Redfall: 5 cose che non ci sono piaciute

Un nostro approfondimento su Redfall, il nuovo videogioco cooperativo di Arkane Studios in esclusiva su Xbox e PC.

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a cura di Nicholas Mercurio

Redfall, ci teniamo a dirlo, è un videogioco curioso, sviluppato da un team che non ha sicuramente bisogno di presentazioni. Quando si parla di Arkane Studios, è inevitabile tornare indietro con la mente a Dishonored e a Prey. Se il primo è stato un videogioco che in tanti hanno amato e seguito, il secondo è il più sottovalutato dell'intero parco titoli del team di sviluppo francese.

Pur offrendo un’esperienza incredibile, capace di unire le meccaniche vincenti e tipiche di Arkane, Prey è stato giudicato in maniera fin troppo negativa dalla critica, che non ha approfondito il suo game design geniale, la sua profondità e in generale quanto avesse da offrire nei suoi livelli e nella libertà d’approccio nelle intricate aree di Talos I, la stazione spaziale in cui ci siamo persi in svariate occasioni, meravigliandoci come la prima volta per quanto avesse da offrire e proporre all’intero pubblico.

Le avventure di Corvo Attano, di Emily Kaldwin e della proposta di Arkane per quanto riguarda Dishonored e la sua arte, una delle produzioni più iconiche del panorama, è ciò che l’ha resa la più fruttuosa casa sviluppatrice dell’intero medium, con una qualità da fare invidia alle concorrenti. Ci siamo persi tra le viuzze di Dunwall, tra suoi tetti e le sue ipocrisie, mentre tenevamo la lama nel fodero e nel frattempo, addentrandoci più a fondo nei suoi misteri, ci perdevamo nella visione illuminante di Harvey Smith e Ricardo Bare, i designer della prima opera dedicata alle avventure di Corvo Attano.

L’evoluzione di Arkane è stata capace di offrire opere come Prey, il suo videogioco migliore e denso di contenuti e di qualità narrativa e ludica, una dichiarazione d’amore al passato e agli antichi fasti in cui i videogiochi erano impegnativi e si doveva esplorare, studiare e leggere. Stiamo parlando di un game design unico nel suo genere, di una libertà d’approccio mai vista e di un level design folle e coraggioso. È questo ciò che ricordiamo maggiormente dell’opera del team francese, che è stato in grado, ancora una volta, di proporre un’avventura memorabile e visionaria, come avevano fatto System Shock e Bioshock.

Cosa c’entrano, però, Prey e Dishonored con Redfall, la nuova produzione di Arkane, presentata con un ampio trailer all’ultimo Xbox & Bethesda Showcase di qualche giorno fa? Intanto, quando parliamo di Arkane e pensiamo alle produzioni che abbiamo accennato, è inevitabile porsi delle domande sulla costruzione di questo videogioco, perché se da una parte siamo sicuri sulla sua solidità sia una sicurezza, dall’altra temiamo che Redfall sia una produzione molto rischiosa per il team francese.

1) Uno stile diverso e mai sperimentato prima da Arkane: il rischio di allontanarsi dalla propria anima

Redfall, a differenza delle altre opere di Arkane, è uno shooter in prima persona cooperativo a mondo aperto. A mondo aperto, già, qualcosa che non pensavamo potesse mai accadere in un videogioco di Arkane, abituato a produzioni diverse e curate in maniera totalmente opposti. Arkane, da sempre, ha scelto un approccio ai suoi videogiochi diverso rispetto agli altri: mentre l’industria andava da una parte, i francesi ne percorrevano un’altra, rimanendo fedeli alle loro scelte stilistiche e lavorando per far conoscere la loro autorialità all’intero panorama.

Il grosso pericolo con Redfall, che è lontano da quanto mai fatto prima dai creatori di Prey, è che la visione complessiva, conosciuta e apprezzata da tutti, possa venire meno per inseguire un modello di videogioco con troppe incognite e punti di domanda. Sia chiaro, è un bene che uno studio cerchi di miscelare le carte in tavola e segua altri percorsi, cercando nuovi stimoli nel suo lato produttivo. Tuttavia, un mondo aperto sviluppato da Arkane potrebbe confezionare un prodotto imperfetto e poco curato. C’è il pericolo che Redfall possa essere limitato dal punto di vista qualitativo ma ricoperti di contenuti come accade con i videogiochi Ubisoft, nello specifico con Assassin’s Creed: Valhalla.

E poi, chi si aspettava un open world da Arkane? È una scelta di stile lontana anni luce del team e quindi pericolosa, ancorata a un approccio che va per la maggiore in un bacino di mercato che non ammette videogiochi diversi e con un taglio stilistico atipico e originale. Tutto dipenderà, come è ovvio, dal modo in cui verrà implementato il mondo aperto: che attività ci saranno? Come verrà strutturato l’approccio e in generale come verranno gestiti i tempi e il ritmo tipici di un open world? Sono domande lecite da porsi, se osserviamo il trailer nel suo complesso, con premesse comunque interessanti se osservate con un occhio più distante.

Se là fuori il mondo pretende che uno studio di sviluppo offra delle novità e si evolva, non è detto che questo sia giusto per tutte le case sviluppatrici, e magari non è quello di cui il team francese ha bisogno. Oggigiorno servono produzioni che sappiano raccontare una storia e seguano uno scopo. Abbiamo davvero bisogno di un open world sviluppato da Arkane?

2) Che fine farà il level design di Arkane?

La costruzione di un mondo vivo e pulsante è quanto di più complesso ci sia quando parliamo dei videogiochi di Arkane Studios. Se con Prey ogni livello è stato costruito con attenzione e ciascun elemento è collocato con oculatezza e precisione, temiamo che il level design dello studio francese, ormai un marchio di fabbrica riconosciuto da tutti, possa scomparire. Potrebbe però essere sfruttato e inserito diversamente, con meno cura, e lo capiremmo, eppure sarebbe ugualmente un peccato, perché quello che rende riconoscibile Arkane è proprio il suo level design, dove un percorso secondario che non pensavamo potesse condurci altrove ci porta su un sentiero primario.

Osservando il trailer, ci siamo chiesti come potesse essere implementato nella costruzione degli ambienti e delle aree chiuse. È complesso fare dei parallelismi con Prey o Dishonored, considerando le differenze sostanziali di game design con Redfall, nonché lo stile che lo riguarderebbe. Sebbene ci siano delle sequenze in cui vengono mostrati i personaggi che esplorano delle zone chiuse, c’è qualcosa che non ci ha convinto appieno: ogni percorso è troppo lineare, impostato e non è presente quella libertà tipica che ha reso Arkane lo studio di sviluppo che è oggi.

Qual è rischio, dunque, in un’operazione simile? Intanto vedere Redfall come il videogioco meno ispirato di Arkane, con inevitabili conseguenze che non riguarderebbero soltanto la sua costruzione, ma anche il modello di gioco Arkane che conosciamo. Inoltre, l’assenza di un level design solido e convincente per ricreare un open world rischierebbe di esaurire le potenzialità di un videogioco che avrebbe parecchio da raccontare se non seguisse i classicismi di un'implementazione simile, di cui il mercato è saturo.

Analizzando il trailer gameplay mostrato durante l’evento, è infatti presente una costruzione del level design meno ispirata. Forse con altri lavori di Arkane siamo abituati fin troppo bene, ed è naturale ritrovare delle sfumature poco stimolanti in una costruzione di gioco dal potenziale che rischia di essere inespresso.

3) I vampiri non sembrano approfonditi in maniera adeguata

Già, di nuovo. Vampiri di qualunque genere, in qualunque forma, e in qualunque salsa. Uno dei pochi videogiochi ad essere riuscito a proporre una storia stimolante e interessante è Vampyr di Dontnod, ma è un videogioco ben diverso da Redfall. D’altronde proporre un concept con dei vampiri da cacciare è diverso, nonché qualcosa che funzionerebbe solo se venisse implementato in maniera più approfondita e dettagliata, andando ben oltre i classicismi che circondano la figura del vampiro nel nostro immaginario.

In tal senso, sembra che Redfall non ispiri questo genere di fiducia. Presentato come un videogioco che non si prende troppo sul serio, resta in ogni caso un’incognita pericolosa, una di quelle che vogliamo conoscere solo in un modo: con il pad in mano, la mente svuotata e la curiosità che tanto ci contraddistingue, la stessa che ci ha condotto nei meandri di Talos I a sfidare i Mimic e in Dishonored in cui abbiamo assassinato e tramortito chiunque ci parasse il cammino.

I vampiri in Redfall, al contrario di altre produzioni che li vedono come protagonisti, sembrano rappresentati come creature senz’anima, come bestie assetate di sangue. Questa è una concezione vecchia e passata, uno stereotipo che vede il vampiro come una creatura priva di scrupoli e sentimenti, quando in realtà il mondo che li circonda è ricco e sfaccettato. Libri, film e serie televisive li hanno trattati in modo differente, alle volte dando loro un’umanità come è accaduto in The Vampire Diaries.

Sono più simili a Nosferatu invece che a modelli meno aggressivi presenti in altre tipologie di videogiochi, film o libri.  Naturalmente non tutti devono essere complessi come Jonathan Reid, ma neppure essere proposti come se fossero delle creature prive di emozioni e sentimenti, e in tal senso ci colleghiamo al Dracula di Bram Stoker. La figura del vampiro, nell’immaginario popolare, è più affascinante di quel che immagiamo: Penny Dreadful, proponendo il suo conte Dracula, ha cercato di umanizzarlo, appiccicandogli addosso una personalità folle e al tempo stesso enigmatica.

Visionando il trailer di Redfall ci è sembrato che mancassero quei passi avanti fatti nel corso degli ultimi anni da parte di altri autori quando nella storia vengono inseriti degli esseri così affascinanti. Non pretendiamo che all’interno del nuovo videogioco di Arkane ci siano personaggi come Lestat e Luis di Intervista col Vampiro, ma neppure che siano trattati in maniera così superficiale e scontata. Ricollegandoci al discorso fatto sull’open world, speriamo che al suo interno vengano inseriti dei protagonisti di questa nobile razza tratteggiati e scritti con maturità. Ridurre il discorso alla sola caccia è un limite che la produzione non deve prendersi, perché significherebbe annullare il suo potenziale.

Se da una parte confidiamo in Arkane, dall’altra non nascondiamo di essere spaventati: non è da loro essere scontati, non lo è mai stato nel loro percorso e siamo sicuri che ci saranno vampiri diversi in base alle situazioni che si presenteranno. O ce lo auguriamo, perlomeno, perché il concept, se sfruttato con adeguatezza, potrebbe offrire differenti chiavi di lettura. Se però il gioco si limiterà in questo senso, correrà il rischio di essere un cooperativo come tanti altri.

4) Probabilmente Redfall è troppo estremo per i canoni di Arkane

Sin dal primo teaser trailer, Redfall ci è sembrato un gioco estremo, con personaggi che indossano degli abiti colorati e vivaci, mostrando delle acconciature diverse. Se da una parte ne siamo sorpresi, quello che ci spaventa sono le abilità e l’utilizzo delle armi. La presentazione del gameplay di gioco, che ha visto un gunplay molto classico, ha lasciato poco indizi sulle abilità dei vari protagonisti dell’avventura. Certo, ci sono attacchi devastanti, l’ausilio di un robot-drone utilissimo nei momenti concitati e molte altre aggiunte, che però sono un grosso punto di domanda.

Ci siamo abituati alle tinte dark di Dunwall, apprezzando le sue strade bagnate di sangue e i suoi tetti pieni di segreti. E ci siamo persi su Talos I, cercando di ritrovarci mentre esploravamo la sua oscurità. Redfall sembra inseguirla, eppure non riesce a farlo appieno. La cooperazione tra un giocatore e l’altro, in videogiochi del genere, potrebbe costringere Arkane a compiere delle scelte per rendere l’esperienza fruibile, fluida e senza intoppi, azzerando così ogni sua componente. Di conseguenza, pensiamo che questo potrebbe costare caro anche sulla personalizzazione dei protagonisti, anche se siamo sicuri che potrebbero esserci delle armi sbloccabili in game, un altro elemento che differisce dalla filosofia di Arkane e dal suo approccio al videogioco.

Come accennavamo prima tutto verte sulle decisioni che riguardano la struttura ludica, nonché come l’esperienza potrebbe essere trattata dal team francese. Se non altro, inserire quattro personaggi intercambiabili con stili d’attacco e difesa diversi, e con abilità ancora non definite e poco chiare, potrebbe proporre un’esperienza stiracchiata all’osso, con poche reali innovazioni. Arkane, nel suo storico, ha sempre migliorato la sua visione, ascoltando gli accorgimenti della community e migliorando i suoi videogiochi per renderli memorabili, vivi e pulsanti. Il suo scopo ha sempre messo in luce una diversa visione di insieme che si amalgamava come una ricetta perfetta, accentuando delle peculiarità vincenti.

Come accennavamo prima, però, là fuori c’è un pubblico che predilige esperienze differenti e alle volte troppo uguali le une dalle altre, con pochi guizzi e identità. Temiamo che Redfall possa essere un Back 4 Blood ancora meno ispirato, che magari prova a migliorare il contesto ma che arranca per inseguire una formula di gioco troppo diversa dalla filosofia del team che ha alle spalle.

Perché il problema è proprio questo: Arkane è uno studio di sviluppo che predilige un taglio diverso rispetto a molti altri e che propone attraverso il game design un modo opposto di scrivere i videogiochi più classico e fedele al passato ma comunque con uno sguardo al futuro. Nel complesso potrebbe anche essere interessante, ma ci sono più incognite che elementi positivi in questa operazione.

5) La paura che Redfall possa rivelarsi l’ennesimo FPS cooperativo

Originalità. È questo che ha sempre contraddistinto Arkane da altri studi di sviluppo. Non solo un mondo di raccontare le storie diverso, non soltanto un approccio più sfaccettato, non solo approcci diversi per affrontare il level design o i livelli confezionati a misura di giocatore.

Redfall potrebbe potrebbe abbracciare uno stile simile a quello già visto altrove, con quel taglio di cui abbiamo parlato prima che ricorda produzioni sfortunate e ormai già dimenticate. Il risultato, se non altro, potrebbe portarlo verso quella branca di opere che pur di implementare la cooperazione tra giocatori perdono di valore la loro reale essenza, magari a causa di un sistema di gioco non molto appagante, stancando così i giocatori più appassionati e quelli che seguono Arkane dai tempi del primo Dishonored.

Non resta, in tal senso, che porsi delle domande. Come sarà Redfall? In che modo saranno gestite le missioni? E ancora, quali approcci sceglieremo nel corso dell’esperienza, se ce ne saranno? Prima abbiamo parlato di libertà e di approccio, cercando delle risposte esaustive in un trailer che racconta molto sul nuovo videogioco di Arkane Studios. Non rimane che augurarsi sia diverso da quello che ci aspettiamo, ma è difficile restarne estasiati.

Arkane, è questa la soluzione?

La risposta è un no secco, uno di quelli che arriva direttamente dal cuore di chi vi scrive. In questo momento non serve un altro gioco cooperativo, ed è necessario che Arkane proponga opere diverse e sfaccettate e che segua, inevitabilmente, il livello qualitativo di cui siamo appassionati. Arkane non ha bisogno di relegarsi a un gioco cooperativo che attualmente si dimostra poco ispirato e scontato, non molto diverso dagli altri che sono presenti sul mercato.

C’è bisogno dello studio di sviluppo che ha creato Prey, sorprendendo tutti e delineando un nuovo modo per vivere il level design non solo come una biforcazione di percorsi e bivi che portano da una stanza all’altra, ma anche come un’esperienza viva e pura a portata di giocatore come lo sono stati Prey e Dishonored. Serve che Arkane segua il percorso che l’ha resa grande agli occhi del pubblico e famosa nel mondo, restando fedele al suo talento e alle sue innegabili potenzialità. Non serve altro.