Nel mondo del gaming, esiste un'interazione chiamata Quick Time Event (QTE). Quando ben implementata, è un guizzo adrenalinico, capace di rendere interattive parti dei filmati che non lo sarebbero, in maniera armoniosa e naturale; quando implementato male, però, si rivela come una frustrante appendice atta solo a "rompere l'immersione" e incrinare l'esperienza finale.
Il Camera Button, o "Capture Button" come lo chiamano a Cupertino, è esattamente come un Quick Time Event mal implementato. Presentato in pompa magna come una delle novità della linea iPhone 16, si è ben presto rivelato un'appendice inutile, e scomoda, per quasi tutta l'utenza (tranne quella che immancabilmente sostiene di usarlo tutti i giorni perché gli ha stravolto l'esistenza).
Un'increspatura in quel design minimalista, ed essenziale, da sempre ricercato da Apple per i suoi iPhone, il quale invece di risolvere un problema, ne ha creati di nuovi.
Da fan di Apple (non potrei definirmi altrimenti vista la mia insistenza nel dare fiducia sempre all'azienda di Cupertino da oramai, oltre, vent'anni) volevo raccontarvi perché, non solo secondo me, il Capture Button non sia un'altra, raffinata, intuizione della Mela, ma sia semplicemente un passo falso, o meglio un goffo tentativo di riadattare qualcosa che doveva servire per scopi ben più interessanti.
Un passo falso che si articola su tre livelli distinti e interconnessi: ergonomico, perché rende operazioni già semplificate nel corso degli anni molto più macchinose; funzionale, perché si rivela una soluzione sovra-ingegnerizzata a un problema che nessuno aveva, e infine strategico, perché è il fantasma di un'idea molto più ambiziosa e rivoluzionaria, sacrificata sull'altare di necessità di marketing e frettolosi ripieghi dell'ultimo minuto.
L'anatomia di un disastro ergonomico
Un buon design non si vede, si sente. O meglio, non si "sente" affatto: scompare, diventando un'estensione naturale dell'esperienza d'uso. in questo Apple è sempre stata maestra con design ricercati, minimali, ordinati sia dentro che fuori. Una forma mentis fortemente voluta da Steve Jobs che, da sempre, cercava di offrire soluzioni per problemi che l'utenza ancora non sapeva di avere.
L'esempio più "pop" è proprio lo schermo dell'iPhone, che proponeva un touchscreen che andasse oltre ai limiti noti in quegli anni e rimuovesse quei fastidiosi pennini in virtù di un'esperienza "tangibile"e naturale, che si adattasse ai movimenti naturali del corpo umano come un'estensione stessa dell'utente.
Il Camera Button di iPhone 16 fallisce proprio in questo, introduce attrito, goffaggine e rende una serie di interazioni, che dovrebbero essere intutitive e naturali, scomode e frustranti.
La critica più diffusa, emersa quasi all'unisono dalle recensioni e dai feedback degli utenti, riguarda la sua eccessiva rigidità. A differenza del click morbido e reattivo di un vero otturatore, la pressione richiesta per lo scatto finale è posticcia, rigida e simulata in maniera poco naturale.
Lo scopo primario del tasto: ovvero fornire un modo stabile, rapido e immediato per fruire di quel "punta e scatta" tanto caro all'utenza, fallisce di fronte a una farraginosità generale dell'esperienza.
Nei modelli Plus e Max, il Capture Button è posizionato male, troppo centrale per garantire una presa naturale del dispositivo in entrambi gli orientamenti; in tutti i modelli, l'estrema sensibilità del tasto fa si che si attivi senza volerlo quando si infila, o sfila, dalle tasche; sempre un'eccessiva sensibilità del sensore, innesca lo zoom costantemente, non garantendo quel controllo "privo di pensieri" che un' implementazione del genere dovrebbe garantire.
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Per carità, basta entrare nelle impostazioni di sistema per gestire un paio di parametri e renderlo meno sensibile al tocco, così come si può disabilitarlo del tutto, ma se la novità "hardware" più sponsorizzata del nuovo modello di iPhone, porta gli utenti a preferire i vecchi sistemi (ovvero l'utilizzo dei tasti volume o il più recente Action Button) di scatto, viene da se che qualcosa è stato realizzato male.
Laddove i problemi di progettazione, e di posizionamento, sono evidenti, l'aspetto che ha dato più fastidio ai clienti di Apple di vecchia data è una "forma mentis" non allineata con quella dell'azienda. Costringere l'utenza a modificare l'impugnatura naturale del dispositivo, mandando in malora proprio quella volontà di rendere tutto naturale e armonioso nell'utilizzo quotidiano, è l'accusa principale che si fa nei confronti del Capture Button.
Inoltre, l'aggiunta di questo tasto oltre all'Action Button, all'icona sulla lock screen e ai tasti del volume, ha creato una ridondanza confusionaria. Ora esistono quattro modi per richiamare la fotocamera e scattare una foto , ognuno con un feedback e una posizione diversa. Questa non è libertà di scelta, ma complessità non richiesta.
Sovra-ingegnerizzare l'inutile.
In molti hanno accostato il Capture Button a un altro celebre passo falso di Apple: la Touch Bar dei MacBook Pro. In entrambi i casi, si tratta di una soluzione tecnologicamente complessa, e costosa, che cerca goffamente di stupire e risolvere problemi che non esistono.
Nel caso del Capture Button, si nota una ricerca di quel design "esteticamente pulito", con un tasto a filo che non interrompa le linee del telaio prevalendo sulla funzionalità. Il problema è che se a livello ingegneristico si tratta di un risultato finale encomiabile, è anche una rara inversione della classica filosofia Apple, visto che la ricerca della forma ha cannibalizzato la funzionalità.
Per utilizzare il Camera Button al suo pieno potenziale, un utente dovrebbe memorizzare, e padroneggiare, una serie di gesti distinti: un click secco per scattare una foto, un click prolungato per avviare un video, una pressione leggera per bloccare fuoco ed esposizione, una doppia pressione leggera per aprire il menu dei controlli e, infine, uno swipe per navigare tra le opzioni e regolarle, facendo attenzione a non confondersi con la stessa gesture che innesca la regolazione dello zoom.
Un'antitesi a quella filosofia "it just works" di Apple. Un sistema che richiede un carico cognitivo eccessivo per un'azione che dovrebbe essere istintiva. L'aspetto ironico, però, è che molte di queste funzioni sono oggettivamente più lente rispetto all'interazione tramite touch-screen che dovrebbero sostituire.
Per regolare l'esposizione, ad esempio, l'utente deve eseguire una doppia pressione leggera, uno swipe per trovare l'icona giusta, un'altra pressione leggera per selezionarla e un ultimo swipe per effettuare la regolazione. Sullo schermo, bastano due tocchi.
Da Project Bongo a Project Nova al Capture Button
La radice di questa sovra-ingegnerizzazione, però, non risiede in una reale necessità dell'utente, né in un "colpo di sole" di qualche ingegnere di Cupertino, ma nell'eredità di un progetto precedente. La complessa tecnologia del Camera Button, che combina un sensore capacitivo, un sensore di forza e un feedback aptico, è un residuo del fallito "Project Bongo".
Per chi non lo conoscesse, altro non era che l'ambizioso progetto di Apple per un iPhone 15 Pro completamente privo di tasti meccanici, cancellato successivamente per problemi tecnici irrisolti.
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Invece di accantonare la costosa tecnologia sviluppata durante "Project Bongo", Apple ha cercato un modo per riciclarla. Il Camera Button (o meglio il "Project Nova") è il risultato di questo ripiego.
È una soluzione che esisteva prima del problema, un pezzo di hardware avanzato, appiccicato in seguito a due fallimenti a un caso d'uso che non lo richiedeva, portando a un prodotto finale tanto sofisticato quanto inutile.
Per comprendere appieno il fallimento del Camera Button, difatti, bisogna guardare oltre alla sua attuale implementazione e scavare nella sua genesi. Quello che oggi viene presentato come un semplice (e deludente) controllo per la fotocamera, era nato con un'ambizione molto più grande: essere il portale fisico verso la nuova era dell'intelligenza artificiale di Apple.
Le indiscrezioni trapelate mesi prima del lancio, in particolare da fonti affidabili come Mark Gurman di Bloomberg, dipingevano un quadro molto diverso. Il nuovo tasto, con il nome in codice di "Project Nova", non era descritto come un accessorio per la fotografia, ma come "uno dei principali punti di forza della lineup iPhone 16".
La sua vera vocazione era un'altra: doveva essere il tasto che inseriva Apple Intelligence nella quotidianità degli utenti.
L'idea originale era che una pressione prolungata del tasto attivasse istantaneamente "Visual Intelligence", la risposta di Apple a Google Lens. Questo avrebbe permesso all'utente di "interrogare" il mondo reale attraverso la fotocamera in modo immediato, senza dover sbloccare il telefono, cercare e lanciare un'app. Puntare il telefono verso un ristorante per conoscerne gli orari, verso un monumento per avere informazioni storiche, verso un testo per tradurlo: tutto con un singolo, intuitivo gesto.
Il risultato finale, come ben sa chi possiede un iPhone 16, è leggermente diverso. una pressione prolungata attiva una variante "made in Apple" di Google Lens ma prima di ottenere informazioni bisogna eseguire una serie di passaggi per interrogare ChatGPT e ottenere, comunque, dei risultati molto meno immediati, e soprattutto accurati, rispetto alla stessa soluzione implementata su Android attraverso Google Gemini.
La funzione originale aveva un senso strategico molto più profondo: abbattere ogni barriera, evitare ogni richiesta, si puntava la camera dell'iPhone e Apple Intelligence iniziava a fornire informazioni di ogni tipologia in maniera rapida e naturale.
Un legame fisico tra software e utenza che si sarebbe differenziato dalla concorrenza proprio in virtù di una totale assenza di passaggi intermedi per ottenere risposte e informazioni.
Questa innovazione, inoltre, giustifica la presenza del Capture Button sull'intera linea di iphone 16, laddove un tasto dedicato solo alla fotocamera avrebbe avuto più senso sui modelli Pro (da sempre più votati a fotografi e filmaker professionisti).
Anche il posizionamento, in questo contesto, assume un senso maggiore: pressione prolungata per evitare avvii accidentali e la richiesta di un'impugnatura meno naturale, che venga assunta specificatamente perché si vuole accedere ad Apple Intelligence.
La storia del Camera Button, diventa un esempio lampante di come le strategie di marketing imposte dal mercato attuale, possano entrare in rotta di collisione con la roadmap di sviluppo di un prodotto.
L'esigenza di avere un "main selling point" per ogni nuovo modello di iPhone, onde evitare di farli sembrare dei semplici aggiornamenti incrementali, ha portato ha un ripensamento, all'ultimo minuto, di "Project Nova", inserendolo comunque nel design finale assegnandogli un'altra funzione meno "rivoluzionaria".
Di fronte a un'innovazione hardware la cui funzione principale non era pronta per il lancio, Apple ha operato un classico "pivot" strategico. Ha declassato la funzione IA a un ruolo secondario e ha "ribrandizzato" il tasto attorno a un pilastro più sicuro e consolidato del suo marketing: la fotocamera.
Un tasto da dimenticare, una lezione da imparare
Il Camera Button dell'iPhone 16 è, senza mezzi termini, un fallimento. È un disastro ergonomico, una complicazione funzionale che aggiunge passaggi, dove prima c'era immediatezza, e il risultato di una strategia rattoppata e poco rappresentativa di un'azienda che, decadi fa, era pronta a buttare alle ortiche un intero progetto se non rispettava gli standard di qualità imposti dai piani alti.
È un pezzo di hardware che non racconta una storia di innovazione, ma di ambizioni ridimensionate, di tecnologia riciclata e di compromessi dettati più dal marketing che dalle reali esigenze degli utenti.
Tuttavia, il tasto non è il problema in sé, ma il sintomo di un'Apple che, forse per la prima volta su un prodotto così centrale, si è trovata a dover "giustificare" un'innovazione hardware invece di lasciarla parlare da sola.
Il Camera Button non finirà negli annali della tecnologia come il mouse, ma molto più probabilmente, nel cimitero delle buone idee implementate male... un luogo dove riposano la Touch Bar, l'antenna dell'iPhone 4 e il mouse "puck" dell'iMac G3.
La sua importanza, però, è un'altra. È un promemoria, tangibile, del fatto che qualcosa in Apple è cambiato e che anche il "gigante di Cupertino" inciampa... e quando lo fa il rumore è assordante.