App per Android e iPhone, privacy sconosciuta

Il Wall Street Journal ha scoperto che la maggior parte delle applicazioni per Android e iPhone violano i diritti di privacy degli utenti. La questione di fondo è che il mercato smartphone è senza regole: la maggior parte dei prodotti non hanno policy adeguate.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

Le applicazione per Android e iPhone sono accusate di collezionare i dati personali degli utenti per rivenderli al mercato pubblicitario. La scoperta è del Wall Street Journal, che in un recente articolo ha svelato quanto la privacy sia labile su smartphone. In verità il fenomeno è parzialmente noto, tanto più che anche le applicazioni terze su Facebook sarebbero responsabili dello stesso comportamento.

Il mobile a volte spaventa

La questione di fondo è che alcune applicazioni sono in grado di raccogliere molti dati dei possessori di smartphone: si pensi ad esempio alle abitudini online, note personali, riferimenti bancari, rubrica, etc. Tutta questa mole di informazioni ha un valore economico non indifferente che fa gola alle società di marketing.

Wall Street Journal a questo giro ha messo sotto accusa il programma di messaggistica TextPlus 4, il servizio Internet radio Pandora, MySpace per Android, il gioco Paper Toss e il software di incontri Grindr. Tutte avrebbero trasmesso l'ID del dispositivo a 8 società che si occupano di pubblicità – da Apple iAD a Google AdMob.

In verità delle 101 applicazioni mobili più popolari del mercato ben 56 si sarebbero dimostrate un po' troppo furbette nella gestione dei dati.

Come suggeriscono gli esperti se da una parte in ambito PC sono stati imposti dei paletti, nel settore smartphone non esistono neanche policy adeguate per la protezione della privacy. Le applicazioni spesso ne sono prive: insomma, mancano le regole.