte presso l'ANSTO hanno fornito una spiegazione dettagliata di come la profondità di penetrazione delle particelle influenzi l'entità del danno. Quando le particelle colpiscono determinate aree di un diodo, aumentano il campo elettrico locale e scatenano un processo di ionizzazione che può propagarsi attraverso il materiale semiconduttore.

La radiazione spaziale trasforma i semiconduttori in campi di battaglia microscopici

Anatomia di un attacco radiativo

L'analisi ha rivelato che non tutte le parti dei dispositivi reagiscono allo stesso modo all'irraggiamento. Alcune sezioni, come le linee metalliche della sorgente e del gate, hanno mostrato una notevole resistenza ai danni, mentre altre zone si sono dimostrate più vulnerabili. Un aspetto particolarmente interessante riguarda l'influenza della posizione dell'impatto: i ricercatori hanno osservato differenze significative nel comportamento dei dispositivi a seconda che il fascio di particelle colpisse direttamente il pad della sorgente o zone adiacenti.

La presenza di uno strato protettivo di poliimmide ha dimostrato di ridurre la profondità di penetrazione degli ioni nelle aree off-pad, suggerendo possibili strategie di schermatura per future applicazioni spaziali. Questo risultato apre nuove prospettive per la progettazione di dispositivi più resistenti alle radiazioni.

Verso una nuova generazione di elettronica spaziale

La ricerca, pubblicata su due articoli nell'IEEE Transactions on Nuclear Science, rappresenta un passo fondamentale verso la comprensione completa dei meccanismi di danno da radiazione nei dispositivi in carburo di silicio. Il dottor Helton De Medeiros, primo autore di uno degli studi, ha investigato specificamente la relazione tra gli effetti da evento singolo causati dall'irraggiamento con ioni pesanti e i difetti risultanti nei dispositivi, utilizzando tecniche avanzate di caratterizzazione per identificare le cause profonde degli effetti osservati.

I risultati ottenuti dalla collaborazione tra ETH Zurigo e ANSTO non solo avanzano la comprensione scientifica dei fenomeni di danno da radiazione, ma forniscono anche indicazioni concrete per lo sviluppo di dispositivi di potenza più affidabili per le future missioni spaziali. Come sottolineato dalla dottoressa Martinella nel suo post su LinkedIn, questa ricerca contribuisce significativamente alla comprensione dei meccanismi fondamentali di danno da radiazione nei dispositivi di potenza in carburo di silicio esposti a ioni pesanti.

Il successo di questi esperimenti è stato reso possibile grazie al contributo essenziale di un team multidisciplinare, inclusi i dottori Ryan Drury e Zeljko Pastuovic per il supporto durante gli esperimenti, e la dottoressa Stefania Peracchi per la preparazione e coordinamento della campagna sperimentale presso l'ANSTO. Questa collaborazione internazionale dimostra come la ricerca di frontiera richieda l'integrazione di competenze e risorse distribuite su scala globale.

Fonte dell'articolo: phys.org

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