Ricordate i primi anni di Android? Quando fra "fan della mela" e utilizzatori del sistema operativo di Google, si iniziò a creare quella spaccatura, ricolma di luoghi comuni, che riportò alla mente dei più anziani il celebre periodo del Mac VS. Windows?
Un periodo meraviglioso, almeno per noi appassionati di smartphone, in particolar modo perché assistemmo alla nascita di dozzine, se non addirittura centinaia, di luoghi comuni assurdi e di leggende metropolitane che ci raccontavano di telefoni lenti, fotocamere scadenti, interfacce piene di lag, scarsa sicurezza e batterie che evaporavano in poche ore.
Insomma un periodo molto divertente ma allo stesso tempo contrassegnato da una disinformazione dilagante che afflisse, e non poco, i meno conoscitori del settore che per anni hanno creduto che gli smartphone Android fossero, effettivamente, meno performanti rispetto a quelli "made in cupertino".
Ecco, dimenticatevi pure tutti questi luoghi comuni visto che nel 2025, l’universo Android è una realtà ben diversa da quella degli albori e molti dei “fatti” che per anni sono stati ritenuti veri, o dati per scontati, ora sono vere quanto una banconota da due euro.
Così come iOS, anche Android è maturato. È diventato un sistema operativo più performante, sicuro, coeso, ottimizzato e con tantissime varianti realizzate dai vari produttori di smartphone che permettono la creazione di ecosistemi anche più performanti di quello della concorrenza.
Motivo per il quale, per chiunque fosse rimasto ancorato alle "chiacchiere da bar del passato" eccovi otto “verità” su Android che nel 2025 non hanno più ragione di esistere.
I telefoni economici sono pessimi, anche quelli di marche note
C’è stato un tempo in cui quando si parlava di “Galaxy economici”, per fare l'esempio più celebre del passato, immediatamente si gridava al compromesso, ai lag costanti e a un'esperienza frustrante.
Senza scomodare le marche minori di smartphone uscite nel corso delle ultime decadi, queste "certezze" nacquero in seguito all'arrivo dei Galaxy J e dei famigerati Galaxy Pocket, dispositivi che, a tutti gli effetti, sembravano progettati per mettere alla prova la pazienza dell’utente.
Il problema, però, non era il prezzo di listino ma una progettazione fallace. Molti modelli non erano semplicemente ottimizzati correttamente e, anche quando si spendevano cifre considerevoli, ci si trovava fra le mani uno smartphone che, misteriosamente, non offriva un’ esperienza utente accettabile.
Negli anni, però, la situazione è drasticamente cambiata. Basti pensare ai vari Galaxy di nuova generazione, come l’A35, l’A55 o l’A16, o i modelli entry level di brand come OnePlus, Oppo o Xiaomi. Si tratta sempre di smartphone ben ottimizzati, con schede tecniche più che buone e con ottimi rapporti qualità/prezzo.
Device in grado di garantire la giusta fluidità nelle operazioni quotidiane, senza lasciare mai l’utente finale “a piedi” nel momento del bisogno.
Oramai anche con 200/300€ si possono acquistare device che offrono buone performance, un design curato, fotocamere che fanno ampiamente il loro dovere e, soprattutto, grazie alle politiche di aggiornamento software attuali, uno smartphone che per anni riceve tutti gli update sia software che dedicati alla sicurezza.
Insomma, nel 2025 non si può più dire che “i telefoni economici Android fanno schifo”, facendo di tutta l’erba un fascio. Al massimo, si può dire che in linea di massima sono degli ottimi compromessi per chi cerca un dispositivo equilibrato a un prezzo contenuto, con alcuni modelli che falliscono per colpa di una progettazione fallace e altri che invece over-performano in positivo.
Solo gli iPhone, Pixel e Samsung hanno buone fotocamere
Per anni, Apple, Samsung e Google hanno dettato legge nel mondo della fotografia mobile. L’iPhone ha costruito gran parte della sua reputazione sull’eccellenza del suo comparto fotografico, così come i primi Pixel, in particolare il Pixel 2, hanno fatto scuola con la loro elaborazione software, tanto da portare migliaia di utenti a installare la celebre “Pixel Camera” su altri telefoni Android.
Ma nel 2025 le cose sono decisamente cambiate. Oggi i colossi della fotografia su smartphone parlano cinese: Xiaomi, OPPO, Vivo e Huawei sono diventati protagonisti assoluti.
Modelli come lo Xiaomi 15 Ultra, l’OPPO Find X8 Ultra e il Vivo X200 Ultra hanno superato di gran lunga i brand più blasonati, grazie a sensori all’avanguardia, ottiche di livello professionale e algoritmi di elaborazione estremamente raffinati.
Gli smartphone cinesi di fascia alta, che costano comunque molto meno dei top di gamma dei brand più blasonati, hanno imparato a combinare hardware e software in modo magistrale: la profondità dei ritratti, la nitidezza degli scatti notturni e la resa cromatica naturale li pongono spesso al di sopra dei rivali più celebri.
Anche se il Pixel 10 Pro, l’iPhone 17 Pro e il Galaxy S25 Ultra, continuano a offrire immagini di altissima qualità, non sono più il punto di riferimento assoluto e, come sempre più esperti del settore confermano da oramai diversi anni: "i migliori comparti fotografici oggi li troviamo negli smartphone cinesi".
Bisogna sempre chiudere le app aperte
Questo è uno dei miti più longevi su Android e, in generale, del settore degli smartphone.
Chiunque abbia avuto un telefono Android tra il 2010 e il 2015 ricorderà l’abitudine quasi compulsiva di “chiudere” tutte le app aperte in background, rendendo maggiormente frustrante il multitasking, per la convinzione comune che ciò avrebbe salvato batteria e fatto guadagnare RAM.
Molti installavano addirittura app dedicate, i famigerati “task killer”, per assicurarsi di tenere sempre il telefono “pulito” e reattivo.
Peccato che si sia sempre trattato di una pratica inutile (e spesso dannosa). Già nel 2010 Google aveva chiarito che Android era progettato per gestire in autonomia le app in background, e che chiuderle manualmente non solo non migliorava le prestazioni, ma poteva addirittura peggiorarle, visto che si costringeva il sistema a ricaricarle da zero ogni volta.
Per carità, parte di questa "colpa collettiva" va anche attribuita al fatto che Android indica sempre quanta RAM si è liberata quando si chiudono tutte le attività in background, ma ciò non toglie che quello che, a tutti gli effetti, è una semplice notifica, abbia generato una delle più ilari convinzioni della storia del sistema operativo di Google.
Nel 2025, Android è talmente ottimizzato da rendere superflua qualsiasi gestione manuale. Il sistema è capace di ibernare, sospendere o limitare i processi in background in modo intelligente, permettendo addirittura di bloccare i processi che l'utente vuole assolutamente che rimangano attivi in background.
Paradossalmente, oggi il problema è la chiusura troppo aggressiva delle app da parte delle versioni custom di Android realizzate da alcuni produttori, tanto che è stato creato un sito (Don’t kill my app!) che monitora i brand peggiori in questo senso.
Morale della favola: smettetela di chiudere le app. Il vostro telefono non ve lo chiede e la batteria vi ringrazierà.
Android stock non ha funzionalità
C’è stato un periodo in cui dire “Android stock” equivaleva a dire "smartphone privo di funzioni". Era pulito, sì, ma anche minimalista al punto di risultare povero.
Nel frattempo, le interfacce personalizzate, da Samsung con TouchWiz a LG UX o MIUI, offrivano decine di funzioni aggiuntive: doppie app, temi ultra personalizzabili, gesture, specifiche registrazione dello schermo, e mille altre funzioni che Android puro non aveva e che erano motivo di vanto per chi scglieva uno smartphone diverso da quello di Apple.
Oggi, però, Android stock non è più l’alunno timido della classe. Le versioni più recenti, presenti nei Pixel, hanno introdotto praticamente tutte quelle funzionalità che un tempo erano esclusiva di alcuni produttori, portando il sistema operativo "stock" di Google a essere una sorta di Best Of di anni di sperimentazioni.
Per carità, ancora oggi versioni custom come One UI, HyperOS o OxygenOS offrono ancora una marea di feature aggiuntive assenti dalla versione stock di Android, ma oggi sembrano più delle semplici "aggiunte per differenziarsi", rispetto a delle vere e proprie killer features.
Anzi, siamo arrivati al punto che moltissimi utenti apprezzano proprio la leggerezza e la coerenza visiva del sistema operativo "puro" di Google, soprattutto ora che le funzioni essenziali ci sono tutte, rispetto alle versioni eccessivamente ricolme di funzionalità poco utili offerte dai vari brand.
Il software di Samsung è lento e pesante
Lo sappiamo, in questo caso si parla di uno specifico produttore, ma non si può negare che nella maggior parte dei consumatori, laddove all'iPhone si affianca il nome di Apple, a quello di Android si affianca quello di Samsung.
Non è cattiveria ma semplicemente colpa, o merito, dei numeri mostruosi di vendite che macina ogni anno il colosso Sud Coreano. Infatti questa convizione che il software di Samsung sia lento risale al triste periodo di TouchWiz, quando il Galaxy S4 traboccava di funzioni inutili che generavano lag devastanti.
All’epoca, Samsung sembrava incapace di contenersi: c’erano gesture improbabili, sensori oculari, modalità smart scroll e un’infinità di animazioni tanto futili quanto capaci di rallentare mostruosamente il sistema operativo.
Nel 2025 non è più così. Con la più recente One UI, Samsung ha finalmente trovato la sua identità. L’interfaccia è elegante, moderna e coerente, con funzioni realmente utili e un livello di ottimizzazione che si credeva oramai impossibile da raggiungere per l'azienda Sud Coreana.
Certo, sono ancora presenti molteplici app preinstallate, ma gli smartphone di Samsung non sono più dei "carri armati" che dopo pochi giorni in seguito al primo avvio perdono tutto il loro sprint per le troppe attività in background totalmente inutili ai fini di garantire un'esperienza finale fluida e reattiva.
Oggi, Samsung ha imparato a modularizzare le funzioni extra grazie al pacchetto Good Lock e alla posibilità di decidere quali applicazioni extra mantenere all'interno del proprio smartphone.
Finalmente chi vuole personalizzare tutto può farlo, ma chi preferisce la semplicità non è costretto a trovarsi fra le mani un device incapace di performare come dovrebbe.
Gli smartphone Android diventano lenti nel tempo
Uno dei traumi collettivi degli utenti Android dei primi anni 2010 era quello degli smartphone che, dopo pochi mesi, “diventavano dei mattoni”. Il Galaxy S2, così come il Nexus 7, furono gli esempi più lampanti: veloci al debutto, praticamente inutilizzabili dopo un paio d’anni.
Il problema, all’epoca, era meramente tecnico: i dispositivi non supportavano TRIM, la tecnologia di gestione della memoria che evita la degradazione delle prestazioni nel tempo. Quando Google la introdusse con Android 4.3, la situazione migliorò sensibilmente, ma ci volle ancora qualche anno per vedere dei risultati realmente concreti.
Oggi, la combinazione di memorie UFS, ottimizzazione del sistema operativo e la presenza di software più “snelli” ha reso l’esperienza stabile e fluida anche sugli smartphone di fascia bassa.
Molti brand, anche minori, garantiscono ufficialmente una fluidità immutata fino a 48 mesi e alcuni produttori, come Xiaomi, arrivano a promettere 60 mesi di prestazioni costanti sui loro top di gamma.
In poche parole, nel 2025 gli smartphone Android, se realizzati a dovere, non “invecchiano male”, rimanendo scattanti, reattivi e affidabili anche dopo anni di utilizzo.
Android fa schifo sui tablet
Ecco un altro grande mito che oramai è un ricordo del passato. Per anni, Android e tablet sono stati due mondi che faticavano a convivere. I primi device di questa tipologia con Android (parliamo degli anni del Dell Streak o del HTC Flyer), offrivano un’esperienza goffa, con interfacce dilatate e app che sembravano semplicemente “allargate”.
Con Android Honeycomb (classe 2011) Google provò a rimediare parzialmente, ma solo negli ultimi anni l'azienda è riuscita a rendere Android sple ndido anche sui tablet.
Da Android 12L in poi, Google ha ridisegnato completamente l’esperienza su schermi grossi, con layout adattivi, multitasking fluido e un ecosistema di app sempre più ottimizzate per essere gestite su superfici di grosse dimensioni.
Nel 2025, usare un tablet Android non è più un compromesso. Anzi, molti utenti ammettono di preferire Android sui tablet rispetto che sugli smartphone, proprio grazie alla flessibilità, alla libertà e alla personalizzazione che offre.
Google ha anche spinto gli sviluppatori di app a realizzare delle interfacce adattive, e oggi i principali software si comportano esattamente come le loro controparti realizzate per i sistemi operativi di Apple.
Gli smartphone cinesi sono incompatibili e “pericolosi”
Con l’avvento di tantissime aziende cinesi che sfornano, ogni anno, modelli di smartphone Android, disponibili esclusivamente per il mercato asiatico, con caratteristiche tecniche che superano anche i più blasonati top di gamma a prezzi notevolmente inferiori, era inevitabile che la curiosità degli enthusiast più accaniti desse inizio a una esportazione massiccia di questi modelli in occidente.
Il problema principale è che, come ogni cosa “troppo bella per essere vera”, si tende subito a guardarla con sospetto, cercando, o ancor peggio inventando, difetti che, a tutti gli effetti, o non esistono o non inficiano per nulla la qualità, o l’usabilità, di un dispositivo.
Prendiamo come esempio il Vivo X200 Ultra, uno dei migliori cameraphone attualmente in commercio. Scheda tecnica da far impallidire i flagship più celebri, comparto fotografico, semplicemente, incredibile e un prezzo di listino che non tocca il “pericoloso” tetto dei 1000€.
Uno smartphone da consigliare a occhi chiusi a chiunque cerchi un ottimo cameraphone con Android a un prezzo non troppo pompato, eppure ogni volta che ne si parla si palesa qualcuno che sostiene che acquistare questo tipo di smartphone sia o pericolosissimo, o inutile visto che non sono compatibili con le nostre reti e con le applicazioni più utilizzate in occidente.
La verità, però, è un attimo diversa. È vero che quando si acquista uno smartphone di importazione (che sia cinese o americano poco importa) bisogna verificare che sia compatibile con le reti globali, ma a parte questo aspetto (che grazie a internet risulta verificabile in pochi istanti) il resto dell'esperienza non è così diversa da quella offerta da uno smartphone occidentale.
Specialmente in Cina, molti smartphone presentano il cosiddetto "bloatware", ovvero un insieme di applicazioni poco usate da noi (se non totalmente sconosciute) che vengono preinstallate a scopo commerciale, in modo da mantenere un prezzo di listino più contenuto. Cancellarle, però, è roba da pochi istanti.
Allo stesso modo, per quanto il Play Store di Google non sia quasi mai il negozio principale (visto che molti produttori offrono il loro store proprietario), questo non significa che non sia presente nelle applicazioni preinstallate (o scaricabile dallo store proprietario), garantendo il pieno accesso alle proprie applicazioni. D'altronde sarebbe folle impedire agli utenti di utilizzare su Android le applicazioni compatibili acquistate in precedenza.
Il sistema operativo è sempre multilingua (o per lo meno in inglese), così come tutte le funzionalità di sistema, e le applicaizoni di default, possono essere inabilitate e sostituite con le controparti realizzate da Google, andando a eliminare ogni timore sul fatto che i software cinesi rubino i nostri dati.
Insomma, quando si acquista uno smartphone importato, nella maggior parte dei casi si ottiene persino più libertà in termini di personalizzazione rispetto a molti modelli di brand più celebri. Alcuni compromessi sono inevitabili, come per esempio alcune scorciatoie di sistema assenti o l'impossibilità di usare il feed delle news di Google con il celebre "swipe a sinistra", e sarebbe sbagliato non ammetterlo, ma l'unica reali problematica potrebbe risiedere in un'assistenza clienti assente in occidente, a meno che non ci si rivolga a store di terze parti che oltre a importare i device si occupano anche di offrire una garanzia ai prodotti che vendono.
In conclusione, il bello di Android è sempre stato la sua costante capacità di evolversi. Da quel sistema "libero e imperfetto" degli albori, oggi è diventato un ecosistema solido, maturo, coeso e superiore, sotto molti aspetti, a quanto offerto da Apple. Molte delle "verità" che lo hanno accompagnato per oltre un decennio sono oramai dei miti del passato, anche grazie al fatto che l'utenza del sistema operativo di Google è talmente ampia che sarebbe stato un suicidio non ascoltare i feedback e abbracciare le richieste degli utenti.
Nel 2025 Android non è più “il fratello sgraziato di iOS”, ma una piattaforma ricca, completa e versatile, capace di adattarsi a qualsiasi utente e a qualsiasi dispositivo e forse è proprio questo il suo segreto, o meglio, la sua ricetta segreta: la capacità di mettersi in discussione, di cambiare pelle e, soprattutto, di ammettere i propri errori migliorandosi per migliorare, in primis, l'esperienza offerta a chi gli ha dato fiducia.