Una scoperta che potrebbe cambiare il volto della cura oncologica emerge dall'analisi di oltre mille cartelle cliniche di pazienti affetti da tumori polmonari e melanomi in stadio avanzato. I ricercatori dell'Università della Florida e del MD Anderson Cancer Center dell'Università del Texas hanno osservato che i malati vaccinati contro il COVID-19 con un preparato a mRNA entro cento giorni dall'inizio dell'immunoterapia hanno mostrato una sopravvivenza notevolmente superiore rispetto a chi non aveva ricevuto l'iniezione. Questo fenomeno rappresenta un punto di svolta in oltre dieci anni di studi dedicati allo sviluppo di terapie a base di RNA messaggero capaci di attivare le difese naturali dell'organismo contro le cellule tumorali.
I dati raccolti presso il MD Anderson hanno coinvolto pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule di stadio 3 e 4 e melanoma metastatico trattati tra il 2019 e il 2023. Nel gruppo dei 180 malati di tumore polmonare avanzato che avevano ricevuto il vaccino COVID nell'arco temporale critico, la sopravvivenza mediana è quasi raddoppiata: da 20,6 mesi è salita a 37,3 mesi. Per quanto riguarda il melanoma metastatico, 43 pazienti vaccinati hanno registrato un incremento della sopravvivenza mediana da 26,7 mesi a una forbice compresa tra 30 e 40 mesi, con alcuni malati ancora in vita al momento della raccolta dei dati, suggerendo che l'effetto protettivo potrebbe essere persino più marcato.
L'aspetto più sorprendente riguarda proprio i pazienti che, in base alle caratteristiche biologiche del loro tumore, non avrebbero dovuto rispondere efficacemente all'immunoterapia. È su questo gruppo che il vaccino a mRNA sembra aver esercitato l'impatto più rilevante, secondo quanto riferito da Elias Sayour, oncologo pediatrico presso UF Health e ricercatore principale dello studio. La ricerca non ha invece rilevato alcun effetto sulla longevità nei pazienti che avevano ricevuto vaccini tradizionali contro influenza o polmonite, sottolineando la specificità dell'azione legata alla tecnologia a RNA messaggero.
Il punto di partenza teorico di questa osservazione clinica risale a luglio scorso, quando il laboratorio di Sayour fece una scoperta inattesa. Per scatenare una potente risposta immunitaria contro il cancro non era necessario colpire una proteina tumorale specifica: bastava stimolare il sistema immunitario a reagire come se stesse combattendo un'infezione virale. Combinando il loro vaccino sperimentale non specifico con gli inibitori dei checkpoint immunitari – farmaci comunemente usati in oncologia per aiutare il sistema immunitario a riconoscere e distruggere i tumori – i ricercatori osservarono una risposta antitumorale sorprendente nei topi da laboratorio.
Questa intuizione spinse Adam Grippin, ex ricercatore dell'Università della Florida ora al MD Anderson, a formulare una domanda cruciale: il vaccino COVID-19 a mRNA potrebbe avere un effetto immunostimolante simile nei pazienti oncologici? L'analisi retrospettiva dei dati clinici ha fornito una risposta affermativa, sebbene per ora basata su uno studio osservazionale che necessita di conferma attraverso trial clinici randomizzati. Jeff Coller, esperto di RNA messaggero alla Johns Hopkins University, ha sottolineato come questi risultati dimostrino ancora una volta i benefici inattesi dell'Operation Warp Speed, l'iniziativa governativa statunitense che accelerò lo sviluppo dei vaccini contro il coronavirus.
La chiave del meccanismo d'azione, come spiega Sayour, risiede nella capacità del vaccino a mRNA di funzionare come un segnale che mobilita le cellule immunitarie, spostandole dalle zone problematiche come il tessuto tumorale verso aree più favorevoli come i linfonodi, dove possono essere riprogrammate per attaccare il cancro. Per validare questa ipotesi, i ricercatori della Florida hanno condotto esperimenti su modelli murini, somministrando farmaci immunoterapici insieme a un vaccino a mRNA mirato specificamente contro la proteina spike del COVID-19. Gli esperimenti hanno dimostrato la possibilità di trasformare tumori non responsivi in tumori sensibili al trattamento, bloccandone la crescita.
Duane Mitchell, direttore del Clinical and Translational Science Institute dell'Università della Florida e mentore di Grippin durante il suo dottorato, ha definito questi risultati come il tipo di beneficio terapeutico che i ricercatori sperano sempre di ottenere ma raramente osservano nella pratica clinica. Secondo Mitchell, l'urgenza di condurre studi di conferma non può essere sottovalutata, considerando le implicazioni potenziali per milioni di pazienti. Nei tumori polmonari e cutanei avanzati, la maggior parte dei malati non risponde adeguatamente ai trattamenti disponibili e ha spesso esaurito altre opzioni come radioterapia, chirurgia e chemioterapia.
Il prossimo passo consiste nell'avvio di un ampio trial clinico attraverso la rete OneFlorida+, un consorzio di ospedali, centri sanitari e cliniche che copre Florida, Alabama, Georgia, Arkansas, California e Minnesota. Betsy Shenkman, che coordina il consorzio, ha evidenziato come uno degli obiettivi principali di OneFlorida sia trasferire le scoperte dall'ambito accademico alla realtà dei luoghi dove i pazienti ricevono effettivamente le cure. Se confermati, questi dati aprirebbero la strada allo sviluppo di un vaccino universale non specifico ancora più efficace, capace di potenziare gli effetti dell'immunoterapia attraverso diversi tipi di tumore.
Sayour, ricercatore presso il McKnight Brain Institute dell'Università della Florida, ha sottolineato come anche un incremento apparentemente modesto della sopravvivenza – del 5% o del 10% – rappresenterebbe un risultato significativo per i pazienti, specialmente se questo approccio potesse essere applicato a diverse forme di cancro. Per chi affronta una malattia oncologica avanzata, l'aumento della sopravvivenza offerto da un eventuale vaccino universale potrebbe tradursi in un beneficio inestimabile: più tempo da vivere. Lo studio, presentato al congresso 2025 della Società Europea di Oncologia Medica a Berlino, è stato finanziato dal National Cancer Institute e da diverse fondazioni. I ricercatori Sayour, Grippin e Mitchell detengono brevetti relativi ai vaccini a mRNA sviluppati dall'Università della Florida, concessi in licenza alla società biotecnologica iOncologi Inc.