Everhood non è il nuovo Undertale, ma è la rottura del Videogioco

Everhood non è il nuovo Undertale ma, allo stesso tempo, non è vicino a nessun altro videogioco. Anzi, ne è forse il punto di rottura più evidente finora.

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a cura di Alessandro Palladino

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Ogni volta che esce un gioco particolare, di quelli che ingannano il giocatore con una premessa narrativa apparentemente innocente, se ne parla sempre nei termini del "nuovo Undertale"; un po' come quando qualsiasi Souls-Like è il "Dark Souls" di questo o quello. È successo con il recente Omori, con tanti altri giochi indipendenti dallo stile simile e ancora una volta con l'ultimo successo underground: Everhood di Chris Nordgren e Jordi Roca. Già che ci sono dietro due singole persone e non un team grande rievoca alla mente l'impresa di Toby Fox, sebbene non sia certo l'unico caso di one man show nei videogiochi indie, potendo citare come esempio anche l'ottimo World of Horror di cui abbiamo parlato in tempi non sospetti.

Everhood però non è il nuovo Undertale, anzi è molto di più e ci sono così tanti motivi che vale la pena esplorarne i perché. Il fenomeno Undertale nasce infatti dalla filosofia percepita dal pubblico di sentirsi calati in un contesto da gioco normale e venirne poi sbalzati fuori con violenza grazie a dei sottili strati di meta narrazione. Rompendo la quarta parete e i dogmi del gioco stesso – nel caso di Undertale la classicità degli RPG old-school – l'esperienza che si ottiene è simile a una sorta di epifania artistica dove si percepisce un'esperienza che va oltre il rapporto tra consumatore e prodotto, bensì si tramuta in uno sforzo riflessivo dove al giocatore è esplicitamente richiesto di riflettere bene sulle sue azioni in virtù del fatto che quello non è più un "semplice gioco".

Non solo un RPG creepy

Fin qui si potrebbe dire che Everhood fa lo stesso, calandoci nei panni di una marionetta a cui rubano il braccio e rivelandoci poco a poco le grandi verità dietro il mondo fantasy dai toni scuri che si esplora in quelle 6 ore di durata. Ben presto al giocatore viene fatto presente che non tutto quello che vede è ciò che sembra e rispetto ad Undertale questo viene esplicitato già nella prima ora di gioco, poiché il sistema di Everhood stesso finisce per diventare il protagonista delle interazioni dell'utente. In Undertale non si abbandona mai la sovrastruttura da RPG: ci sono incontri casuali, esplorazione varia, questo secondarie, battaglie contro i boss significative e via discorrendo. Anche scoprendo i suo i segreti più nascosti, la creatura di Toby Fox rimane ancorata al metaverso in cui è ambientato il gioco e tutto sommato la sua struttura di base come RPG fatto con un programma ad hoc. Lo stesso effetto, come molti sanno, che ha Mother con la sua meta-narratività.

Everhood, e qui è la genialità, se ne frega del suo contesto fantastico. O meglio, lo tiene in considerazione ma a un livello inferiore rispetto a quello che è il Vero racconto proposto al giocatore. L'inganno, se così vogliamo chiamarlo, non è da ricercarsi in una svolta oscura della storia fittizia, bensì addirittura nel modo personale con cui noi interagiamo con qualsiasi prodotto videoludico: giocando e completando obiettivi. La questione è quindi ben diversa dallo scegliere di fare esperienza uccidendo i nemici o risparmiarli (quindi, rimanendo ancorati al sistema da RPG in ogni caso), piuttosto quello che Everhood tenta di fare è distorcere una comfort zone pian piano fino poi a disintegrarla completamente, diventando irriconoscibile sotto ogni punto di vista.

Partendo dalla sua natura da Rhytm Game, quindi ben più libera dalle catene del genere RPG, l'interazione più immediata coadiuvata dalla musica trasmette al giocatore delle chiare identità sonore che servono a sottolineare quando si può sentire parte del "gioco" fantasy e quando, invece, quell'idea finisce per allontanarsi del tutto. Un chiaro esempio di questo è quando, nelle prime ore di gioco più o meno standard, una morte improvvisa del nostro personaggio ci teletrasporta su un piano di esistenza psichedelico dove le griglie con le note scorrevoli finiscono per impazzire (non c'è altro modo di dirlo) e diventare uno spettacolo psichedelico fuori da ogni senso logico. Il sopra diventa sotto, l'immagine si distorce come se fosse un bug visivo e alle volte il gioco decide di mandare a quel paese la griglia per lasciare il vuoto totale. Ed è in quell'esatto momento che il giocatore si rende conto che a Everhood quasi non interessa proporre un gioco nel senso classico, anzi arriva al limite dell'essere fruibile più volte proprio perché è interessato più alla caratterizzazione della sua idea di fondo che dell'essere un'esperienza amichevole.

Questo concetto si riflette poi nella vera natura di Everhood, quella che lo separa ancora più nettamente da Undertale rispetto all'utilizzo delle meccaniche. Riprendendo il lavoro di Toby Fox, senza entrare troppo nei dettagli per evitare spoiler enormi, il fine ultimo del gioco è comunque quello di raccontare una storia precisa. Disturbante, misteriosa e segretata, ma comunque una storia interna al mondo di gioco che ha a che fare con il rapporto dei personaggi stessi, anche fra loro. Il protagonista è sì il giocatore, ma più nello specifico il personaggio che interpreta come elemento esistente all'interno della storia. Chara o che dir si voglia è un'entità specifica, ha peso nella narrazione ed è collegata a eventi passati. Non c'è mai la sensazione, una volta scoperta la verità, che il giocatore sia in qualche modo collegato in presa diretta, così come non c'è in Omori ad esempio e in quel caso è corretto associarlo ad Undertale.

Everhood prende questo concetto solo come premessa iniziale, per farvi rilassare e dirvi che quello è un mondo simpatico pieno di umorismo, l'inganno di Undertale e forse unico punto di comunione. Ma devia ben presto da quel tono non per raccontare una storia interna alla storia, ma per dirvi che come giocatori avete un ruolo essenziale in presa diretta e che l'universo che state vivendo interagisce con voi stessi e non con il personaggio marionetta. Del resto, se il protagonista è un pupazzo ci sarà pure una ragione no?

Oltre il suo mondo inventato

Il punto che vuole raggiungere la creazione di Foreign Gnomes è farvi riflettere con attenzione, ben oltre il livello narrativo del gioco e sfociando in una gravosa nota fin troppo personale. Le vostre scelte non vanno verso questa o quella conclusione, sebbene ci siano tali binari, piuttosto sono caratterizzate unicamente dalla vostra volontà di vivere in un modo o nell'altro Everhood, cioè se volete continuare con un inganno ormai diventato unicamente di vostra creazione o se invece volete scoprire cosa si cela oltre di esso. E, credeteci, Everhood fa di tutto per farvi vedere cosa c'è oltre il gioco, portandovi a lottare con il sistema stesso se proprio ne sarete inclini. Paradossalmente Everhood non avrebbe neanche una fine se voi decideste di non dargliela, ed è in questa singola frase che tutto il peso che vi butta addosso il gioco si fa sentire una volta scoperta la sua vera natura. Non è neanche una questione di legame emotivo, comunque presente, piuttosto sfocia nella propria definizione di morale ed etica, come percepiamo alcuni grandi temi dell'esistenza e cosa definisca l'essenza di un qualsiasi essere. Può sembrare folle tirare in ballo temi del genere per un titolo dove si saltella tra le note della musica, ma come detto in precedenza Everhood non è quasi neanche un gioco.

La sua natura che si nega da sola, la voglia di farvi vedere quasi cosa c'è dietro ciò che costituisce un gioco in un senso che vada oltre la semplice rottura della quarta parete a fini di intrattenimento, è il più grande abisso tra Everhood e Undertale o qualsiasi altro gioco vi possa venire in mente. Proprio perché si tratta di un'esperienza così complessa, unica e capace di rompere il suo intero sistema dall'eccellente game design che è difficile perfino parlarne in termini di semplice videogioco. Cos'è che definisce un videogioco d'altronde? Il fatto che viene "giocato"? Oppure gli input che si utilizzano per i suoi comandi? Se tengono in mano un controller sto "giocando" o un'azione collaterale? Everhood non è la risposta a queste domande, semmai è il loro grande interrogativo tutto nuovo e a cui non avremmo mai pensato di scoprire.

Non si può definire Everhood il nuovo Undertale, ma neanche in qualsiasi altra maniera convenzionale che può venirci in mente, tanto che gli stessi sviluppatori gli hanno affibbiato il sottotitolo di "un racconto ineffabile dei divini momenti di verità inespressibili". Everhood è complessamente Everhood: uno sguardo profondo, filosofico e annichilente, capace di scuotere le fondamenta del nostro pensiero unilaterale da semplici consumatori. E se consumare è quello che ci descrive, Everhood diventa il boccone più amaro da divorare della nostra vita fin ora, se non quello che ci farà cadere ogni singolo dente.

Everhood è al momento disponibile su PC tramite Steam e su Nintendo Switch.