Nel vasto panorama del nostro patrimonio genetico, circa la metà del DNA umano deriva da antiche infezioni virali che nel corso di milioni di anni si sono integrate stabilmente nei nostri cromosomi. Questi frammenti di codice genetico, a lungo considerati dalla comunità scientifica come semplici "rottami evolutivi" privi di funzione, stanno rivelando un ruolo inaspettatamente sofisticato nel controllo dell'attivazione genica. Una ricerca internazionale appena pubblicata dimostra come questi elementi, apparentemente inutili, possano invece fungere da interruttori molecolari cruciali per lo sviluppo embrionale umano.
La scoperta che riscrive i manuali di genetica
Il team di ricercatori provenienti da Giappone, Cina, Canada e Stati Uniti ha concentrato la propria attenzione su una particolare famiglia di sequenze chiamata MER11, appartenente ai cosiddetti elementi trasponibili. Questi segmenti di DNA, eredità di infezioni virali preistoriche, si sono moltiplicati nel genoma attraverso meccanismi di copia e incolla molecolare, colonizzando quasi metà del nostro corredo cromosomico.
La sfida principale nello studio di questi elementi risiede nella loro natura estremamente ripetitiva e nella somiglianza delle sequenze, che li rende difficili da classificare con i metodi tradizionali. Le famiglie più recenti come MER11 sono state particolarmente trascurate nei database genomici esistenti, limitando la comprensione del loro potenziale funzionale.
Una nuova metodologia svela pattern nascosti
Per superare questi ostacoli tecnici, gli scienziati hanno sviluppato un approccio innovativo di classificazione basato sulle relazioni evolutive e sul grado di conservazione nelle specie di primati. Questo metodo ha permesso di suddividere la famiglia MER11A/B/C in quattro sottofamiglie distinte, denominate MER11_G1 fino a G4, ordinate dalla più antica alla più recente.
L'applicazione di questa nuova tassonomia ha immediatamente rivelato pattern precedentemente invisibili nel potenziale regolatorio dei geni. Confrontando le sottofamiglie con diversi marcatori epigenetici - etichette chimiche che influenzano l'attività genica senza modificare la sequenza del DNA - i ricercatori hanno scoperto che la nuova classificazione rifletteva molto più accuratamente le funzioni regolatorie effettive.
Test diretti confermano il ruolo regolatorio
Per verificare sperimentalmente se le sequenze MER11 fossero realmente in grado di controllare l'espressione genica, il team ha impiegato una tecnica chiamata lentiMPRA. Questo metodo consente di testare simultaneamente migliaia di sequenze DNA inserendole in cellule viventi e misurando quanto ciascuna sia in grado di potenziare l'attività genica.
L'esperimento, condotto su quasi 7000 sequenze MER11 provenienti da esseri umani e altri primati, è stato realizzato utilizzando cellule staminali umane e cellule neurali in fase precoce di sviluppo. I risultati hanno evidenziato che la sottofamiglia più giovane, MER11_G4, mostrava una capacità particolarmente spiccata di attivare l'espressione genica.
Evoluzione divergente tra le specie
Un'analisi più approfondita ha rivelato che le sequenze MER11_G4 in esseri umani, scimpanzé e macachi hanno accumulato nel tempo mutazioni leggermente diverse. Negli esseri umani e negli scimpanzé, alcuni di questi cambiamenti potrebbero aver aumentato il loro potenziale regolatorio durante lo sviluppo delle cellule staminali.
Come spiega il dottor Xun Chen, ricercatore principale dello studio: "Il giovane MER11_G4 si lega a un insieme distinto di fattori di trascrizione, indicando che questo gruppo ha acquisito diverse funzioni regolatorie attraverso cambiamenti di sequenza e contribuisce alla speciazione". Questi fattori di trascrizione sono proteine specializzate che fungono da interruttori molecolari, determinando quando e quanto intensamente un gene deve essere attivato.
Implicazioni per la comprensione dell'evoluzione genomica
Lo studio fornisce un modello paradigmatico per comprendere come il cosiddetto "DNA spazzatura" possa evolversi in elementi regolatori dotati di funzioni biologiche cruciali. Tracciando l'evoluzione di queste sequenze e testandone direttamente la funzione, i ricercatori hanno dimostrato come l'antico DNA virale sia stato cooptato per plasmare l'attività genica nei primati.
Il dottor Inoue, coautore corrispondente della ricerca, sottolinea l'importanza di questa scoperta nel contesto più ampio della genomica: "Il nostro genoma fu sequenziato tempo fa, ma la funzione di molte sue parti rimane sconosciuta. Si ritiene che gli elementi trasponibili svolgano ruoli importanti nell'evoluzione del genoma, e la loro significatività dovrebbe diventare più chiara man mano che la ricerca continua ad avanzare".
Questa ricerca non solo riabilita porzioni del genoma considerate inutili, ma apre nuove prospettive per comprendere i meccanismi evolutivi che hanno plasmato la complessità biologica dei primati, incluso l'essere umano. L'integrazione di antichi virus nel nostro DNA, lungi dall'essere un semplice residuo evolutivo, emerge come un motore dinamico dell'innovazione genetica che continua a influenzare lo sviluppo e la funzione cellulare.