Live A Live sbarca su Playstation e PC | Recensione

La recensione delle versioni Steam e Playstation 4 e Playstation 5 di Live A Live, peculiare JRPG uscito nel 1994 solo in Giappone

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a cura di Andrea Baiano Svizzero

L'industria dei videogiochi non tiene particolarmente al suo passato, se non quando c'è l'opportunità per monetizzarlo. Non è chiaramente una frase applicabile in senso assoluto, ma è chiaro che le operazioni di restauro i ripubblicazione sono spesso figlie di logiche commerciali, di una nostalgia forzata a cui anche i giocatori cedono con grande facilità. A mancare è spesso la volontà di guardare al passato con piglio storico, con la volontà di recuperare alcuni titoli importanti per il genere a cui appartengono, o banalmente per una questione di pura preservazione. Live a Live rientra in questa categoria, rappresentando un recupero importantissimo da parte di Square Enix, che si affaccia al 1994 e ad uno dei suoi titoli più particolari e bizzarri.

Pubblicato nel 1994 su Super Nintendo, solo in Giappone, Live a Live appare nel curriculum di vere e proprie leggende dello sviluppo nipponico. Tra i suoi creatori c'è Takashi Tokita, game designer che ha firmato titoli del calibro di Chrono Trigger, Final Fantasy IV e Parasite Eve.

Alla colonna sonora abbiamo invece Yoko Shimomura, senza dubbio la compositrice più nota nel settore. Dopo essere arrivato su Nintendo Switch lo scorso anno, il remake HD-2D di Live a Live sbarca su Playstation e Steam. Un'occasione ulteriore per scoprire questo peculiare jrpg. Nell'affrontare la scrittura di questo articolo, mi sono chiesto: perché farlo, esattamente?

Perché giocare Live A Live

Il valore di Live a Live però, non sta solamente nel team che lo ha creato. Quanto più per ciò che rappresenta nel gioco di ruolo giapponese. Proprio come Earthbound o Moon, offre un'esperienza di ruolo davvero peculiare. Insieme ai titoli sopracitati, è un po' uno degli esponenti dei "weird rpg", una sorta di sottobosco dove si gioca con i cliché del genere, con le sue strutture e con una serie di elementi caratterizzanti. Insomma, è importante perché offre un inusuale approccio alla narrazione, offrendo ben otto protagonisti sparsi per diverse ere.

Ben prima di Octopath Traveler, Live a Live sceglieva la strada della narrativa decentralizzata, un elemento che è stato recentemente affrontato sulle pagine di Game Division. In sostanza, ogni personaggio di Live a Live ha una sua storia, autoconclusiva, che si sviluppa nella sua era di appartenenza. Abbiamo il capitolo dedicato alla Preistoria, alla Cina imperiale o a un futuro più distante e futuristico.

Tutti questi racconti sono collegati da un elemento comune, che li porterà poi ad un punto di contatto nelle fasi più avanzate dell'avventura. Nello scegliere questo approccio, Live a Live decostruisce la struttura del gioco di ruolo e la mette al servizio delle sue peculiari narrazioni.

Vi faccio un esempio: il capitolo dedicato alla preistoria, ci mette nei panni del giovane cavernicolo Pogo e del suo amico gorilla. In questo capitolo non vi è alcun dialogo, ma solo le onomatopee o i vocalizzi dei vari cavernicoli posti sul nostro cammino. Questa non è l'unica peculiarità, poiché l'unico modo per interagire con l'ambiente circostante sarà attraverso gli odori percepiti da Pogo, che ci indicheranno la via da seguire.

Per restare fedeli al paleolitico, l'equipaggiamento dovrà essere costruito combinando i vari oggetti ottenuti in giro. Scordatevi negozianti o taverne, del resto nella Preistoria erano tempi più semplici. L'unica costante sembra essere la grande importanza del genere femminile. Se Dante scriveva "l'amor che move il sole e l'altre stelle" nel suo Paradiso, nella preistoria in pixel di Live a Live l'amore ha mosso intere tribù.

Come vedete, in questo piccolo scorcio, si comprende la grande unicità dell'esperienza offerta. Il gioco Square Enix potrebbe essere definito una grande gimmick, poiché spesso (ma non sempre) a contare non sono i classici elementi gdr, siano essi i livelli, l'equipaggiamento o le abilità, ma la capacità del giocatore di sfruttare gli elementi di gameplay contraddistintivi di ogni personaggio e storia. 

Chiaro, non manca del classico grinding o la corsa al migliore equipaggiamento possibile, ma sono elementi secondari rispetto a tanti altri esponenti del genere. Live a Live chiede al giocatore di stare alle sue regole, e di comprendere le peculiarità dei singoli personaggi. In un vero e proprio atto di fede, che viene ricompensato da un'originalità senza precedenti, e da situazione sempre differenti e uniche.

Sarete un pistolero, un maestro di kung-fu sulla via del tramonto o di un bizzarro robot rotondo. Pur essendo del 1994, questa struttura di gioco riesce a stupire e divertire, sovvertendo dei canoni che negli ultimi vent'anni solo in pochi hanno provato (e sono riusciti) a scardinare.

Un remake di pregio

Dopo avervi raccontato perché giocarlo, è tempo di dirvi come. Non stupitevi però se la risposta vi sembrerà più lineare del previsto. Del resto, il titolo Square Enix viene dai ruggenti anni '90, e già lì si poneva come un'esperienza che affidava tutto all'unicità della sua struttura, più che alla complessità o profondità del suo gameplay.

Il sistema di combattimento sfrutta infatti una griglia, in cui ci si muove attendendo il proprio turno. Quest'ultimo viene stabilito dalla velocità del personaggio nel riempire la barra dedicata all'azione. Ogni movimento sulla griglia farà scorrere il tempo, anche per i nemici, costringendo il giocatore a valutare con accortezza ogni singola mossa.

Il posizionamento è quindi parte fondamentale del sistema di combattimento, basato in toto sulle abilità dei personaggi. Non vi sono attacchi normali o magie di sorta, ma abilità uniche legate ai personaggi e alla loro natura. Il buon cavernicolo Pogo avrà attacchi fisici basati sul lancio di pietre o su poderose flatulenze intestinali, mentre il pistolero Kid prediligerà attacchi dalla distanza, basati sulla traiettoria dei proiettili.

Ogni personaggio ha quindi delle sue peculiarità, e uno stile di gioco a cui il giocatore dovrà adattarsi, ma il gameplay non va molto oltre. Come vi dicevo, è un'esperienza che si focalizza sulle specificità dei suoi personaggi, più che sulla complessità dei sistemi. Nonostante ciò, non manca una buona dose di sfida. Bisogna capire come affrontare al meglio ogni capitolo, e questo remake viene (in parte) in aiuto.

È infatti presente un radar per indicarci il prossimo obbiettivo sulla mappa, o le aree non ancora esplorate. Peccato che le aggiunte di quality of life si fermino qui. L'esperienza avrebbe sicuramente giovato da una velocizzazione degli scontri, o di una maggiore chiarezza di alcune delle sue interazioni più oscure. Insomma, per restare fedeli all'epoca da cui proviene, armatevi di una buona guida se intendete completarlo al 100%.

Il miglioramento più grande è senza dubbio quello tecnico. L'HD-2D è anche qui meraviglioso, con alcune soluzioni registiche particolarmente ispirate e inaspettate. La ricostruzione è eccellente, supportata da un doppiaggio di ottimo livello e da un ri-arrangiamento della colonna sonora eccezionale. Alcuni dei brani composti da Yoko Shimomura sono semplicemente iconici, e risentirli con questa potenza e pulizia è sinceramente emozionante. "Megalomania" non è invecchiata di un giorno, e non stupisce che il buon Toby Fox si sia ispirato ad essa per il suo Undertale.