Il destino dei videogiochi acquistati dai consumatori è finito al centro di un acceso dibattito nel parlamento britannico lunedì scorso, quando decine di deputati hanno chiesto al governo di rivedere le attuali leggi sulla tutela dei consumatori. La discussione nasce dalla campagna Stop Killing Games, un movimento che ha raccolto quasi 200.000 firme nel Regno Unito e oltre un milione in Europa, chiedendo che gli editori non possano più "distruggere" i giochi venduti ai giocatori semplicemente spegnendo i server online. Nonostante le pressioni, il governo britannico ha ribadito di non avere intenzione di modificare le normative vigenti.
Il cuore della questione riguarda un fenomeno sempre più diffuso nell'industria dei videogiochi: titoli che dipendono completamente da server online e che diventano completamente inutilizzabili quando l'editore decide di chiuderli. Tra gli esempi citati dai parlamentari figurano casi recenti come The Crew di Ubisoft, ritirato dal mercato lo scorso anno senza lasciare agli acquirenti alcuna possibilità di continuare a giocarci, oltre a Concord, MultiVersus e il prossimo Anthem di EA, destinato a subire la stessa sorte. Mark Sewards, deputato laburista per Leeds South West e Morley, ha paragonato la situazione a quella di un produttore di stampanti che inviasse deliberatamente un segnale per disabilitare permanentemente un dispositivo già acquistato, sostenendo che si tratti di "obsolescenza programmata" e non di semplice fine del supporto tecnico.
L'industria videoludica, attraverso le sue associazioni di lobbying, si è opposta fermamente alle richieste della campagna, sostenendo che implementare soluzioni per mantenere i giochi utilizzabili dopo la fine del supporto ufficiale sarebbe eccessivamente costoso e legalmente rischioso. Il governo britannico ha sostanzialmente fatto propria questa posizione. Stephanie Peacock, ministro per lo sport, il turismo e la gioventù, ha riconosciuto la validità delle preoccupazioni dei consumatori ma ha sottolineato che i videogiochi online moderni sono "servizi dinamici e interattivi, non prodotti statici" che richiedono investimenti sostanziali per anni o addirittura decenni.
Il governo ha inoltre affermato che cedere i server alla comunità di giocatori comporterebbe rischi commerciali, legali e di sicurezza. Senza moderazione ufficiale da parte delle aziende, ha spiegato Peacock, i giocatori, compresi i minori, potrebbero essere esposti a contenuti dannosi o illegali. Sul tema della proprietà dei giochi, la ministra ha sostenuto che la concessione in licenza anziché la vendita non sarebbe affatto una novità: già negli anni Ottanta, ha ricordato, strappare la confezione di una cartuccia significava accettare i termini di licenza.
Henry Tufnell, deputato per Mid and South Pembrokeshire, ha invece invitato il governo a considerare l'importanza culturale dei videogiochi quando si valutano le protezioni per i consumatori. "Se ogni copia di un libro, di un film o di una canzone venisse distrutta, la vedremmo come una tragedia culturale. Dovremmo guardare alla perdita dei videogiochi con la stessa prospettiva", ha affermato, sottolineando che la chiusura di un gioco equivale a cancellare un patrimonio culturale e artistico fondamentale per la società.
Pam Cox, deputata per Colchester, ha sostenuto che le leggi attuali non proteggono adeguatamente i consumatori: "Il movimento Stop Killing Games evidenzia la crescente frustrazione tra i giocatori che vedono scomparire i loro acquisti. È chiaro che la proprietà digitale deve essere rispettata e che gli editori dovrebbero fornire modalità per consentire ai giocatori di conservare o riparare i giochi anche quando termina il supporto ufficiale". Il caso citato con maggiore enfasi durante il dibattito è stato proprio quello di The Crew di Ubisoft, un gioco che, secondo i deputati, non aveva alcuna necessità tecnica di essere completamente disattivato. L'azienda avrebbe potuto implementare una modalità offline o consentire l'uso di server privati, scelte che avrebbero permesso agli acquirenti di continuare a utilizzare il prodotto per cui avevano pagato.
Mark Sewards ha precisato che i consumatori non chiedono che gli editori mantengano i server attivi per sempre, né che forniscano supporto tecnico indefinito. "Quello che chiediamo è abbastanza semplice: che gli editori non possano disabilitare deliberatamente ogni copia di un gioco che i consumatori hanno già acquistato, lasciandoli con niente", ha dichiarato. Il deputato ha anche citato altri titoli che hanno subito la stessa sorte, tra cui Babylon's Fall di PlatinumGames e LawBreakers del 2017 di Cliff Bleszinski, quest'ultimo descritto con una battuta come "un gioco che immagino sarebbe stato popolare tra certi membri del parlamento precedente".
Nonostante gli argomenti presentati dai parlamentari, la posizione del governo rimane ferma. Peacock ha affermato che le leggi esistenti, in particolare il Consumer Rights Act del 2015 e il Digital Markets, Competition and Consumers Act del 2024, già richiedono che le informazioni fornite ai consumatori siano chiare, corrette e trasparenti. Secondo il governo, il problema non starebbe nelle leggi ma eventualmente nella comunicazione da parte delle aziende. L'unica concessione è stata l'impegno a valutare l'opportunità di sviluppare linee guida attraverso il Chartered Trading Standards Institute per aiutare le aziende a garantire che le informazioni fornite ai consumatori riflettano accuratamente le protezioni esistenti.
Il settore dei videogiochi nel Regno Unito vale 7,6 miliardi di sterline e impiega decine di migliaia di persone, cifre che sono state ripetutamente citate durante il dibattito per sottolineare l'importanza economica dell'industria. Il governo ha ribadito il proprio sostegno al settore, menzionando un investimento di 30 milioni di sterline attraverso un pacchetto di crescita per i videogiochi. Tuttavia, questa enfasi sull'importanza economica dell'industria sembra aver pesato più delle richieste dei consumatori quando è arrivato il momento di decidere se modificare o meno la legislazione vigente.
La questione della conservazione dei videogiochi come patrimonio culturale è stata anch'essa affrontata durante il dibattito. Il governo ha riconosciuto il valore culturale dei giochi e il sostegno a iniziative promosse da istituzioni come il National Videogame Museum e il Science Museum di Londra, ma ha evitato di impegnarsi in misure concrete per garantire che i giochi rimangano accessibili dopo la fine del supporto ufficiale. La complessità tecnica della preservazione, specialmente per titoli che dipendono da hardware o software specifici, è stata citata come uno degli ostacoli principali.