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Heroes of Might and Magic compie 30 anni: ci sentiamo tutti più anziani

Sono abbastanza sicuro che c'è un suono che una generazione di giocatori PC non potrà mai dimenticare. Il suono di Heroes of Might and Magic

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Avatar di Andrea Riviera

a cura di Andrea Riviera

Managing Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 15/09/2025 alle 11:00
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Sono abbastanza sicuro che c'è un suono che una generazione di giocatori PC non potrà mai dimenticare. Un misto di arpe celestiali, un fruscio di pergamena e il tonfo sordo di una bandiera piantata su una miniera appena conquistata. Il suono di un clic, seguito da un eroe a cavallo che si muove spedito sulla mappa del mondo, diradando la nebbia di guerra per rivelare un artefatto, un'orda di Grifoni o un castello nemico all'orizzonte. Questo, e molto altro, rappresenta Heroes of Might and Magic che in queste ultime settimane ha compiuto ben trent'anni.

Era il 1995 quando la New World Computing, sotto la guida visionaria di Jon Van Caneghem, diede alla luce Heroes of Might and Magic: A Strategic Quest. In un'epoca dominata dagli strategici in tempo reale come Warcraft e Command & Conquer, l'idea di un gioco a turni con elementi RPG, quasi scacchistico nella sua cadenza, poteva sembrare un azzardo. Eppure, fu proprio questa sua natura riflessiva a decretarne il successo. Heroes non chiedeva al giocatore riflessi fulminei, ma pianificazione, pazienza e una visione a lungo termine. Era un gioco da sorseggiare lentamente come un buon bourbon; una partita alla volta, spesso per ore, ore che diventavano giorni senza rendersene conto.

Un DNA vincente

Il DNA della serie era una miscela alchemica quasi perfetta di tre generi: strategico a turni su mappa globale (4X-lite), RPG e tattico su scacchiera esagonale. Il ciclo di gioco era semplice, ma allo stesso tempo anche estremamente profondo. Si iniziava con un eroe e un castello. Si esplorava la mappa per raccogliere risorse (legno, minerale, cristalli, gemme, zolfo, mercurio e l'immancabile oro), si conquistavano miniere e abitazioni di creature erranti. Con le risorse accumulate, si potenziava la propria città, costruendo edifici che non solo fornivano benefici economici o magici, ma soprattutto permettevano di reclutare creature sempre più potenti: dai semplici contadini ai maestosi Arcangeli, dai Goblin ai terrificanti Draghi Neri.

Ogni settimana, le città si ripopolavano di nuove leve, pronte a ingrossare le fila dei nostri eserciti. L'eroe, nel frattempo, saliva di livello, acquisendo abilità che potevano ribaltare le sorti di una battaglia. Questa fusione tra elementi RPG e strategia era il vero cuore pulsante dell'esperienza.

L'immortale Heroes III

Se il primo capitolo pose le fondamenta e il secondo, The Succession Wars (1996), raffinò la formula introducendo le importantissime promozioni delle unità e nuove fazioni, fu con Heroes of Might and Magic III: The Restoration of Erathia (1999) che la serie raggiunse lo status di leggenda. Ancora oggi, a più di venticinque anni dalla sua uscita, Heroes III è considerato da molti non solo il vertice della saga, ma uno dei migliori videogiochi per PC di tutti i tempi.

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Cos'era a renderlo così speciale? Tutto. A cominciare da uno stile artistico ancora oggi memorabile e amato da milioni di giocatori. Se pensiamo che il titolo uscì in un'epoca in cui il mercato iniziava a inseguire il miraggio del 3D poligonale, spesso con risultati goffi e oggi inguardabili, Heroes III scelse una sontuosa grafica 2D disegnata a mano. Ogni castello, ogni creatura, ogni elemento della mappa era un piccolo capolavoro di pixel art, ricco di dettagli e personalità. Le città non erano semplici menu, ma illustrazioni vibranti e piene di vita che cambiavano aspetto con ogni nuovo edificio costruito. Questa estetica non solo ha permesso al gioco di invecchiare con una grazia che il 3D coevo può solo sognare, ma ha anche stimolato l'immaginazione del giocatore, trasportandolo in un mondo fantasy credibile e affascinante.

A questo si aggiungeva una colonna sonora magistrale firmata da Paul Anthony Romero e Rob King. Ogni fazione aveva i suoi temi musicali, brani operistici e sinfonici che sono diventati iconici tanto quanto il gioco stesso. La musica del Castello evocava nobiltà e coraggio, quella della Necropoli sussurrava di morte e decadenza, mentre le melodie del Rampart parlavano di natura e magia antica.

E poi c'era il gameplay, levigato fino alla perfezione. Otto fazioni (nove con l'espansione Armageddon's Blade) meravigliosamente caratterizzate e bilanciate, centinaia di creature, artefatti e incantesimi che garantivano una rigiocabilità pressoché infinita. Ma il vero trionfo di Heroes III fu la sua capacità di essere un'esperienza sociale. Nell'era pre-banda larga, la modalità "hot seat" (un giocatore dopo l'altro sullo stesso computer) era (e in realtà lo è ancora, ve lo assicuro) la regina delle serate tra amici. Interi pomeriggi e nottate passati a contendersi il controllo di una mappa, tra alleanze fragili, tradimenti improvvisi e battaglie epiche combattute sulla stessa tastiera, con la tensione che saliva a ogni fine turno.

L'inizio della decadenza

Il nuovo millennio, tuttavia, segnò l'inizio di un lento e doloroso declino. Heroes of Might and Magic IV (2002) fu un tentativo coraggioso ma controverso di innovare la formula. Gli eroi ora partecipavano attivamente alle battaglie come unità, le creature potevano muoversi sulla mappa senza un eroe e il sistema di reclutamento fu stravolto. Sebbene avesse delle idee brillanti e una narrazione eccellente, questi cambiamenti radicali alienarono una parte significativa della base di fan, che si sentì tradita nella sua essenza.

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La successiva acquisizione del franchise da parte di Ubisoft segnò un'ulteriore svolta. Heroes V (2006) fu un buon tentativo di tornare alle radici del terzo capitolo, trasponendone la formula in un mondo 3D. Pur essendo un gioco solido e apprezzato, mancava di quella scintilla, di quell'anima artistica che aveva reso immortale il suo predecessore 2D. I capitoli successivi, Might & Magic Heroes VI e VII, furono purtroppo afflitti da una progressiva semplificazione delle meccaniche (la drastica riduzione delle risorse fu un colpo al cuore per i più esperti), problemi tecnici al lancio e una direzione artistica che, pur gradevole, non riuscì mai a replicare la magia senza tempo di Erathia. La fiamma sembrava essersi quasi spenta, lasciando i fan orfani di un'eredità che sentivano tradita.

Le grandi leggende, però, non muoiono mai veramente. Sopravvivono nella memoria e nella passione di chi le ha amate. Per anni, la community tiene in vita Heroes III con mod straordinarie come Horn of the Abyss, che aggiunge nuovi contenuti e migliora il gioco originale, dimostrando un amore e una dedizione che nessun editore è riuscito a eguagliare (no, nemmeno Ubisoft con la banale HD edition su Steam). E ora, all'alba del trentesimo anniversario, un barlume di speranza si staglia all'orizzonte, un faro per tutti i lord e gli eroi in attesa.

Questo faro si chiama Heroes: The Olden Era.

Il ritorno di Heroes

Questo è un progetto nato dalla passione di sviluppatori che, evidentemente, hanno vissuto e respirato la magia dei primi capitoli. E la loro dichiarazione d'intenti è chiara fin dal primo sguardo: riportare il franchise ai fasti di un tempo. La scelta più clamorosa, quella che ha immediatamente riacceso l'entusiasmo dei fan, è il ritorno a uno stile artistico interamente disegnato a mano, che omaggia apertamente l'estetica immortale di Heroes III. Vedere le prime immagini di The Olden Era è come tornare a casa dopo un lungo viaggio. C'è la stessa cura per il dettaglio, la stessa vibrante palette di colori, la stessa sensazione di trovarsi di fronte a un'opera d'arte interattiva piuttosto che a un ammasso di poligoni.

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Questo ritorno alle origini non è semplice nostalgia; è la consapevolezza che la forza di Heroes non risiedeva nella complessità grafica, ma nella sua capacità di evocare un mondo attraverso l'arte, la musica e un gameplay profondo e appagante. The Olden Era promette di recuperare la complessità strategica, la varietà delle fazioni e quella sensazione di avventura e scoperta che hanno definito i capitoli d'oro.

Mentre celebriamo i trent'anni di una delle saghe più importanti della storia del PC gaming, il nostro sguardo non è rivolto solo al passato. Guardiamo a Heroes of Might and Magic non come a una reliquia, ma come a un modello di game design senza tempo che avrebbe certamente bisogno di un ritorno ai fasti. 

L'attesa per Heroes: The Olden Era è carica di questa speranza: la speranza di poter presto fare "ancora un turno", di poter reclutare di nuovo i nostri eserciti di creature fantastiche e di guidare un eroe verso la gloria, il tutto avvolto in quella magia visiva e sonora che credevamo perduta per sempre. Il trono di Erathia è rimasto vuoto per troppo tempo. Forse, è finalmente giunto il momento per un nuovo, legittimo erede di reclamarlo.

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