Servizi a pagamento, 12 milioni sequestrati agli operatori Italiani

La Guardia di Finanza sequestra 12 milioni di euro, frutto delle pratiche illecite degli operatori Italiani, circa l'attivazione di Servizi a pagamento.

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a cura di Nikolas Pitzolu

12 milioni di euro. E' questa la montagna di soldi che è attualmente sotto sequestro per attività illecite dei nostri principali operatori nazionali.

In particolare, la cifra si riferisce ai servizi a pagamento attivati senza il consenso del consumatore. Tutto ciò ha generato denunce che hanno prodotto anche degli indagati con ruoli importanti nelle principali TCL Italiane.

I VAS (servizi a valore aggiunto) sono dei servizi, molto spesso sotto forma di abbonamento, che si attivano sul nostro numero di cellulare e sono molto difficili da disattivare. Questi VAS sono per lo più inutili visto che oltre al canone davvero fuori luogo propongono informazioni, oroscopi, meteo, strumenti e contenuti spesso visionabili in forma del tutto gratuita.

La Guardia di Finanza ha effettuato perquisizioni presso le sedi delle nostre compagnie telefoniche nazionali. Partendo da WindTre, ci sono stati i primi indagati che ricoprono il ruolo di responsabili del servizio VAS. L'accusa sollevata è quella di aver "mosso i fili" nelle retrovie per andare a far fruttare il servizio al massimo a discapito dei clienti.

Per quanto riguarda Vodafone e TIM, l'accusa è sempre quella di aver commesso pratiche illecite attivando VAS senza il consenso dell'utente. In questo caso però il responsabile alla quale si affidavano era sempre lo stesso, ovvero quello di Wind (ora WindTre).

La Guardia di Finanza solleva anche degli illeciti della medesima finalità durante il corso della pandemia. Molte denunce riportano come bastasse cliccare un banner pubblicitario, navigando sul proprio browser, per attivare sulla numerazione intestata un abbonamento con dei Servizi a pagamento.

Il reato si configura come frode informatica ai danni dei consumatori. Il Garante delle Comunicazioni è già stato interpellato a riguardo per trovare una soluzione definitiva alla pratica scorretta. Speriamo solo di non dover aspettare 15 anni i rimborsi, come successo per O2 in Inghilterra.

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