ENCODYA | La fiaba metallica raccontata da Nicola Piovesan

Encodya è un'avventura grafica che fonde la cupezza del cyberpunk e una tenera storia nel segno dell'innocenza. Ne abbiamo parlato con Nicola Piovesan.

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a cura di Alessandro Palladino

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In un tempo in cui può essere sempre utile un po' di positività in più, è difficile immaginarsi che questa possa venire da uno scenario cyerbpunk, anche perché di recente nell'ambiente videoludico è davvero difficile sentire quella parola senza avere delle reazioni miste. Eppure c'è davvero del buono nella distopia delle corporazioni, un contrasto che attendeva di essere sfruttato solo da un'idea dalla straordinaria sensibilità: quell'idea è ENCODYA, l'avventura grafica vecchio stile di Chaosmonger Studio e Nicola Piovesan, protagonista dell'intervista che vi proponiamo poco sotto le nostre impressioni.

Qualcuno ha definito ENCODYA come la Pixar che incontra il Cyberpunk, mentre lo stesso prodotto riporta sulla sua pagina Steam un parallelo tra questa corrente futuristica e lo Studio Ghibli. Se siete sorpresi da questi accostamenti non sentitevi gli unici: anche noi eravamo alquanto curiosi di capire quale verità si celasse dietro ENCODYA e se un'ambientazione tanto crudele avrebbe potuto lasciare spazio alla storia di una bambina e il suo personalissimo Gigante di Ferro, tra umorismo e sana innocenza.

La nostra conclusione è più che positiva: ENCODYA è un prodotto raffinato, ricco di enormi dettagli che impreziosiscono l'esperienza e la rendono un gioiello nel panorama delle avventure grafiche. Molti potrebbero storcere un po' il naso di fronte a una grafica 2.5D, e non neghiamo che il primo impatto possa essere un po' difficile da digerire se si è giocatori non abituati al genere d'appartenenza di ENCODYA. Ma dopo qualche minuto di gioco, specie osservando i vicoli di Neo Berlino e i suoni davvero realistici che emette, è impossibile non sentirsi trascinati verso le vicende della giovane e degli strani personaggi che incontrerà nel cammino.

Chi è un appassionato delle avventure grafiche ritroverà tutto ciò che costituisce i dogmi del genere: un sano umorismo, un doppiaggio all'altezza, la scrittura più che distinta e numerosi puzzle da risolvere, alcuni dei quali anche abbastanza impegnativi per il vostro ingegno ma non impossibili. Anzi, ENCODYA è accessibile a qualsiasi tipo di giocatore e ci teniamo a consigliarlo anche a un pubblico molto giovane, magari accompagnato dai genitori nella scoperta di un mondo nuovo quanto innocente.

Ed è dalla purezza e dai sentimenti che si provano nella struggente storia di ENCODYA che il pubblico adulto può sfruttare il titolo di Chaosmonger Studio come uno di quelli che fanno riscoprire l'importanza del bambino interiore, quello che si meraviglia di fronte a ciò che si trova davanti, imparando cose nuove a ogni angolo. Può sembrare banale come concetto, del resto molte opere calcano su un sentimento tipico della fanciullezza per attirare i loro spettatori nella trama, ma in ENCODYA crediamo che tali emozioni possano essere tirate fuori con più coinvolgimento rispetto a tanti altri titoli affini: la cura con cui è trattato anche il più piccolo dei dettagli, estetico o narrativo che sia, è la qualità che distacca la creazione di Chaosmonger dal terreno delle avventure grafiche, arrivando a comunicare lo stesso tipo di "attaccamento" che un film di Studio Ghibli ha nei suoi amatori.

Non è tanto il voler trovare nell'artisticità dei fondali o delle animazioni un elemento di merito, quanto il riuscire a rendere unico il ricordo di un mondo fittizio, così pieno di "quadri" iconici da essere subito riconoscibili. Un po' come ancora ci ricordiamo la scena della fermata di Totoro o Ponyo che corre sul mare, siamo sicuri che chi giocherà ENCODYA di quando troverà il contrasto della natura sul metallo di una città in espansione, o quando si incontreranno personaggi con palesi riferimenti ai grandi classici della cultura pop.

Sarebbe però davvero ingiusto non includere il creatore di una visione così particolare nelle nostre pagine, e abbiamo colto l'occasione del lancio del titolo per sfruttare tale opportunità e intervistare lo stesso Nicola Piovesan. Il consiglio con cui vogliamo lasciarvi, in virtù proprio del nostro particolare approccio di questa occasione, è vivere ENCODYA come un'esperienza davvero personale partendo proprio da ciò che il suo creatore ha voluto produrre. Insieme alle featurette pubblicate dallo stesso studio, abbiamo voluto darvi un'ulteriore occasione per capire al meglio ENCODYA e valutare voi stessi quello che sarà il vostro tempo con questa avventura grafica, utilizzando le parole di Nicola proprio per notare quei dettagli creatori di vividi ricordi.

Intervista a Nicola Piovesan

ENCODYA è un progetto davvero particolare, così come lo sono le sue ispirazioni alla base se messe tutte insieme. Da dove è partita l'idea di produrre un gioco del genere? Qual è stata la scintilla da cui è nato ENCODYA inizialmente?

Il tutto è nato quasi per sbaglio: ero in piena campagna Kickstarter per il progetto di un corto d’animazione dal titolo “Robot Will Protect You”, che ha gli stessi personaggi principali e ambientazioni di ENCODYA, quando ho notato interesse nella comunità gaming. Allora ho settato uno “stretch goal” di €1000 al crowd funding, dicendo che avrei iniziato a sviluppare un videogioco qualora l’avessi raggiunto. E così è stato. A dicembre 2018 ho finito il corto (che nell’anno successivo sarebbe anche finito nella cinquina finalista dei Nastri d’Argento), e a gennaio 2019 ho scaricato per la prima volta il software per sviluppare videogiochi Unity, senza la benché minima esperienza col game developing. A maggio dello stesso anno avevo già il contratto con un publisher, ad Agosto ero invitato al Gamescom di Colonia, e nello stesso mese ho fatto un altro Kickstarter, stavolta per ENCODYA. Insomma, mi sono trovato catapultato nel mondo del game developing senza quasi accorgermene! E il tutto è successo molto di fretta, considerando che fino a 2 anni fa non avevo neanche mai usato Unity.

Se qualcuno ci dicesse di fondere Studio Ghibli e Blade Runner probabilmente non sapremo dove mettere le mani, visto che ci sembrano davvero due mondi distanti. Qual è il trucco con cui siete riusciti a unire il cyberpunk alla "fanciullezza" tipica di Ghibli? E, sempre guardando al Giappone, ci sono stati altri riferimenti degni di nota nel panorama dell'animazione? Magari opere come Akira o Ghost in the Shell.

Questa era una delle sfide principali, che mi sono imposto per cercare di realizzare un prodotto originale, ovvero: affrontare un genere che solitamente è cupo e per adulti, con un taglio umoristico e “tenero”. Ed è qui che mi ha aiutato molto Studio Ghibli. Adoro i film di Miyazaki anche per loro capacità di affrontare temi durissimi (la guerra, la devastazione ambientale, etc.) con delicatezza, dolcezza e ovviamente un sacco di creatività. Una volta creati i due personaggi principali - Tina, un’orfana di 9 anni, e SAM-53, un grosso robot impacciato creato per proteggerla - è stato quasi naturale affrontare quel mondo oscuro e distopico con gli occhi di un bambino e con molta ironia. Riguardo al Giappone, Akira e Ghost in the Shell sono due opere che ho sempre adorato e sicuramente mi hanno influenzato molto, soprattutto per la creazione della città nella quale è ambientato ENCODYA, ovvero Neo Berlino del 2062: una megalopoli cosmopolita governata da politici corrotti in combutta con grosse multinazionali.

Rimanendo sempre nel campo artistico, ENCODYA si discosta un po' da quella che è l'animazione e il suo stile per proporre una grafica 2.5D. Come mai questa scelta? Si tratta più di un'esigenza tecnica o volevate puntare a uno specifico feeling nostalgico legato all'aspetto retrò del gioco?

Inizialmente volevo fare un gioco puramente in 2D, ed è così che ho rilasciato la demo nel giugno del 2019. Tuttavia, già allora, era tutto creato in 3D (ambientazioni, personaggi, etc.) e poi renderizzato come sprite 2D. L’effetto era accattivante, ma non abbastanza soddisfacente, soprattutto nel gestire le animazioni dei personaggi con sequenze infinite di sprite! Ho fatto quindi dei tentativi per crearlo interamente in 3D, ma si perdeva molto della “grana” e di quel feeling “caldo” di qualcosa realizzato a mano, dipinto, soprattutto per i fondali. La soluzione è stata quindi quella di creare un misto 2D e 3D, il 2.5D per l’appunto, ovvero: usare dei fondali 2D con dei personaggi, oggetti, veicoli, in 3D. La cosa interessante è che comunque i fondali, pur essendo in 2D, sono creati in 3D e questo aiuta moltissimo l’amalgama del tutto. Avendoli piatti, tuttavia, ci permette una manipolazione maggiore per creare quell’effetto “a mano”. Insomma, è una scelta quasi esclusivamente estetica e di fluidità delle animazioni. E, chiaramente, c’è anche della nostalgia nei confronti di quelle che in italiano si chiama(va)no “Avventure Grafiche”: ingenuamente quando ero ragazzino pensavo si chiamassero così perché avevano tutte della grafica bellissima, e non per distinguerle dalle primordiali avventure testuali! Insomma, con ENCODYA volevo fare un’avventura che avesse una gran bella grafica!

Una delle tante cose che accomuna ENCODYA allo Studio Ghibli è la evidente attenzione allo scenario e alla ricchezza dei suoi dettagli. Se da un lato i protagonisti appaiono "semplici" nella loro presentazione, i fondali e i livelli sono davvero curati fin nell'angolo più piccolo. Quanto è stato importante questo lavoro per voi e come mai così tanta attenzione per gli elementi di sfondo? Ha a che vedere con le esigenze legate al realizzare una metropoli in stile cyberpunk?

Sì, questo ci accomuna molto anche allo stile dell’animazione giapponese, dove ci sono dei fondali curatissimi ma dei personaggi relativamente stilizzati e semplici. È una cosa del tutto normale in quanto, come spiegato anche nella risposta precedente, i fondali stanno lì, fermi, mentre i personaggi vanno animati. Nel nostro caso, rispetto agli anime, è anche una questione tecnica: avendo personaggi 3D diventa impossibile ottenere lo stesso look che ha qualcosa di piatto, senza considerare che per avere un gameplay fluido non possiamo esagerare con i poligoni o gli effetti visivi necessari a creare lo stile che hanno i fondali. Riguardo ai dettagli in genere, sono un maniaco perfezionista! E forse anche un po’ megalomane, perché nel momento in cui ho creato la città di Neo Berlino, ho voluto dargli un’anima e pensare a ogni minimo dettaglio. Per esempio ci siamo inventati dei brand per i cartelloni pubblicitari che si vedono in giro per il gioco, come ad esempio quello che incentiva le famiglie ad avere un figlio ricevendo in cambio un robot (“Have a baby… get a free robot!”), oppure il logo della compagnia di trasporti “Neo Berlin Fly Bus”. Tutto questo, inoltre, non è stato limitato solo ad aspetti visivi, ma anche sonori. Infatti giocando a ENCODYA si possono sentire vari annunci in sottofondo, provenire da lontano, magari da qualche parte sopra le nostre teste o comunque fuoricampo. Ecco, questi suoni non vengono da librerie di assets che si possono comprare online, ma li abbiamo scritti noi e registrati in 4 lingue (Inglese, Italiano, Tedesco, Giapponese) per dare il senso di una città “viva” e cosmopolita. Così in sottofondo si può sentire la polizia che raccomanda alla popolazione di seguire la legge, o la propaganda populista del sindaco che vuole essere rieletto, oppure la pubblicità di un’espansione di memoria per il robot domestico. Non sempre si trova tale cura per i dettagli in giochi indie e dal bassissimo budget, come ENCODYA.

Recentemente, quando parliamo di cyberpunk o il "futuro oscuro", è difficile pensarlo come un setting per una storia quai fiabesca, se vogliamo. Uno dei punti che davvero rende ENCODYA unico è quindi il fatto di unire la tenerezza di una bambina e il suo robot con uno scenario quasi all'opposto della caratterizzazione dei personaggi. Come avete approcciato quindi la storia che volete raccontare e perché tale contrasto visivo e tematico rappresenta un'opportunità per fare qualcosa di inedito?

Sì, come spiegato nella seconda domanda, era una delle sfide principali per rendere ENCODYA qualcosa di unico. E non è stato facile! Il mio sogno è che ENCODYA possa raggiungere il più ampio target possibile, da chi è un fan del cyberpunk, a chi non lo è per niente, da un adulto di 40 anni – nostalgico dei punta e clicca anni ’90 – a una ragazzina di 12 che magari quel giorno non ha voglia di impazzire con uno sparatutto alla Fortnite. Questo è stimolante, ma anche molto, molto pericoloso: c’è il rischio che, per accontentare tutti, si finisca per non accontentare nessuno! Finora i responsi sono stati positivi, vedremo in seguito se sono riuscito nei miei intenti. Sicuramente il mio passato di regista/sceneggiatore mi ha facilitato molto nella stesura della storia, che è una componente fondamentale di ENCODYA e, anche grazie a varie persone che mi hanno aiutato lungo questo viaggio (sia a livello di scrittura, che di idee varie per il gameplay), credo siamo riusciti ad immedesimarci in una bambina di 9 anni che vive in un mondo difficile, e in un goffo robot che deve proteggerla a tutti i costi, spesso andando contro ciò per cui è stato programmato. Senza dimenticare gli oltre 30 personaggi secondari, molto buffi e caricaturati, quasi degli archetipi se vogliamo. In sostanza, una volta creato il mondo di ENCODYA nei minimi dettagli e una volta creati i personaggi ed immedesimandoci in loro, il tutto è stato molto spontaneo e naturale.

Infine, perché la scelta di realizzare ENCODYA come un Punta e Clicca? Ritenete che oggi, come domani, ci sia uno spazio nel mercato in cui il genere può continuare a prosperare?

La scelta di realizzare un punta e clicca è maturata soprattutto per via di due aspetti: 1) Monkey Island è uno dei miei giochi preferiti e, in particolar modo da teenager, ho giocato a ogni avventura grafica possibile immaginabile, quindi mi sentivo al “sicuro” ad affrontare un genere che conoscevo bene, soprattutto considerando che ENCODYA era il mio primo gioco. 2) Arrivando da un background cinematografico ed essendo poi ENCODYA ispirato da un mio precedente cortometraggio, era la scelta più naturale, in quanto i punta e clicca sono molto “cinematici”, basandosi molto sulla storia, sui dialoghi e ad avendo delle meccaniche di gioco relativamente semplici. La nicchia dei punta e clicca è uno zoccolo duro del mercato, un po’ come l’heavy metal: un genere che si è evoluto poco ma che da decenni ha schiere di affezionati. Quindi, anche se forse le nuove generazioni preferiscono altri generi, credo ci sia spazio per ENCODYA e per i punta e clicca. E, chissà, magari proprio il mio gioco potrebbe far avvicinare qualcuno a questo genere, che secondo me è ancora in grado di regalarci delle perle.

Se siete rimasti intrigati dalla premessa di ENCODYA, il gioco di Chaosmonger è attualmente disponibile su Steam.