Live A Live, la nuova vita di un cult atipico | Recensione

Live A Live per Nintendo Switch è un remake strutturalmente fedele e visivamente appagante di una delle perle più rare del panorama JRPG dell’era dei 16-bit.

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a cura di Marco Patrizi

Editor

L’industria videoludica non sarà perfetta, ma nonostante le critiche (spesso malriposte) spesso ci si dimentica che nei tanto incensati “bei tempi” degli anni ‘90 il mercato era molto più instabile e poco paritario per i giocatori. Erano tempi in cui non era affatto scontato poter mettere le mani su qualsiasi videogioco prodotto, tempi in cui persino titoli importanti come Chrono Trigger o Super Mario RPG rimanevano fuori dalla portata dei giocatori europei.

A causa di questa discontinuità nella localizzazione, ci siamo persi piccole perle come Bahamut Lagoon, Mother 3, Front Mission 2, Shin Megami Tensei if… Validi titoli perduti nel tempo, rimasti all’interno dei confini del Giappone e accessibili ai giocatori occidentali solo tramite emulazione e patch fan-made. Live A Live rientra precisamente in questa categoria, ma grazie a questo remake in HD-2D è finalmente pronto essere riscoperto dagli appassionati dei JRPG con un appetito per qualcosa di diverso.

Eclettismo ruolistico

La particolarità di Live A Live parte dal suo team di sviluppo. Il gioco è nato sotto la direzione di Takashi Tokita, personaggio magari poco conosciuto ma che in realtà può vantare di essere stato co-director di Chrono Trigger, lead game designer e sceneggiatore di Final Fantasy IV, nonché director di Parasite Eve. Live A Live è stato anche il primo gioco di ruolo per cui Yoko Shimomura ha lavorato alla colonna sonora, proprio in quella fase ascendente della sua carriera che l’avrebbe proiettata nell’olimpo dei compositori.

Quando uscì, il titolo Square si distinse per essere uno dei JRPG più ambiziosi e atipici del suo tempo. In un periodo storico in cui andavano consolidandosi grandi epopee sempre più articolate e longeve, Live A Live si presentava invece come un titolo dalla struttura antologica.

Sono disponibili otto protagonisti, ognuno collocato in un’epoca storica diversa (e addirittura disegnati da un diverso artista), che devono affrontare singolarmente una propria avventura personale, in solitaria o affiancati da altri personaggi. Solo una volta che verranno completate tutte sarà rivelato come si intrecceranno in una storia comune.

I personaggi e le loro epoche, tuttavia, non sono le uniche cose che distinguono le varie sotto-trame. Per ciascuna di esse il gioco adotta uno stile narrativo e un approccio al gameplay completamente diversi. Il capitolo ambientato nell’antica Cina, ad esempio, mette in scena una tipica storia wuxia e dà grande spazio ai combattimenti in una struttura JRPG discretamente classica. Quello ambientato nel selvaggio West, invece, vuole palesemente emulare le atmosfere cinematografiche western, a cominciare dal protagonista taciturno e i lunghi silenzi tra le battute, ed è strutturato piuttosto come una corsa contro il tempo per trovare oggetti ed elaborare una mega trappola per dei banditi. Del tutto diversa è invece la missione del ninja Oboromaru, che dovrà intrufolarsi nel labirintico castello di un malvagio daimyo, con la possibilità di evitare gli scontri tramite un approccio stealth.

Come avrete cominciato a intuire, il gioco è manifestamente impregnato di ispirazioni e i riferimenti alla cultura pop. Il capitolo di Masaru Takahara ambientato nel tempo presente è platealmente ispirato ai classici picchiaduro come Street Fighter II, tant’è che esclude qualsiasi tipo di esplorazione e si focalizza totalmente sui combattimenti contro diversi campioni di arti marziali in giro per il mondo. L’avventura del futuro prossimo con protagonista Akira Tadokoro pesca invece a piene mani dai giapponesissimi robot anime, facendo il verso ai loro cliché al punto da sconfinare volutamente nella parodia. Di tutt’altro tono è invece il capitolo del robot Cubo, ambientato in una nave spaziale del lontano futuro, che propone un’avventura carica di tensione che sfoggia apertamente ispirazione da classici della fantascienza come Alien e 2001: Odissea nello spazio.

Quello che spiazza piacevolmente di Live A Live è che per ogni avventura è percepibile davvero un mood unico e diverso dagli altri, sia per lo stile narrativo che per la direzione e il ritmo del gameplay. Ogni capitolo ha differenti personaggi, meccaniche ed elementi di lore apparentemente indipendenti, che nelle fasi finali culmineranno in una storia comune. Peraltro in alcune occasioni sarà possibile fare delle scelte che aggiungono un pizzico di varietà e rigiocabilità all’insieme.

Va da sé che per un gioco costruito apertamente su determinati stereotipi della cultura pop, che non di rado scade persino nel cheesy, è difficile aspettarsi una grande originalità di trame o spessore dei personaggi. Non aspettatevi dunque un’opera profonda ed epica, anche se il suo capitolo finale è invero piuttosto intenso. Considerate Live A Live un perfetto divertissement se volete riprendervi mentalmente dopo aver portato a termine un lungo gioco dalla trama particolarmente articolata.

Old school con un pizzico di tattica

Nella sua opera di remake Square Enix ha deciso di non stravolgere il gioco originale per renderlo più appetibile ai palati moderni, quindi tenete presente che nella sua sostanza stiamo parlando comunque di un JRPG uscito nel 1994. Detto ciò, Live A Live esibisce comunque un battle system davvero originale per il suo genere. I combattimenti si svolgono in arene suddivise in caselle, un po’ come per gli RPG tattici, ed è possibile spostare le proprie unità all’interno di queste “scacchiere” in modo da assicurarsi una posizione vantaggiosa per attaccare. Le tecniche dei personaggi hanno infatti una determinata portata, quindi il posizionamento è essenziale per ottenere la vittoria, anche considerando che alcune abilità possono infliggere dei malus al terreno (avvelenamento, ustione ecc.).

Le battaglie richiedono dunque un’occhio tattico, ma non sono mai eccessivamente complesse o difficili, quindi se non siete degli amanti degli RPG tattici non lasciatevi intimorire.

Live A Live dimostra tutta la sua natura old school nell’essere un gioco che non prende per mano il giocatore, lasciando che invece esplori e trovi da solo il modo di procedere nell’avventura, che sia dirigersi in un particolare luogo o parlare con la giusta persona. Considerando la vaghezza di alcuni obbiettivi, e la potenziale frustrazione nel girovagare in lungo e in largo per capire cosa fare per proseguire, Square Enix ha pensato bene di introdurre un piccolo radar che mostra la prossima meta per andare avanti nella storia principale. Una feature semplice ma gradita per evitare di perdere tempo e pazienza; se siete dei puristi, tuttavia, è sempre possibile disattivarla.

Sappiate comunque che il radar non vi sarà d’aiuto per scovare i numerosi segreti nascosti nei vari capitoli. Se vorrete spolpare il gioco in ogni sua parte vi consigliamo dunque di munirvi di grande stoicismo… o di una buona guida strategica.

Nuova vita

L’opera di ristrutturazione grafica di questo remake è davvero impressionante. L’utilizzo dell’Unreal Engine 4 nello stile HD-2D, già ampiamente apprezzato per Octopath Traveler e Triangle Strategy, si è rivelato semplicemente perfetto per ricreare questo classico dell’era 16-bit. La pixel art di Live A Live rinasce davvero grazie ai colori vibranti e l’effetto di profondità di campo e messa a fuoco alternata che contribuisce a dare un rinnovato senso di vastità per gli ambienti. Impressionanti anche gli effetti speciali che contribuiscono alla vivacità dei combattimenti.

Se proprio volessimo fare le pulci potremmo dire che il colpo d’occhio non è spettacolare quanto Octopath Traveler, ma per il semplice fatto che quest’ultimo è nato per sfruttare al meglio l’HD-2D, mentre il remake di Live A Live deve adattarsi alla “matrice” di un gioco di 28 anni fa.

A contribuire a questa impressionante operazione di restauro grafico si aggiungono i nuovi artwork di Naoki Ikushima, artista che abbiamo già apprezzato per i suoi lavori per Octopath Traveler, Bravely Default II e Triangle Strategy.

All’opera di svecchiamento contribuisce sicuramente la colonna sonora rimasterizzata da Yoko Shimomura in persona e i dialoghi doppiati in modo più che discreto. Gli utenti impermeabili all’inglese saranno inoltre contenti di sapere che tutto lo script è stato tradotto in italiano.