Wearable, un flop funzionale più che economico

Analizzando l'andamento del mercato, i wearable hanno anche superato le stime di vendita effettuate dalle principali società di ricerca qualche anno fa, ma continuano a convincere poco in termini di funzionalità.

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a cura di Saverio Alloggio

In un report della IDC datato 2013, si è ipotizzato che, nel 2018, sarebbero stati consegnati 111,9 milioni di dispositivi indossabili. Di contro però, già nell'anno solare 2016, è stata raggiunta quota 102 milioni, con un incremento del 29% rispetto al 2015. È dunque improprio definire i wearable un flop, almeno da un punto di vista prettamente economico.

Piuttosto occorre domandarsi per quale ragione dispositivi indissolubilmente legati agli smartphone (che nel 2016 hanno venduto 1 miliardo e 49 milioni di unità), non riescano neanche a sfiorare la loro quantità di vendite, crescendo con una percentuale su base annua nettamente più bassa, soprattutto se paragonata agli albori del mercato smart.

immagine corpo 1 wearable

La risposta non può che risiedere nelle funzionalità. Nel 2016, il 50% dei wearable venduti sono stati activity tracker, ovvero i braccialetti pensati per monitorare l'attività fisica. Si tratta di indossabili tecnologicamente meno evoluti degli smartwatch ma che, pur svolgendo poche operazioni, sono estremamente apprezzati dagli utenti.

Poche operazioni ma svolte bene, senza dimenticare un prezzo solitamente contenuto. L'esatto opposto degli smartwatch, per i quali le aziende non sono ancora riuscite a risolvere le criticità evidenziate fin dal primo arrivo sul mercato.

L'autonomia rappresenta uno dei grandi limiti degli smartwatch, per il quale i produttori non hanno trovato un giusto mezzo in questi anni: da una parte i Pebble possono rimanere lontani dall'alimentazione anche fino a 10 giorni, rinunciando però ad un display dalla buona risoluzione; dall'altra parte gli Android Wear offrono una qualità visiva di alto livello, costringendo però l'utente a convivere con il carica batteria. Ma non è tutto.

Copertina Wearable

Prendendo in considerazione il sistema di gestione delle notifiche, non ci sono dubbi sul fatto che gli smartwatch offrano numerose funzionalità in più rispetto agli activity tracker. Ma rappresenta davvero un'attrattiva per gli utenti poter rispondere ad un messaggio WhatsApp direttamente da un Apple Watch da oltre 300 euro, potendo impostare una risposta automatica attraverso un semplice braccialetto da 60 euro?

La dettatura vocale è sicuramente una comodità in determinate circostanze, me è altresì evidente come non sia sufficiente a giustificare, oggi, l'acquisto di un Apple Watch (o di un Android Wear). Gli esempi in tal senso potrebbero essere infiniti, ma la chiave di volta è essenzialmente quella di creare le condizioni affinché gli smartwatch diventino indispensabili, proprio come avvenuto con gli smartphone.

Immagine Corpo 3 Wearable

Tutto passerà attraverso il concetto di ecosistema, con quello di Internet of Things destinato a monopolizzare la scena del mercato smart nei prossimi anni. Un primo passo importante in questa direzione sarà la diffusione dei sistemi di pagamento mobile. Non a caso la grande novità di Android Wear 2.0 è stata proprio l'introduzione negli smartwatch di Android Pay, che darà senza dubbio nuova linfa al settore.

IDC ha previsto infatti una rideterminazione completa degli equilibri del mercato wearable, con gli smartwatch che, nel 2020, avranno una quota mercato del 52%, contro il 28% degli activity tracker. Sarà in quel momento che, presumibilmente, potremo assistere alla vera e propria esplosione del fenomeno degli indossabili.