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Sonde spaziali: come le stelle diventano guide

Astronomi calcolano la posizione della sonda New Horizons nella galassia osservando lo spostamento delle stelle: tecnica utile per future missioni interstellari

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Avatar di Patrizio Coccia

a cura di Patrizio Coccia

Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 03/07/2025 alle 13:00

La notizia in un minuto

  • La sonda New Horizons ha dimostrato per la prima volta come utilizzare l'effetto parallasse per la navigazione spaziale interstellare, sfruttando le diverse posizioni delle stelle osservate dalla fascia di Kuiper
  • Il nuovo metodo utilizza la mappa stellare di Gaia come sistema di riferimento, permettendo di triangolare la posizione dei veicoli spaziali confrontando le immagini delle stelle con quelle visibili dalla Terra
  • Questa tecnica potrebbe rivoluzionare le future missioni interstellari, permettendo la navigazione autonoma senza dipendere dai segnali radio terrestri che impiegano anni per raggiungere destinazioni a anni luce di distanza

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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Il viaggio di New Horizons verso i confini del sistema solare ha aperto una nuova frontiera per la navigazione spaziale, dimostrando per la prima volta come sia possibile orientarsi nello spazio interstellare utilizzando le stelle come punti di riferimento. La sonda della NASA, lanciata nel 2006 per studiare Plutone, si trova ora così distante dalla Terra che la posizione delle stelle nella Via Lattea appare significativamente diversa rispetto alla nostra prospettiva terrestre. Questa differenza di visuale ha permesso agli astronomi di sviluppare una tecnica rivoluzionaria per determinare la posizione di veicoli spaziali nelle profondità della galassia.

L'effetto parallasse come bussola galattica

Il principio alla base di questa innovativa tecnica di navigazione si basa sull'effetto parallasse, lo stesso fenomeno che permette ai nostri occhi di percepire la profondità. Mentre dalla Terra le stelle appaiono fisse nelle loro posizioni a causa delle enormi distanze che ci separano da esse, New Horizons, sfrecciando a decine di migliaia di chilometri orari attraverso la fascia di Kuiper, osserva un cielo notturno radicalmente diverso dal nostro.

Nel 2020, la sonda ha inviato sulla Terra immagini di due stelle vicine, Proxima Centauri e Wolf 359, che mostravano chiaramente questo spostamento prospettico. Le fotografie hanno rivelato come questi astri occupassero posizioni diverse rispetto a quelle visibili dai nostri telescopi terrestri, fornendo la prima prova concreta dell'applicabilità dell'effetto parallasse per la navigazione interstellare.

La mappa stellare di Gaia come sistema di riferimento

Tod Lauer del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory dell'Arizona e il suo team hanno sfruttato questa opportunità unica per sviluppare un sistema di posizionamento galattico. Utilizzando le immagini di New Horizons e confrontandole con i dati del telescopio spaziale Gaia, che ha prodotto la mappa tridimensionale più dettagliata delle stelle nella nostra galassia, i ricercatori sono riusciti a triangolare la posizione della sonda.

La metodologia sviluppata prevede l'analisi delle posizioni stellari catturate dalla fotocamera di bordo di New Horizons, tracciando linee di vista da entrambe le stelle e calcolando il punto in cui queste linee si avvicinano maggiormente. Successivamente, utilizzando le coordinate precise di Proxima Centauri e Wolf 359 fornite dalla mappa stellare di Gaia, è possibile determinare la posizione di questo punto in relazione al sistema solare.

Abbiamo una mappa tridimensionale della galassia sufficientemente precisa da permetterci di capire dove ci troviamo

Confronto con i metodi tradizionali

Attualmente, quasi tutti i veicoli spaziali calcolano la propria posizione con una precisione di poche decine di metri utilizzando il Deep Space Network (DSN) della NASA, una rete di trasmettitori radio terrestri che inviano segnali regolari nello spazio. In confronto, il metodo della parallasse si è rivelato considerevolmente meno preciso, localizzando New Horizons all'interno di una sfera con un raggio di 60 milioni di chilometri, circa metà della distanza tra la Terra e il Sole.

"Non metteremo fuori servizio il Deep Space Network – questa è solo una dimostrazione del concetto", ammette Lauer. Tuttavia, il ricercatore sottolinea che con fotocamere e strumentazione migliori, l'accuratezza potrebbe essere migliorata fino a 100 volte, rendendo la tecnica potenzialmente competitiva con i metodi tradizionali.

Vantaggi per le future missioni interstellari

Secondo Massimiliano Vasile dell'Università di Strathclyde nel Regno Unito, la navigazione basata sull'effetto parallasse potrebbe offrire vantaggi significativi rispetto al DSN per le future missioni interstellari. Il principale beneficio consisterebbe nella capacità di fornire letture di posizione più accurate man mano che un veicolo spaziale si allontana dalla Terra, oltre alla possibilità di operare in modo autonomo senza dover attendere segnali radio dal nostro sistema solare.

"Se si viaggia verso una stella vera e propria, parliamo di anni luce di distanza", spiega Vasile. "Il segnale del Deep Space Network deve percorrere tutto il tragitto fino alla destinazione e poi tornare indietro, viaggiando alla velocità della luce, quindi impiega anni per completare il viaggio di andata e ritorno." Questa limitazione rende la comunicazione tradizionale impraticabile per le missioni interstellari più ambiziose.

Prospettive future

Nonostante il potenziale rivoluzionario di questa tecnica, Vasile evidenzia che attualmente nessuna agenzia spaziale ha in programma missioni verso lo spazio interstellare profondo, limitando l'utilità pratica immediata di questo particolare metodo di navigazione. Tuttavia, lo sviluppo di questa tecnologia rappresenta un passo fondamentale verso l'esplorazione delle regioni più remote della nostra galassia.

La dimostrazione di New Horizons ha aperto una nuova era nella navigazione spaziale, dimostrando che le stelle stesse possono fungere da fari cosmici per guidare i nostri veicoli spaziali nelle profondità dell'universo. Quando l'umanità sarà pronta a intraprendere viaggi verso altri sistemi stellari, questa tecnica potrebbe rivelarsi essenziale per mantenere il controllo e la comunicazione con le nostre sonde più distanti.

Fonte dell'articolo: www.newscientist.com

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