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Soul Hackers 2, nelle profondità dell'anima | Recensione

Soul Hackers 2 si è rivelato un altro brillante esempio dell’ineffabile esperienza di Atlus nel campo dei JRPG.

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a cura di Marco Patrizi

Editor

La ritrovata fiducia di Atlus per la sua saga poliedrica Megami Tensei è davvero un’ottima prospettiva per tutti gli amanti dei JRPG. Per quasi due generazioni di console sembrava che la software house avesse intenzione di puntare quasi esclusivamente sulla fortunata serie di Persona, lasciando il resto della sua produzione in una posizione di contorno, lontano dai riflettori e dagli sforzi di budget. Il successo di Persona 5, e della sua riedizione Royal, sembra però aver restituito ad Atlus la voglia e i mezzi di ridare lustro e dignità anche alle altre serie “parenti”.

Già tempo fa vi abbiamo spiegato il rapporto tra Persona e Shin Megami Tensei, ma in realtà all’albero della famiglia MegaTen sono collegate diverse altre sotto-serie: Digital Devil Saga, Devil Survivor, Devil Summoner… Tutti filoni che condividono molto dello stesso DNA, ma che allo stesso tempo si pongono con atmosfere e identità distinte.

Il revival del resto della saga per i nuovi giocatori non poteva che partire dalla serie principale, con Shin Megami Tensei V che ne rappresenta una degna continuazione, ma anche con la remaster del memorabile SMT III: Nocturne a celebrarne il glorioso passato. Titoli più che validi, ma anche ben diversi dalle avventure dei Ladri Fantasma, e tale gap potrebbe aver straniato e scoraggiato i nuovi fan. Con Soul Hackers 2 Atlus ha creato un titolo perfetto per tendere una mano agli affezionati di Persona e accompagnarli più gradualmente alla scoperta di un mondo diverso e più ampio.

Nata per salvare il mondo

Cominciamo dal togliervi subito qualsiasi ritrosia: nonostante il numero nel titolo, Soul Hackers 2 non è un seguito diretto e può essere giocato da chiunque. Il gioco appartiene alla serie Devil Summoner, il cui ultimo capitolo a vedere la luce è stato l’enhanced port per Nintendo 3DS di Devil Summoner: Soul Hackers (originariamente uscito nel 1997 solo in Giappone), ma all’atto pratico con i precedenti capitoli ha in comune solo l’ambientazione e qualche riferimento. Tant’è che, come già fatto con Persona 5, Atlus ha scelto di escludere il “prefisso” della serie dal titolo per sottolinearne l’indipendenza.

Il gioco è ambientato in una Tokyo di un futuro non troppo lontano in cui l’avanzamento tecnologico e lo sviluppo culturale hanno raggiunto un’amara stagnazione, e dove essere un evocatore di demoni (Devil Summoner) è ormai una professione comune, per quanto non alla portata di tutti. Dall’immensa mole di informazioni digitali che alimenta la rete informatica del mondo nasce autonomamente un’intelligenza artificiale di nome Aion, una sorta di VIKI silente, indipendente, priva di scopi malevoli, dedita allo studio dell’umanità dal flusso di informazioni che vengono create e scambiate continuamente. Un giorno però, grazie alle sue capacità analitiche degli eventi in corso, Aion prevede il sopraggiungere di un’imminente apocalisse che causerà l’estinzione dell’umanità stessa.

L’intelligenza artificiale sospende dunque la propria auto-regola di non interferire nel mondo degli umani e crea due corpi biologici senzienti che fungano come suoi emissari nel mondo fisico: Ringo e Figue. La loro missione è fare quanto possibile per scongiurare la catena di eventi che porterebbero all’apocalisse prevista.

Ringo è la protagonista principale del gioco e, assieme alla “sorella” Figue, verrà coinvolta nella lotta sotterranea senza quartiere tra le due principali fazioni di evocatori di demoni: la Cerchia Fantasma (Phantom Society), che sembra essere dietro alla minaccia dell’estinzione dell’umanità, e la Yatagarasu che le si oppone con ogni mezzo necessario.

Le differenze e i punti in comune con Persona si rivelano molto presto. Il gruppo di personaggi principali viene assemblato già nelle primissime ore di gioco, dando più tempo al team di affiatarsi nel corso dell’avventura, pur mantenendo le proprie unicità e convinzioni, e soprattutto senza mai sfociare nell’abusato tema del “potere dell’amicizia che oltrepassa ogni ostacolo”. D’altro canto la trama principale ruota effettivamente attorno ai nostri personaggi, ai loro background e alle persone a loro collegate; questo rende la trama principale di Soul Hackers 2 intimamente collegata con il loro sviluppo narrativo.

In generale siamo di fronte a una storia dai toni più maturi rispetto ai vari Persona, ma che resta distante dai massimi sistemi di Shin Megami Tensei. I protagonisti sono giovani donne e uomini, non studenti liceali; la violenza e le uccisioni sono più comuni, sebbene ben lontane da una rappresentazione esplicita e sanguinolenta. Anche se i momenti cardine della trama sono pervasi da mistero e tensione, l’atmosfera generale è controbilanciata da momenti leggeri, banter e brevi siparietti di contorno tra i protagonisti.

Ci spiace solo che l’impronta cyberpunk sia a conti fatti davvero minima. Il setting è più una versione futuribile piena di neon ipersaturi e caratterizzata dalla presenza di elementi sovrannaturali che ruotano attorno ai demoni. A parte il mondo virtuale legato ad Aion e la capacità di Ringo di "hackerare le anime", però, ci sono ben pochi elementi cyberpunk veri e propri.

La trama di Soul Hackers 2 è sostenuta da un cast ben caratterizzato, ha la sua discreta dose di colpi di scena e ci porta a riflettere sulla natura dell’umanità e la sua naturale propensione alla violenza. Tuttavia ci è sembrata forse troppo legata a un’inconsistenza tipica di alcuni anime, e soprattutto nelle battute finali si perde in una certa fumosità. Nonostante non abbia il suo stesso impatto, è stato un sollievo trovare una narrazione che non si protrae per le interminabili ore di Persona 5, di cui uno dei pochi difetti era proprio la brutta abitudine di perdersi in infiniti dialoghi eccessivamente verbosi.

Questo aspetto dovrebbe essere un’ottima notizia soprattutto se non siete in vena di imbarcarvi in un altro JRPG che richieda 100 e passa ore per essere completato. Gli eventi e i dialoghi (localizzati in italiano) di Soul Hackers 2 sono molto meno annacquati e vanno più dritti al punto, permettendovi di finire l’avventura principale in molto meno tempo.

L’anello di congiunzione

È soprattutto nella struttura di gioco che si nota come Atlus abbia voluto rendere Soul Hackers 2 un titolo “ponte” tra Persona e Shin Megami Tensei. L’avanzamento nell’avventura non è scandito dal susseguirsi di giorni o alternato da attività secondarie come in Persona, ma procede in modo più tradizionale. Tuttavia è anche possibile prendersi delle pause dalla storia e lasciare che Ringo si intrattenga in chiacchierate confidenziali con uno o più membri del gruppo in scene di dialogo che contribuiscono ad aumentare il grado di affiatamento, in modo palesemente ispirato al sistema di Social Link / Confidant, ma meno intrusivo.

Le dinamiche di gioco generali seguono lo stile classico dei titoli Atlus, con dungeon da esplorare, demoni da reclutare, far crescere e fondere per ottenerne di più potenti e così via. In Soul Hackers 2 gli incontri sono semi-casuali: ogni tot numero di passi apparirà nella vostra prossimità un nemico generico che una volta toccato innescherà il combattimento. Una delle piccole ma gradite novità introdotte è che Ringo può mandare tale nemico al tappeto con un colpo della sua spada senza automaticamente iniziare il combattimento; una volta colpito, il nemico rimane stordito immobile, prima di scomparire dopo qualche secondo. Sta quindi a noi decidere se andargli incontro e affrontarlo (con la probabilità di un attacco preventivo) o semplicemente girargli al largo.

Questo semplice ma efficace sistema permette di esplorare i dungeon evitando di essere continuamente tartassati e interrotti dai nemici che li infestano, a patto ovviamente di rimanere vigili. In questo modo il giocatore è più libero di gestire il ritmo dell’esplorazione e di valutare quanta esperienza accumulare per proseguire adeguatamente nel gioco. Un sistema particolarmente utile quando ci si trova in un dungeon pieno di nemici troppo deboli da perderci tempo.

A proposito di dungeon, ci è dispiaciuto vedere che Atlus ha fatto un passo indietro rispetto ai risultati di Shin Megami Tensei V in quanto a verticalità e possibilità di esplorazione. I dungeon di Soul Hackers 2 sono fin troppo old school e blandi, sia per quanto riguarda la struttura che il riciclo di modelli grafici.

Anche nel battle system si percepisce in modo chiaro la volontà di posizionarsi a metà strada tra Persona e SMT. Nei titoli di Persona (almeno dal 3 in poi) ogni personaggio ha il suo demone personale da cui trae potere e solo il protagonista ha la capacità di cambiarlo; in SMT, invece, ad affiancare il protagonista c’è un party di demoni veri e propri, ognuno con le proprie tecniche e magie, che possiamo cambiare a seconda della necessità. Soul Hackers 2 adotta una soluzione intermedia: il team è composto da quattro personaggi fissi, ma ciascuno di essi può “equipaggiarsi” con uno qualsiasi dei demoni a nostra disposizione, dal quale trae le abilità e un’alterazione di statistiche; all’occorrenza è anche possibile cambiarlo nel corso del combattimento.

Anche se i demoni sono al centro delle dinamiche di gioco, i personaggi possono essere personalizzati equipaggiando accessori protettivi, sbloccando potenziamenti delle armi, assegnando delle speciali gemme che ne accrescono le affinità elementali eccetera.

Come da tradizione, il battle system ruota attorno all’importanza di colpire le debolezze degli avversari, e quindi a gestire il proprio party di conseguenza. Per la prima volta dopo anni è stato messo da parte il caratteristico Press Turn System a favore delle cosiddette Tregende. Quando colpiamo la debolezza di un nemico non otteniamo più un’azione aggiuntiva, ma liberiamo uno dei nostri demoni equipaggiati che va a posizionarsi alle sue spalle, pronto a scagliarsi su di lui con un attacco aggiuntivo non appena il nostro turno si conclude; più volte colpiamo delle debolezze e più demoni partecipano in una devastante combo finale, in modo del tutto reminiscente agli “All-out Attack” già visti in passato.

Le Tregende diventano particolarmente interessanti quando, proseguendo nel gioco e sbloccando determinate abilità, potremo far partecipare anche i demoni non equipaggiati, che possono eseguire azioni più disparate come aggiungere un ulteriore danno o castare buff e debuff. Questo aspetto estende l’attenzione alla costruzione del team dando maggiore importanza anche ai demoni “in panchina”.

Atlus sembra essersi sforzata di rendere Soul Hackers 2 adatto sia a chi ha piacere di esplorare tutti i suoi aspetti, investire tempo nell’approfondimento dei personaggi e perdersi in decine di subquest, sia a chi preferisce un’esperienza più classica senza infognarsi in un walkthrough diluito da elementi social sim. Come accennato, infatti, la storia principale non fa troppi giri in tondo e se si è interessati principalmente a quella è possibile terminarla in poche ore.

Per chi desidera un’esperienza più completa e accostabile a Persona, è possibile esplorare il Matrix dell’Anima, una sorta di ricostruzione virtuale del subconscio dei personaggi che accompagnano Ringo. Si tratta in pratica di tre dungeon facoltativi attraversando i quali possiamo osservare alcuni ricordi sepolti di ciascuno. Oltre ad accumulare ulteriore esperienza, materiali, demoni e nuove abilità, in questi dungeon vengono anche approfonditi i background dei co-protagonisti. Il loro proporsi come missioni facoltative, tuttavia, viene abbastanza smontato dal fatto che le abilità ottenute sono effettivamente molto utili; quindi anche il più ritroso dei giocatori si sentirà naturalmente trascinato a intraprenderle.

Il gameplay di Soul Hackers 2 è assolutamente solido e sfaccettato, senza risultare eccessivamente complesso. Che siate fedeli seguaci di MegaTen o nuovi fan freschi di Persona 5, vi troverete senz’altro piacevolmente a casa.

Precisiamo soltanto che Atlus sembra aver deciso di inclinare l’esperienza di gioco un po’ più verso il casual friendly, probabilmente sempre con l’intenzione di non intimorire i profani. Una curva di difficoltà piuttosto dolce e vari tocchi qua e là rendono Soul Hackers 2 meno punitivo rispetto alla media del macro-franchise. A difficoltà Normale abbiamo completato il gioco senza trovarci mai davvero in difficoltà, quindi se siete dei fan di lungo corso alla ricerca di una sfida significativa vi consigliamo di cominciare il gioco direttamente in modalità Difficile.

Alla luce dei neon

Il comparto visivo è probabilmente quello che ci ha lasciati più smarriti. Considerando che Soul Hackers 2 non è stato previsto per Nintendo Switch, ci saremmo aspettati un balzo tecnico considerevole, ma così non è stato. Dopo aver sperimentato l’Unreal Engine per SMT V, questa volta Atlus si è affidata a Unity, una scelta dovuta probabilmente a certi guizzi stilistici non comuni.

La Tokyo del futuro è costernata di luci, colori e abitanti dall’abbigliamento appariscente e sgargiante. I menu, in particolare quelli in-battle, sprizzano uno stile accattivante come non se ne vedevano da Persona 5, da cui Soul Hackers 2 ha chiaramente preso ispirazione.

Il character design è frutto della matita di Shirow Miwa, mangaka già conosciuto per Dogs, che ha fatto un lavoro encomiabile nel dare a ciascun personaggio un aspetto unico e carismatico. I modelli poligonali sono dettagliati e i volti sicuramente più espressivi rispetto al passato, eppure non si può certo dire che la grafica di Soul Hackers 2 sia esattamente al passo coi tempi. In particolare non abbiamo potuto fare a meno di notare diverse texture di scarsa qualità e un discreto riciclo grafico, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto dei dungeon. C’è da dire che in questo campo la serie non è mai stata maestra, anteponendo sempre la qualità del gameplay ai virtuosismi visivi e cavandosela comunque alla grande.

Su un aspetto tecnico però non ci sentiamo di soprassedere: sarebbe ora che Atlus imparasse a gestire in modo migliore la transizione tra gli ambienti di gioco. Per un titolo che richiede di uscire e rientrare nei dungeon, dover sopportare anche tre o quattro passaggi che impiegano ciascuno un caricamento di 10-12 secondi su PS5 per tornare all’ultimo punto di salvataggio risulta davvero tedioso e anacronistico.

La colonna sonora svolge discretamente il suo lavoro, anche se non è riuscita a rimanerci particolarmente impressa. Con una significativa eccezione: i boss theme sono davvero straordinari, perfetti per fomentare il mood giusto e capaci di continuare a martellare piacevolmente nelle orecchie anche dopo aver spento la console.

Per la gioia dei puristi, il gioco mette a disposizione la scelta del doppiaggio giapponese come alternativa a quello standard inglese. Entrambe le versioni sono comunque di alta qualità.

Voto Recensione di Soul Hackers 2 - PS5


8

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Buon cast di personaggi.

  • - Ritmo narrativo conciso.

  • - Impianto di gameplay solido e coinvolgente.

  • - Efficaci novità alla formula classica.

Contro

  • - Dungeon blandi.

  • - Frequenti caricamenti tediosi.

  • - Non incisivo quanto i predecessori.

Commento

Soul Hackers 2 è un ottimo titolo che affonda le radici nell’ineffabile esperienza di Atlus in campo JRPG e nella solida formula del suo franchise. La storia è coinvolgente e sostenuta da un buon cast di personaggi, mentre il gameplay può vantare di alcune interessanti novità ben riuscite. Per alcuni aspetti, però, ci saremmo aspettati un maggiore impegno da parte del team di sviluppo. Al di là dei difetti particolari, comunque non gravi, il tentativo di raggiungere un vasto appeal sembra aver impedito al titolo di ottenere un’identità forte e incisiva come le serie parenti, condannandolo a rimanere sotto la loro ombra. Tuttavia proprio grazie alla sua commistione ed equilibrio di elementi, è il titolo perfetto se provenite dall’esperienza di Persona e volete esplorare maggiormente l’universo di Megami Tensei.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Soul Hackers 2 - PS5