Italia fanalino di coda in UE, niente rialzo dei limiti elettromagnetici

L'Italia dovrà adeguarsi presto o rischierà di essere penalizzata nel proprio sviluppo da delle decisioni basate solamente sulle congetture.

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a cura di Luca Zaninello

Managing Editor

L'Italia si trova al centro di un dibattito scottante che riguarda i limiti elettromagnetici per le reti di telecomunicazioni. L'attesa decisione sul possibile innalzamento di questi limiti ha messo in luce una serie di questioni complesse che intersecano la tecnologia, l'economia e la salute pubblica.

La bozza del Decreto Asset circolata di recente aveva sollevato aspettative e speranze riguardo all'allineamento dell'Italia ai limiti elettromagnetici raccomandati dall'Unione Europea, fissati a 61 volt per metro. Questo spostamento avrebbe potuto avere impatti significativi sull'evoluzione della 5G economy nel Paese. Tuttavia, il Consiglio dei ministri ha rinviato la decisione, suscitando domande sulle motivazioni e le implicazioni di questa scelta.

Una delle principali ragioni citate a favore dell'innalzamento dei limiti è l'aspetto economico. Si sostiene che permettere alle compagnie di telecomunicazioni di operare con limiti elettromagnetici meno restrittivi consentirebbe una maggiore efficienza nella costruzione delle infrastrutture per il 5G (e non solo). Questo potrebbe tradursi in una più rapida diffusione della rete e un'accelerazione dell'innovazione tecnologica.

Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs, ha sollevato dei dubbi sulla sicurezza di innalzare i limiti elettromagnetici.

"Non esiste nessun motivo per innalzare il valore di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle alte frequenze", aggiunge Bonelli "se non quello economico, da parte delle società di telecomunicazioni che, dopo aver acquistato dallo Stato le licenze per il 5G, vogliono risparmiare sugli investimenti delle infrastrutture. Il decreto del governo Meloni risponde esclusivamente agli interessi delle grandi compagnie delle telecomunicazioni, ma si rivela potenzialmente pericoloso per la salute della popolazione”.

Si teme che l'esposizione prolungata ai campi elettromagnetici possa avere impatti negativi sulla salute umana, anche se finora non esistono prove definitive che lo dimostrino. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che non ci sono evidenze convincenti di rischi significativi per la salute umana derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici delle generazioni mobili precedenti.

L'Italia si trova in una situazione unica, avendo fissato limiti molto più restrittivi rispetto a molti altri paesi dell'UE. Questa decisione ha portato a una maggiore densità territoriale nella costruzione delle reti, con conseguenti costi più elevati e tempi di realizzazione più lunghi. Il dibattito sull'innalzamento dei limiti solleva quindi questioni di sviluppo economico e competitività nel panorama tecnologico globale.

La bozza del Decreto Asset, circolata nei giorni scorsi, aveva suscitato speranze di cambiamento. Essa prevedeva che entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, i limiti elettromagnetici italiani sarebbero stati "adeguati alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche", seguendo le regole stabilite dall'Unione Europea. Ma all'ultimo momento, questa misura è stata stralciata, gettando ombre sulla reale volontà politica di prendersi questa responsabilità.

La decisione di rimandare la questione dell'innalzamento dei limiti elettromagnetici lascia molte domande aperte. Sarà necessario continuare a monitorare gli sviluppi futuri e considerare attentamente sia gli aspetti economici che quelli legati alla salute pubblica. L'Italia, attualmente uno dei fanalini di coda in UE su questa questione (assieme a Belgio, Slovenia, Croazia, Grecia, Bulgaria, Polonia, Lituania), dovrà adeguarsi presto o rischierà di essere penalizzata nel proprio sviluppo da delle decisioni basate solamente sulle congetture e sulla paura infondata.