Un tuffo nel passato

Recensione di Splatterhouse, il remake del celebre gioco arcade dalle tinte rosso sangue.

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a cura di Tom's Hardware

Un tuffo nel passato

Splatterhouse si discosta dai suoi innumerevoli concorrenti per la quantità di sangue e interiora sparse per l'ambiente. Il minimo colpo su un demone farà sgorgare litri di emoglobina che si spargeranno per terra e sporcheranno generosamente il vostro schermo. Questo sangue è importante perché la maschera lo aspira e lo raccoglie, in modo che l'eroe possa rigenerarsi in caso di gravi attacchi subiti. Più si combatte, più si raccoglie sangue e più si hanno possibilità di uscirne sani e salvi. Logico e terribilmente rude!

Splatterhouse - Clicca per ingrandire

Al di là di qualche dettaglio del gameplay, non c'è molto da dire a proposito di Splatterhouse. Il gioco è molto lineare e la grafica d'annata ci ricorda l'esperienza di gioco sulla PS2. Si avanza, si combatte con i tre diversi tipi di mostri senza porsi domande, si aspira il sangue e si passa alla stanza successiva. Qualche passaggio in 2D – omaggio alla versione 8 e 16 bit – spezza talvolta il ritmo, senza però sconvolgere l'azione.

Splatterhouse - Clicca per ingrandire

Oltre a questi aspetti ormai famosissimi Splatterhouse non è poi scadente, seppure non si tratti certo di un titolo memorabile. L'universo sanguinante - un po' retrò e umoristico - del gioco salvano il titolo dal naufragio. I dialoghi tra Rick e la maschera sono esilaranti, i boss giganteschi sono simpatici e divertenti da affrontare e la difficoltà non manca. A tal proposito sappiate che i checkpoint sono posizionati in maniera poco logica, e capita spesso di dover tornare indietro di 10 minuti a causa di un salto nel vuoto. Che frustrazione!

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