Il mercato ha bisogno di una pausa

Il mercato ha bisogno di una pausa? Quanto accaduto questo gennaio ci ha dimostrato che forse i rimandi dei giochi sono solo positivi.

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a cura di Alessandro Tonoli

Un gennaio così non si era certo mai visto. Temperature clamorosamente superiori rispetto agli standard invernali su tutto il pianeta? No, non per questo. Chi frequenta anche solo un po’ il mondo videoludico potrebbe assicurarvi che c’è stato un fenomeno addirittura peggiore, capace di creare vere e proprie isterie di massa. Perlomeno sul web. A rischio non pare siano state messe vite, ma poco ci è mancato. Come insegna Forum da più di un ventennio d’altronde il danno morale è un elemento che non va mai sottovalutato.

Il fenomeno che ha attentato le tranquille vite dei poveri gamer di tutto il mondo c’entra sicuramente col tempo, ma più che con le temperature ad esso connesso, risulta collegato alla sua dimensione. Come ben sappiamo tempo ed eventi sono strettamente legati, e succede che in maniera proporzionale esso si restringa all’avvicinarsi di un evento, mentre, all’allontanarsi, subentra il fenomeno dell’espansione, tempo ed eventi si distanziano creando quello spiacevole effetto indesiderato che viene chiamato “attesa”. E questo gennaio, di attesa, ne ha messa in cantiere davvero parecchia.

Veniamo al sodo: gli “eventi” che hanno causato questo effetto collaterale strettamente indesiderato sono stati i rimandi concatenati di una serie di videogiochi da tempo annunciati. Dopo l’outing inaugurato da Cyberpunk 2077, ecco che in coda si sono aggiunti anche titoli attesissimi come Marvel’s Avengers, Iron Man VR, Final Fantasy 7 Remake, Dying Light 2, etc. Un effetto domino che ha sicuramente dell’inusuale e che, assieme ad una serie di lecite domande riguardo i modelli di sviluppo moderni, ha generato una serie di reazioni isteriche nei fan dei suddetti titoli.

Alt. Fermatevi un attimo nella lettura. Se pensate che questo sia un articolo steso per sindacare sulla correttezza o meno delle reazioni esagerate del pubblico state sbagliando di grosso. Nessuno qui vi dirà che il disguido creato da sviluppatori e publisher sia stato irrispettoso verso giocatori che magari avevano già versato tanto di moneta sonante per accaparrarsi una misera mail a conferma dell’avvenuto pre-order; d’altro canto, nessuno qui nemmeno difenderà le complicatissime posizioni di aziende e lavoratori ingabbiate da modelli di business divenuti così grandi da rasentare l’ingovernabilità. Non faremo questo. Faremo di peggio.

Sosterremo che, a torto o a ragione, di questa cosiddetta “pausa” si sentiva decisamente il bisogno. E rincariamo pure la doseribadendo che, addirittura, in un mondo totalmente ideale, sarebbe addirittura necessaria. Tanto da istituzionalizzarla. Una pausa ricorrente. Un blocco totale delle uscite. Non so’, una ogni tre anni. Di durata variabile, tra i tre mesi e l’anno sabbatico. Scegliete voi. Il cinema, sviscerando altri temi, ci ha già suggestionato con l’ipotesi di una notte di sfogo all’anno (La Notte del Giudizio), contro ogni logica socialmente accettabile: una notte finalizzata a liberare ogni nostro istinto per farci vivere meglio. Perché dunque non ipotizzare in maniera spregiudicata un periodo che ci faccia assaporare lo stallo della distribuzione, il silenzio degli strilli pubblicitari. Per ridonandoci la calma, e la capacità di assaporare nel profondo, senza fretta, quello che amiamo?

L'accezione negativa dell'attesa

La proposta è provocatoria e lo sappiamo bene. Non esiste sistema economico che potrebbe mai permettere l’instaurarsi di una ricorrenza del genere, e non esiste (o esiste purtroppo in maniera molto limitata) consumatore che rinnegherebbe volontariamente la possibilità di entrare in possesso di un prodotto per cui ha capacità d’acquisto e che, in più, desidera ardentemente.

Come nelle migliori leggende però, alla base di ogni provocazione si nasconde un pizzico di verità e, in questo caso, una verità probabilmente necessaria in questo periodo storico, sempre più incapace di attribuire al concetto di “attesa” la sua accezione più negativa. Una situazione descritta in maniera molto accurata nel libro “L'arte dell'attesa” (Andrea Köhle) ove viene rimarcato sempre più approfonditamente come l’attesa sia divenuta il vero e proprio castigo dei tempi moderni.

Un tipo di evidenza che si può riscontrare anche semplicemente ragionando sui ritmi del vivere quotidiano del mondo occidentale; questo gennaio, se mai ce ne fosse stato bisogno, ha dimostrato che la stessa chiave interpretativa è propria anche del mercato, e dell’audience videoludica. Ad ogni rimando le reazioni del web non si sono infatti fatte attendere, dimostrandosi veementi, nonostante ad essere rimandati non fossero assolutamente beni di primaria necessità bensì prodotti pensati per l’intrattenimento, ritardati solamente di qualche mensilità, con tanto di lettere di scuse da parte degli sviluppatori.

Il fatto che non siano prodotti primari è in realtà una falsa nota di demerito, in quanto non è la reale necessità di un bene che ne determina l’importanza per l’individuo, quanto più la passione che si prova verso l’oggetto del desiderio, e come ben sappiamo la passione non è ‘obiettivizzabile’, pertanto si può arrivare ad attendere l’arrivo di un nuovo modello di colorante per le unghie sbavando come un cane davanti ad una ciotola vuota.

Ciò detto, il momento è propizio per riflettere sia sulle conseguenze effettivamente positive che questo periodo comporterà, sia sulla correttezza della sua natura, da noi tutti ormai data per dogmatica. È questo mercato forsennato che ci obbliga a non poterci permettere il lusso dell’attesa, o siamo noi che siamo diventati incapaci di attendere, e quindi, anche ve ne fosse l’occasione, bandiremmo per sempre l’attesa di qualcosa dalle nostre vite con tanto di “grazie”?

L'attesa che non attendi

Oltre queste riflessioni più teoriche, questo periodo ci può permettere di avere una visione più obiettiva di quanto “pesi” effettivamente l’attesa nel mondo videoludico. Pensiamoci: quanti videogiochi escono all’anno? Date un’occhiata allo store di Steam, al PSN, allo store di Microsoft e quello di Nintendo. Bene, non riuscirete comunque ad averne una percezione realistica. Provate a circoscrivere la cerchia, concentratevi solamente sui giochi più interessanti, quelli con una media di voti pari o superiore al più che buono. Bene, non ci riuscirete comunque.Provate a concentrarvi allora solamente su una console di riferimento: l’impresa non sarà comunque facile.Su quelli del proprio genere preferito? Già più semplice…ma chi vi dice che un altro genere non meriterebbe di avere solo più tempo per essere approfondito ed arrivare così ad appassionarvi?

Nel ragionamento deve essere per forza considerato anche il filone dei videogiochi a sviluppo continuo, dei veri e propri micro universi in costante aggiornamento che da soli meriterebbero anni di gaming esclusivo data la mole di contenuti che offrono e che, inoltre, è possibile auto-produrre internamente.

A questo si aggiunge anche un price target dei prodotti drasticamente basso, il quale permette di entrare in possesso del numero di titoli desiderato per una fetta sufficientemente ampia del pubblico, a patto di attendere pochi mesi dal lancio, individuando la fascia di prezzo più idonea al proprio potere d’acquisto. Dulcis in fundo citiamo un servizio come il Game Pass capace di sommergere letteralmente di giochi di qualità, a fronte di un esborso drasticamente contenuto.

Abbiamo così tanti prodotti a disposizione che qualunque insostenibile attesa potrebbe essere dissimulata semplicemente con un banale spostamento di attenzione, trasformando lo svuotamento del tempo in una vera e propria opportunità.

Il mercato che ti fa sentire indietro

Il mercato ha la naturale tendenza a farsi rincorrere. Ci induce a questo facendoci sentire sempre “indietro”. La situazione, come potete vedere, non è certo delle più distese, e grazie a questa mole spropositata di uscite i backlog degli utenti si rimpolpano così tanto da generare addirittura fenomeni di ansia da gaming. Non faticherete a trovare in rete articoli in cui si danni veri e proprio consigli su come gestire questo tipo di situazioni (ci abbiamo provato anche noi qui). Per quanto si possano però dare consigli di autoregolamentazione per evitare l’effetto abbuffata natalizia, con questi ritmi, con questo mercato, ci sarà sempre dentro di noi un istinto da frenare, qualcosa che richiede un nostro sforzo, una nostra intenzionale limitazione, e se siamo utenti bravi ed educati la cosa può anche andarci bene, ma rimarrà comunque sempre una fascia di utenza destinata a subire, per un certo periodo almeno, questo tipo di pressione psicologica.

Fatta questa doverosa opera di contestualizzazione appare chiaro quanto questo mese di rinvii, accolto all’inizio in malo modo con aspre critiche rispetto ai modelli di sviluppo odierni, possa rivelarsi, contro ogni aspettativa, più necessario che mai. Un evento capace di far emerge una nuova esigenza, fin’ora sopita sotto al chiasso estenuante delle uscite mensili dei vari tripla A, a cui questo mercato dovrebbe prestare orecchio. Immaginiamoci sei mesi in cui non perdersi in continui stimoli legati ai nuovi prodotti, ma mesi in cui avere la possibilità di ascoltarsi, andando così a riscoprire tutte quelle esperienze per cui non si era ancora trovato il giusto tempo, oppure, perché no, tornare addirittura su quelle già fatte e che meriterebbero magari un maggiore approfondimento.

La posticipazione dei titoli più desiderati può creare quel giusto “free time” in cui dare il via ad un’operazione di recupero che, tolto il dispiacere di non giocare a titoli che ci avevano già incantato sulla fiducia, non faticherà a trovare nuovi modi per intrattenerci e stimolarci. Un piccolo movimento che potrebbe nascere nel mondo videoludico ma di cui potrebbero beneficiare anche altri medium, anch’essi sovraffollati e soggetti all’obsolescenza immediata del contenuto. Come supposto per i videogiochi…perché non passare sei mesi senza nessuna nuova serie tv in catalogo?

In un mese di posticipazioni il prodotto che lancia questo gennaio è una sorta di oasi gratuita. Un prodotto nato in maniera infelice, ma di cui questo mercato potrebbe scoprire di avere davvero bisogno, per salvaguardaci, e per auto-salvaguardarsi. Salvaguardare, più di tutto, la montagna di opere di alto livello qualitativo che non hanno il tempo di esprimersi e di arrivare a tutti gli utenti che avrebbero la capacità di apprezzarle. Salvaguardare i suoi utenti, noi, che come ogni essere, necessitiamo di un sistema ambientale che non ci porti all’esaurimento, costringendoci ad essere noi i filtri verso il “troppo”, ma che sia tarato sulle esigenze di respiro e di risposo dei suoi utenti, evitando di consentire saturazioni e ingolfamenti.

Lo sappiamo, è utopico. Ma ciò non deve impedirci di riflettere sui possibili benefici che una soluzione del genere potrebbe portare. Di questo gennaio rimarrà il ricordo del primo grande mese dei rinvii. Ma è lo spazio vuoto che andrà a creare quello che ci auguriamo potrebbe essere uno dei migliori videogiochi che vedranno la luce in questo 2020. Sarebbe sicuramente la più rivoluzionaria delle produzioni. L’unico tripla A capace di valorizzarne decine di altri.