Hideo Kojima e il marketing: creare valore attraverso l'hype

Una serie di riflessioni su come, nel corso della sua carriera, Hideo Kojima sia stato in grado di promuovere il proprio lavoro attraverso la sua immagine.

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a cura di Michele Pintaudi

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Il mondo dei videogiochi è in grado, oggi, di dare ad ogni appassionato il prodotto perfetto per le proprie esigenze. Tutti, nessuno escluso, possono infatti contare su un’ampia gamma di titoli e supporti pensati per soddisfare anche gli interessi più particolari: ce n’è davvero per tutti insomma, da chi ama testare le proprie abilità con un alto livello di sfida, fino a chi gioca per il semplice gusto di godersi un passatempo. All’interno di questa grande, grandissima pluralità di scelta è perciò molto importante distinguersi, magari spingendo l’utenza verso qualcosa di ancor più singolare e studiato rispetto a ciò che appare sul mercato. Hideo Kojima, non soltanto in tal senso, è un vero e proprio maestro.

Ciò che vogliamo fare oggi non è ripercorrere la storia di uno dei più grandi autori della storia dei videogiochi, ma analizzare la sua figura in relazione ad uno degli aspetti centrali di ogni industria: il marketing. Indipendentemente dalla natura di un prodotto, è fondamentale che esso risulti di interesse per un pubblico di riferimento: la qualità, insomma, non è la sola cosa necessaria.

Kojima e il marketing

Lo spunto per questo articolo arriva, come immaginabile, a seguito degli ultimi aggiornamenti dalla Gamescom di Colonia: evento che, con tutta una serie di novità sul mondo dei videogiochi e non solo, sta catalizzando l’attenzione degli appassionati e degli addetti ai lavori di tutto il mondo. Kojima c’era, lo sappiamo tutti: era l’ospite più atteso, forse il principale motivo della presenza di molte delle persone presenti alla fiera. Perché?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un passo indietro fino al 14 giugno 2016 quando, sul palco dell’E3 di Los Angeles, il creatore di Metal Gear Solid ha annunciato in via ufficiale il nome del suo ultimo progetto: Death Stranding. Con la proiezione di un breve teaser trailer che non lasciava trasparire altro che la presenza di Norman Reedus all’interno del gioco e poco, pochissimo altro, Hideo Kojima era riuscito a uscire trionfatore dalla kermesse americana.

Come? Semplicemente mostrandosi al pubblico con la semplice ma già iconica frase “I’m back.”, accompagnata da una standing ovation tra le più indimenticabili nella storia della manifestazione. Ai Game Awards 2016 venne mostrato un nuovo trailer, che introduce i personaggi interpretati dal regista Premio Oscar Guillermo Del Toro e dall’attore danese Mads Mikkelsen. E poi il silenzio, quasi totale, per un anno.

La successiva edizione dei TGA fu l’occasione per pubblicare il terzo trailer, seguito da un ulteriore filmato risalente all’E3 2018 che rivelò la presenza delle attrici Lea Seydoux e Lindsay Wagner all’interno di Death Stranding. Un video pubblicato durante una misteriosa diretta streaming su Twitch - con l'enorme utenza in visibilio - ha poi rincarato la dose, mentre pochi giorni fa è infine arrivato un trailer accompagnato da frammenti di gameplay, dove Kojima ha ancora una volta concentrato su di sé l’attenzione delle migliaia di spettatori sparsi in tutto il mondo.

Questi, a grandissime linee, sono stati i momenti salienti della campagna di comunicazione che ha accompagnato il pubblico verso uno dei titoli più attesi di questa generazione, in attesa delle ultime informazioni che verranno diramate nel corso del Tokyo Game Show (che si terrà dal 12 al 15 settembre).

Una campagna, come evidente, tesa a rilasciare un quantitativo minimo di informazioni rispetto all’enormità che sarà rappresentata dal prodotto finale. In questa strategia, intramezzata da lunghe pause tese a concentrarsi sullo sviluppo del titolo, si è dunque giocato in maniera molto marcata sulle aspettative che i fan hanno iniziato a costruirsi sin dal primissimo teaser trailer.

Di Death Stranding infatti non sappiamo ancora molto, e il poco che sappiamo può essere arricchito soltanto da ipotesi e dalle diverse chiavi di lettura che ognuno di noi può proporre: questo è il gioco di Kojima che è riuscito, aggiungendo un tassello alla volta, a costruire un mosaico ancora incompleto ma che tutti non vedono l’ora di ammirare nella sua completezza.

Tutto il valore, l’attesa e le aspettative che si sono costruiti intorno a Death Stranding sono basati, a conti fatti, su un forte alone di mistero che vedrà (forse) soluzione con l’uscita del gioco il prossimo 8 novembre. Hideo Kojima ha, di fatto, valorizzato il proprio lavoro grazie all’hype. Chapeau.

I vari dibattiti sui forum a tema videoludico, gli innumerevoli video di teorie pubblicati su YouTube così come anche articoli condivisi dalla stampa specializzata sono stati, perciò, strumenti della campagna marketing di Kojima Productions: il continuo diffondersi di informazioni su Death Stranding ha fatto sì che il gioco venisse considerato da molti un capolavoro ancor prima della propria uscita. Il passo più grande è stato compiuto insomma, ora sta a Kojima e al suo team confermare di aver dato vita a uno dei titoli più importanti della storia dei videogiochi. A livello mediatico possiamo dire senza esitazioni che Death Stranding lo è già, e l’interesse suscitato dall’ultimo esclusivo trailer ne è l’ennesima prova.

Kojima è il marketing

Già con la saga di Metal Gear Solid Hideo Kojima ha giocato più e più volte sulle aspettative dei fan, creando un grande senso di attesa capace da solo di “vendere” alcune delle migliori esperienze videoludiche mai prodotte. Ciò a cui abbiamo assistito con Death Stranding non è dunque nulla di nuovo, ma la diffusione sempre più importante di internet e dei social network hanno reso il tutto un fenomeno più grande di quel che ci si poteva aspettare anche soltanto dieci anni fa.

Peculiare è da sempre il modo con cui talvolta l’autore nipponico va a creare il valore che caratterizza i suoi prodotti, trattandoli spesso quasi come se non avesse intenzione di farli prendere sul serio. Ultimo esempio in questione è il filmato mostrato in quel di Colonia, dove dei pochi minuti di video mostrati Kojima ha deciso di dedicarne una buona parte per mostrare il protagonista intento… Ad urinare.

Conoscendo il personaggio, è pressoché immediato il paragone con Johnny Sasaki della saga di Metal Gear il quale, come molti ricorderanno, viene introdotto in maniera scherzosa sin dal primo capitolo della serie. Quasi come se Kojima ci stesse dicendo che, anche al netto della complessità dei temi trattati, si è sempre e comunque trattato di un videogioco.

Altro medium molto utilizzato in questa fase di promozione sono stati i social, che Kojima aggiorna in maniera quasi compulsiva con una frequenza che va dai tre ai dieci post al giorno. Immagini di gioco, fotografie scattate durante un viaggio, artwork apparentemente senza significato… Tutti contenuti che i fan più affezionati tendono a voler immediatamente interpretare secondo differenti chiavi di lettura. Ci ricolleghiamo dunque al discorso già citato in precedenza: i fan sono uno strumento di marketing, che abbiamo visto funzionare molto bene.

Anche la più piccola informazione relativa a un progetto come Death Stranding è stata in grado, in questi tre anni trascorsi dal giorno dell’annuncio, di produrre un quantitativo enorme di discussioni su forum e siti web di tutto il mondo. Ecco dunque spiegato il titolo di questo paragrafo: Kojima è il marketing.

Il successo pressoché già scritto di Death Stranding è dovuto infatti alla sua immagine, costruita in anni e anni di lavoro nei quali è riuscito ad affermarsi come uno dei game designer di spicco dell’intera industria del videogioco. Sfruttare la propria immagine mettendoci la faccia è, a conti fatti, una strategia di marketing che ha pagato e pagherà sempre in futuro: la semplice dicitura “A Hideo Kojima game” sulla cover di un videogioco sarà sempre in grado di catturare l’interesse di chi ama questo media e tutto quel che rappresenta.

Può piacere o non piacere dunque, ma Hideo Kojima ha di fatto rivoluzionato il modo di comunicare all’interno di un’industria troppo spesso statica come quella videoludica. La convinzione di quanto la sua ultima fatica sarà l’ennesimo capolavoro è figlia di quanto, in tutti questi anni, ci ha abituati a “non sbagliare un colpo”. Appuntamento al prossimo 8 novembre per scoprire finalmente, nella sua interezza, una delle pagine più importanti della storia dell’intrattenimento.

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