iPad Pro non piace agli sviluppatori di app professionali

Diversi sviluppatori di applicazioni professionali guardano con diffidenza all'iPad Pro, e almeno per il momento non ci stanno lavorando. Il problema è che le politiche di Apple non favoriscono la creazione di software professionali.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

L'iPad Pro potrebbe avere un problema imprevisto, vale a dire sviluppatori poco inclini a creare applicazioni professionali. L'ostacolo però non è il dispositivo in sé, che ha tutta la potenza necessaria e un grande schermo di ottima qualità. Le società di sviluppo più piccole, infatti, vedono un grosso ostacolo nell'App Store e nel suo funzionamento.

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Ce lo racconta Laured Goode su The Verge, dopo aver intervistato alcuni sviluppatori di applicazioni professionali. I problemi da loro citati sono più di uno: il primo, forse più rilevante, è che le società più piccole non possono permettersi di proporre i loro prodotti a pochi euro - a fronte di versioni desktop che ne costano anche più di cento. Gomito a gomito con il primo ostacolo, c'è l'impossibilità di proporre versioni demo, ma anche il fatto che non sia possibile offrire rimborsi ai clienti insoddisfatti.

I creatori di Sketch Pieter Omvlee ed Emanuel Sa (Bohemian Coding), per esempio, al momento non hanno intenzione di sviluppare per il nuovo iPad. Proprio perché non possono pubblicare una versione trial - il software completo che si può usare per un periodo limitato, né potrebbero chiedere a un cliente di spendere 99 dollari a scatola chiusa. Lo sviluppatore Jared Sinclair si spinge oltre, affermando che Apple sta "cocciutamente ostacolando il fiorire di applicazioni professionali". Altro problema, è l'impossibilità di vendere aggiornamenti ai clienti di vecchia data.

Lo sviluppatore di Capo (un'app per musicisti), Chris Liscio, è d'accordo con gli altri ma si dice più ottimista, e crede che nel tempo si troverà il modo di far funzionare l'economia delle app anche per società piccole che si rivolgono a un mercato di nicchia, come la sua.

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"La faccenda è diversa per giganti del software come Adobe o Microsoft", aggiunge Goode, "che […] hanno diverse applicazioni per l'iPad Pro. Nessuna di loro deve preoccuparsi del numero di download per le loro app, che propongono gratuitamente come versioni ridotte di quelle principali. Entrambe creano profitto spingendo i clienti ad abbonarsi ai loro servizi cloud".

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Ben Thompson del blog Stratechery completa il quadro ricordando che sono gli acquisti in app a rappresentare la fetta maggiore del fatturato, e sottolinea il fatto che 95 delle prime 100 applicazioni sull'App Store seguono il modello free-to-play. Secondo Gartner, poi, nel 2016 gli acquisti in app rappresenteranno il 41% del fatturato generato dalle applicazioni mobile, e la gran maggior parte delle app vendute l'anno prossimo costerà tra 99 centesimi e 3 euro.

Tutti conosciamo questo sistema, replicato su Android e Windows Phone con poche differenze. Il problema è che rende molto difficile, per non dire impossibile, realizzare applicazioni professionali senza rischiare di andare in perdita.

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Non è proprio una novità, ma diventa rilevante oggi - almeno nel mondo Apple - proprio perché l'iPad Pro è un oggetto che si propone per usi professionali. E a quanto pare c'è il concreto rischio che manchino le applicazioni; oppure - anche peggio - che a farle siano solo alcune grandi società che se lo possono permettere. Gli sviluppatori dovranno inventarsi nuovi modelli per sfruttare la cosiddetta app economy, oppure attendere fiduciosi che Apple introduca qualche cambiamento per loro.

Apple, come d'abitudine, non ha rilasciato commenti ufficiali riguardo al tema affrontato dall'articolo di Lauren Goode. Ma è sicuramente un dibattito che a Cupertino dovranno affrontare se davvero vogliono fare dell'iPad Pro un'alternativa al PC tradizionale - pardon, solo di quello Windows