Dopo averlo sviscerato, completato e analizzato in ogni sua malinconica consegna, Death Stranding 2: On the Beach si è rivelato un'esperienza che ha parzialmente ripagato le altissime aspettative. Pur non raggiungendo l'impatto rivoluzionario del suo predecessore, questo nuovo capitolo di Hideo Kojima si candida comunque a un posto tra i contendenti per il Gioco dell'Anno, offrendo una miscela unica di scrittura intima, gameplay rifinito e una magnificenza tecnica che definisce nuovi standard per il settore.
Ovviamente, come sempre, abbiamo sviluppato anche l'articolo che vi racconta i 5 motivi per cui potreste non amare il gioco, così da potervi fare un'idea più chiara sul suo valore.
Un cast d'eccezione
Death Stranding 2: On the Beach è un sequel diretto che espande l'universo narrativo in modi inaspettati. Se il primo capitolo era un viaggio solitario, qui il cuore pulsante dell'esperienza risiede nelle dinamiche umane a bordo del DHV Magellan, il nuovo hub mobile. Kojima Productions ha investito in un cast corale memorabile, dando vita a un'avventura che esplora con una sensibilità rara temi come la genitorialità, il lutto e l'eredità che lasciamo.
Preparatevi a immergervi in dialoghi toccanti e performance attoriali sbalorditive (da Elle Fanning a George Miller), capaci di creare un legame quasi familiare con l'equipaggio, che ricorda per chimica l'equipaggio della Normandy di Mass Effect.
Gameplay per tutti
Dimenticate il Sam Porter Bridges la cui unica arma era la resilienza. On the Beach vira decisamente verso l'action in terza persona. Il sistema di combattimento è stato ampliato, reso più reattivo e divertente, spingendo attivamente il giocatore a liberare avamposti nemici. Se da un lato questo rende il gioco più dinamico, dall'altro tradisce in parte l'anima del predecessore.
La tensione del viaggio, la pianificazione strategica e la sensazione di vulnerabilità di fronte a un mondo ostile sono attenuate. Le CA (Creature Arenate) perdono gran parte della loro minaccia e la gestione del carico e del percorso diventa meno centrale. Si passa dall'essere un corriere che sfida la natura a un soldato motorizzato che si sposta da un punto A a un punto B. Rimane comunque fondamentale il Social Strand System, che permette di collaborare con altri giocatori, e si arricchisce con un nuovo sistema di abilità che dona maggiore progressione.
Un continente da esplorare
Il nuovo setting, il continente australiano, offre un colpo d'occhio mozzafiato. Yoji Shinkawa si supera con una direzione artistica sublime, che alterna deserti di sabbia nera a canyon rocciosi e foreste lussureggianti. Sebbene l'impatto delle avversità ambientali sul gameplay sia meno marcato rispetto al passato, l'esplorazione rimane un piacere per gli occhi.
Il mondo di gioco è vasto, ricco di scorci incredibili e invita alla scoperta, anche se con meno ostacoli strategici. Ogni avamposto raggiunto, ogni struttura costruita in collaborazione con altri giocatori, restituisce quel senso di connessione unico che è il marchio di fabbrica della serie.
Una bellezza visiva e tecnica
Dal punto di vista tecnico, Death Stranding 2: On the Beach è semplicemente inarrivabile. Il Decima Engine, spinto ai suoi limiti massimi, raggiunge vette di fotorealismo sbalorditive, sia in modalità performance a 60fps che in quella a 30fps con maggiori dettagli.
La modellazione e le animazioni facciali dei personaggi sono di una qualità spaventosa, capaci di veicolare ogni minima sfumatura emotiva.
Musiche incredibili
Il comparto sonoro è incredibile. La colonna sonora, curata da Woodkid, cresce con il giocatore e raggiunge picchi di magnificenza assoluta nelle fasi finali. Le canzoni su licenza, scelte con il gusto impeccabile di Kojima, accompagnano i viaggi solitari amplificando il senso di malinconia e speranza, confermandosi ancora una volta un elemento narrativo fondamentale per le nostre consegne.