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Pro
- Direzione artistica e visiva eccezionale
- Concept originale e affascinante
- Narrazione ambientale gradevole
- Atmosfera malinconica e coinvolgente
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Contro
- Sistema di telecamere spesso frustrante
- Controlli a tratti legnosi e imprecisi
- Bloccato a 30 fps
- Puzzle molto semplici
Il verdetto di Tom's Hardware
Dopo averci regalato un grandissimo gioco come Psychonauts 2, il ritorno di Double Fine Productions era atteso con trepidazione da parte di tutti noi. Proprio per questo motivo, l'annuncio di Keeper, un puzzle adventure apparentemente minore, ci ha completamente spiazzati.
Nonostante questo, sarebbe un grave errore sottovalutarlo. Non siamo di fronte al nuovo kolossal firmato da Tim Schafer (quello, ci è stato assicurato, arriverà più avanti) ma a un'opera più raccolta, nata dalla visione di un team interno guidato da Lee Petty (già art director di Brütal Legend).
Keeper è un'esperienza peculiare, un viaggio di circa quattro ore che, pur non lasciando grandi solchi nella nostra testa, riesce a lasciare un'impronta importante grazie alla sua originalità e a una direzione artistica mozzafiato.
Una fiaba silenziosa
L'incipit di Keeper è molto affascinante: impersoniamo un faro. Sì, avete letto bene, un faro semovente, dotato di quattro zampe metalliche che ricordano i movimenti di un ragno. Il nostro viaggio inizia quando un piccolo uccello di nome Ramoscello, si posa su di noi per sfuggire a una tempesta di malvagità. Da quel momento, i due diventano compagni inseparabili in un mondo che sta lentamente sprofondando nell'oscurità. Il nostro compito sarà avanzare, farci strada con la nostra luce e cercare di capire cosa stia accadendo a questa terra desolata.
La narrazione è uno degli aspetti più unici della produzione: è interamente ambientale e silenziosa. Non ci sono dialoghi, né linee di testo a spiegare gli eventi. Tutto viene comunicato attraverso le immagini, i suoni e le atmosfere cupe e malinconiche. In modo ancora più implicito di un qualunque Souls-like, Keeper affida al giocatore il compito di interpretare il mondo che lo circonda, sfruttando un sistema simile a quanto visto, per esempio, nei giochi di Giant Squid.
La trovata più interessante, però, risiede nell'utilizzo degli obiettivi sbloccabili. Invece di essere semplici trofei legati al progresso, gli obiettivi di Keeper sono connessi a specifici collezionabili nascosti e, una volta sbloccati, la loro descrizione rivela frammenti della lore del mondo di gioco. Un modo che abbiamo trovato incredibilmente originale per costruire una mitologia che altrimenti rimarrebbe completamente celata, spingendoci a "esplorare" di più il percorso che ci il gioco ci pone davanti.
Una meraviglia da ammirare, ma da giocare?
Se c'è un aspetto in cui Keeper eccelle in maniera incontestabile, è il comparto artistico e visivo. Double Fine ci aveva già abituati a uno stile unico con Psychonauts 2, ma qui il team si è superato. Sfruttando l'Unreal Engine, il gioco mette in scena una quantità enorme di ambientazioni variegate e mozzafiato. Ogni scorcio è una cartolina, un dipinto digitale che, specialmente su uno schermo OLED, esplode in un tripudio di contrasti tra la luce del nostro faro e le tenebre circostanti.
Il lavoro certosino sulla direzione artistica è evidente in ogni dettaglio, dalle rovine di antiche civiltà a foreste bioluminescenti. Questa meraviglia visiva è accompagnata da una colonna sonora perfettamente integrata, che sottolinea con delicatezza ogni momento del viaggio, amplificando il senso di solitudine, scoperta e meraviglia. Dal punto di vista estetico, Keeper è un'opera di rara bellezza.
Purtroppo, a tanta magnificenza artistica non corrisponde un'altrettanta pulizia tecnica e di gameplay. Il più grande difetto di Keeper risiede nel suo sistema di telecamere. Il gioco alterna inquadrature fisse, pensate per valorizzare i panorami più spettacolari, a telecamere dinamiche che seguono il giocatore. Queste ultime, però, si rivelano spesso irritanti, perdendosi dietro gli ostacoli o incastrandosi in angolazioni scomode che rendono frustrante la navigazione.
A questo si aggiunge un sistema di controllo funzionale ma legnoso. Con lo stick sinistro si muove il faro, mentre con il destro si orienta il fascio di luce. Il movimento del nostro protagonista è volutamente pesante, ma questa caratteristica, unita a una telecamera imprecisa e a un frame rate bloccato a 30 fps (senza modalità performance), rende alcuni passaggi più macchinosi del necessario. Il gioco è essenzialmente un percorso lineare, ma anche nei pochi spazi più aperti, muoversi può diventare un piccolo combattimento contro i controlli.
Puzzle di luce
Sul fronte del gameplay, Keeper è un puzzle adventure molto intuitivo. Per la maggior parte del tempo cammineremo ed esploreremo, ma il percorso sarà costellato di enigmi ambientali. Si tratta di puzzle semplici, basati quasi interamente sull'uso della nostra luce per attivare meccanismi o aprire passaggi. Non aspettatevi sfide complesse: il loro scopo è più quello di variare il ritmo che di mettere alla prova l'ingegno del giocatore. L'avventura, tuttavia, riserva più di una sorpresa, introducendo meccaniche inaspettate che eviteremo di svelare per non rovinare il gusto della scoperta a tutti coloro che decideranno di dargli una possibilità.
E a proposito di questo... Keeper è anche il perfetto manifesto del valore di servizi come l'Xbox Game Pass. È un titolo creativo, coraggioso e fuori dagli schemi che, probabilmente, non avrebbe mai trovato spazio nel mercato odierno dominato dai blockbuster. Come già accaduto per perle come Pentiment o Grounded, il Game Pass si conferma un ecosistema ideale per far fiorire esperienze diverse, capaci di arricchire il catalogo con quella varietà di cui l'industria ha disperatamente bisogno.