Tetris, l'algoritmo delle probabilità e la Teoria dei Giochi: un mito ancora oggi irrisolvibile

Un nostro approfondimento su Tetris, la sua matematica, le teorie più famose e la bellezza e il fascino di un videogioco ancora immortale.

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a cura di Nicholas Mercurio

Blu, giallo e rosso. Sono colori primari usati spesso in varie forme d’arte per descrivere un’emozione, una sensazione o, come nel caso di Tetris, per intingere quelle pittoresche forme geometriche che hanno appassionato, meravigliato e messo in difficoltà un numero incalcolabile di allora giovani giocatori. Una storia lunga quarantuno anni che, ancora oggi, affascina e lascia sgomenti per i suoi segreti, le sue controversie e i tanti paradossi giunti a noi dai travolgenti anni ’80, un momento storico vissuto intensamente dai giovani dell’epoca, ricordato come il migliore.

Un periodo che, inoltre, ha visto la musica metal prendere il sopravvento nelle società anglo-britanniche, mentre Francesco De Gregori, nel 1985, pubblicava “Scacchi e tarocchi”, il suo nono album musicale che parlava del terrorismo in Italia degli anni ’70. Mentre Carlo Rubbia vinceva il premio Nobel per la fisica nel 1984, il 6 giugno di quell’anno, a Mosca, un matematico sovietico pubblicava Tetris, all’epoca disponibile esclusivamente in territorio russo, per poi arrivare in Occidente nel 1986.

Il nome di questo sviluppatore, ormai conosciuto ovunque, è quello di Aleksej Leodinovic Pazitnov, che al tempo lavorava per l’Accademia Sovietica delle Scienze. Iniziò a guardare in quelle strane forme chiamate tetramini un vasto mondo di possibilità tutto da scoprire. Pazitnov non aveva idea del successo che avrebbe ottenuto, né pensava che avrebbe dato origine a un fenomeno che continua a far parlare di sé a distanza di così tanto tempo. Il programmatore coinvolse l’amico Dmitry Pavlovsky e, in seguito, l’allora sedicenne Vadim Gerasimov, che divenne responsabile del design grafico, nonché colui che portò l’architettura originaria della produzione addirittura su PC nel 1986. Originariamente, Tetris fu rilasciato soltanto su Elektronica 60, un computer di fabbricazione sovietica per l’epoca estremamente prestante e con elementi hardware ben integrati.

Le controversie sullo sviluppo di Tetris, però, lasciano ancora sgomenti gli storici del videogioco, con una verità ben più oscura sulla sua realizzazione: Pazitnov, infatti, sembra aver usato il talento di Gerasimov per tanti anni. Ancora oggi, infatti, lo sviluppatore russo sembra essersi dimenticato dei due amici che coinvolse nel suo progetto, ritenendo Tetris solo frutto della sua mente, nascondendo sotto colonne di tetramini sia Gerosimov che Pavlovsky.

La storia di Tetris, però, inizia da un sogno nel sogno, in un periodo di grandi scoperte e nuove consapevolezze. Il panorama dei videogiochi, a quel tempo, era ancora dominato da Space Invaders (1978) e Pac-Man (1980), e c’erano ben poche alternative, anche se tutte quelle proposte erano ottime. L’evoluzione del medium, lento ma inesorabile per l’epoca, portò con sé nuove chiavi di lettura, che Tetris contribuì enormemente a trasmettere. Le origini di un’idea partono da lontano, tuttavia, e nessuna nasce per caso. Ma a volte le migliori idee sono proprio là dove nessuno si aspetterebbe, in attesa di essere scoperte, condivise e sostenute.

La breve ma lunga storia dei tetramini

C'era una volta Solomon W. Golomb, un abilissimo studente di Harvard, che preferiva immergersi nelle sue fantasie invece che seguire le dure lezioni nel college più prestigioso degli Stati Uniti. L’anno era il 1953, due anni prima della nascita di Pazitnov, e al tempo le innovazioni in ambito scientifico erano costanti e all’ordine del giorno. Il ragazzo, che si distraeva facilmente, elaborò varie figure che mantenevano il quadretto del tetramino come inizio.

Stabilì che ognuna delle figure doveva avere almeno un lato comune e si dovevano considerare equivalenti tutte quelle che potevano essere posizionate a proprio piacimento, nonché sovraesposte le une con le altre. I polimini (in totale sette), questo il loro nome all’anagrafe della matematica, furono solo l’inizio. Arrivò il monomino, che rappresentava il quadretto da cui aveva origine tutto quanto, e poi anche il duomino, che si può costruire con due quadretti base, il trimino con tre e i tetramini con quattro.

Pensate, ce ne fu un quinto, chiamato pentamino, che aveva ben cinque quadretti ed era considerato dallo stesso matematico il più completo e complesso da usare. Di polimini, in realtà, riuscì a ricavarne persino dodici e alcuni di essi furono usati già prima del Tetris (al suo interno ce ne sono solo sette) per altri giochi matematici molto complessi. Golomb, infatti, elaborò un gioco competitivo attraverso una scacchiera, in cui si devono costruire dei pentamini, e ognuno di essi deve combaciare proprio con i quadrati al suo interno.

I giocatori scelgono due pentamini corrispondenti e decidono in che modo posizionarli. È un gioco complesso e non perdona affatto: perde chi non riesce più a collocare alcun pentamino e a sovraesporlo ai quadrati presenti sulla scacchiera. Parlando però delle origini del Tetris, un tetramino – dal greco Tetra, cioè quattro – è dunque una figura piana legata da quattro quadrati legati fra loro che è possibile muovere a piacimento all’interno di uno spazio predefinito. La parte certamente più complessa da capire, in realtà, sono le righe invisibili tratteggiate proprio dall’inizio del gioco. La base è inizialmente vuota e va riempita passo dopo passo durante una sessione.

Ne vengono successivamente create delle altre, perché le sagome che cadono in maniera casuale vanno posizionate e incastrate, e diventano di conseguenza la nuova base di partenza. Ogni rigo completato aumenta la velocità della caduta delle colonne e con essa è richiesta la massima prontezza di riflessi del giocatore, che deve adeguarsi e pianificare il piano migliore per risolvere cosa si trova davanti. Ciascuna linea ne forma una nuova, poi un’altra e un’altra ancora, finché lo spazio non viene totalmente riempito, per poi massimizzare al massimo il risultato ottenuto (ma di questo ve ne parlo poco sotto).

Detta così sembra facile ma non lo è per niente: Tetris è un gioco di precisione, ingegno e, soprattutto, di molta riflessione. I pezzi si possono ruotare per favorire lo spazio fra una sagoma e l’altra, ruotandola e sistemandola, incastrandola e proseguendo nella scoperta. Tetris dispone di sette combinazioni differenti e ognuna è chiamata con una lettera dell’alfabeto in maniera che il giocatore non si confonda e sappia sempre cos'ha di fronte. Dopodiché, ci sono tutte le combinazioni date dai quadretti e dai lati di ciascun tetramino con almeno un lato uguale. Quando si completano ben quattro righe, come suggerisce il titolo, si forma poi il Tetris e… si massimizza il risultato.

Vi sto parlando di varie situazioni, ognuna diversa per approccio e mai uguale alla precedente, con il giocatore che deve attuare delle contromisure e risolvere il problema, incastrando le sagome sfruttando ogni elemento dello spazio ma inserendo le figure in modo consono, così da non dover ricominciare la partita senza aver guadagnato alcunché. Tornando però alle forme dei pezzi del Tetris, quando dico che alcune ricordano le lettere dell’alfabeto asserisco che i tetramini che compongono la “I” o la “L” sono gli stessi e le rappresentano in maniera fedele (ricordano le lettere che si trovavano sui libri di matematica o geometria delle superiori).

Il loro inserimento nello spazio, che può essere colorato o meno a seconda della versione del videogioco, è dunque frutto delle scelte del giocatore, e ogni conseguenza dipende da quali sono state intraprese. Secondo alcuni professori, che hanno studiato a lungo la complessità del videogioco del trio di Mosca, Tetris risulta impossibile da sconfiggere per il giocatore. Uno dei motivi certamente più noti riguarda l’algoritmo delle probabilità, uno studio lontano ma fondamentale da citare per il lavoro svolto da Blaise Pascal e Pierre de Formait.

Tutto è casuale, pure l’inevitabile

La teoria delle probabilità, che determina ancora oggi l’economia e le scienze sociali, si riferisce a eventi casuali o, come scritto in modo meno formale, a randomici e inaspettati. Anche se si hanno già delle previsioni su un determinato evento, non si sa cosa questo comporti, e dunque il ragionamento si focalizza su come affrontare il problema, risolverlo e massimizzare il risultato. Dato che ormai lo sto ripetendo in continuazione, in Tetris non si vince perché il gioco è strutturato affinché il giocatore non veda mai la fine, ma ne riconosca l’infinito in tutte le sue combinazioni. La teoria delle probabilità, adeguandosi al contesto di Tetris, si suddivide in una variabile casuale e nella distribuzione probabilistica della variabile casuale.

In parole povere, entrambe assumono dei significati differenti in base a situazioni rischiose e incerte, anche su base statistica. Considerando però che Tetris è tutto meno che un videogioco basato sulle statistiche ma sulla casualità degli eventi, la probabilità di trovarsi davanti a situazioni aleatorie è una certezza matematica. Da non confondere, come facevo io qualche giorno fa, con la filosofia delle applicazioni della probabilità.

Vi faccio un esempio: “C’è altra vita nel Cosmo?” La risposta potrebbe essere un secco “Sì” come un mellifluo “No”, ma al momento non si ha la certezza che altre forme di vita stiano giocando al loro Tetris alieno, addirittura battendolo. Il calcolo delle probabilità, dunque, avviene in modo in realtà abbastanza classico: si determinano i casi possibili, si comprendono i casi favorevoli e si calcolano successivamente sia quest’ultimi che i primi. Cosa c’entra questo con Tetris? Direi molto più di quanto qualcuno potrebbe immaginare, perché Pazitnov, Gerasimov e Pavlovsky, oltre ai tetramini, svilupparono il gioco certi che soltanto la teoria della probabilità, priva di qualsivoglia base statistica, fosse l’opzione migliore per rendere questo videogioco maggiormente complesso.

Qualcuno può già conoscere un risultato ancora prima di interfacciarsi con un problema, perché studia diverse opzioni che potrebbero capitargli. Qual è la probabilità che io, fra una settimana, vinca un miliardo di euro? Spontaneamente vi direi che non accadrà mai, ma che è possibile possa accadere. È lo stesso ragionamento che viene applicato anche nei giochi d’azzardo, perché non si ha la certezza matematica di vincere: si perdono dei soldi per arrivare a uno scopo, si ottiene ciò che si è guadagnato e poi si ricomincia da capo. Lo stesso accade con i dadi, le carte e, perché no, nelle serate al Casinò di Saint-Vincent e a Monte Carlo, tra champagne, compagnie poco raccomandabili e il croupier, stanco di mescolare le carte alla rinfusa per ore, ore e ore. Tetris, in sostanza, non prevede alcun vincitore: massimizzare il risultato, in definitiva, è l’obiettivo finale.

Chiunque, in realtà, sceglie questo approccio nella vita di tutti i giorni, anche domandandosi cos’è meglio fare per non stancarsi. Tetris insegna che la vita è fatta di compromessi e che il banco vince sempre, pure quando si pensa di aver raggiunto un risultato straordinario. Avete presente Tremotino, il personaggio creato dai Fratelli Grim? Nella fiaba, questo losco figuro è rappresentato come un uomo abietto e truce, di bassa statura e con il solo scopo di ottenere i migliori contratti da chiunque sia abbastanza folle da fare a patti con lui. Un accordo si stringe fra due parti, come viene insegnato a tutti sin da piccini. Se si conosce un minimo Tremotino, che non è certamente il migliore individuo con cui stipulare un contratto, le perdite saranno già oggettivamente inevitabili e non si potrà fare alcunché per impedirlo. Solo adeguarsi a cosa si è guadagnato, con l’amaro in bocca.

Tutte (o quasi) le versioni di Tetris, tra incertezze, paura e le classiche antipatie USA e URSS

Se in Unione Sovietica Tetris ricevette il plauso del pubblico, immaginatevi cosa accadde quando Robert Stein, importatore dell’Andromeda Software, viaggiò in Ungheria e scoprì il gioco. Attirato dal successo e dai soldi che avrebbe potuto farci, propose a Pazitnov la classica offerta impossibile da rifiutare, che il programmatore russo accettò immediatamente. Felice della notizia, Robert Stein tornò in patria con la certezza di avere già tutto in tasca, aggiudicandosi senza troppe difficoltà un accordo vantaggioso con Mirrorsoft, al tempo sotto il comando di Robert Maxwell. Non fece i conti, però, con la realtà estremamente chiusa e conservatrice dell’Unione Sovietica.

ELORG, il dipartimento russo che si occupava del mercato estero, intervenne perché non seppe alcunché degli accordi presi fra Pazitnov e Mirrorsoft, arrabbiandosi molto con Robert Stein, che non era al corrente di questo passaggio fondamentale per accaparrarsi la licenza. Il videogioco venne comunque diffuso in Occidente nella sua versione per PC, arrivando in breve tempo a solleticare le attenzioni di altri investitori, stavolta statunitensi. Al tempo, però, molti produttori e sviluppatori di videogiochi americani non erano molto inclini a collaborare nella diffusione delle produzioni sovietiche, che consideravano impossibili da replicare negli Stati Uniti per “Differenza d’opinioni e macchine non compatibili”. In realtà si riferivano in modo dispregiativo ai sistemi informatici russi, di cui però non conoscevano alcunché. Robert Stein, che dovette vendere i diritti dell’opera sia a Mirrorsoft che a Spectrum HoloByte, pensava di aver risolto tutti i suoi problemi, ma non si accorse che iniziarono proprio in quel giorno.

L’opera, infatti, aveva chiari riferimenti al folklore russo e questo poteva rappresentare una minaccia, specie a causa delle manifestazioni socialiste e comuniste ormai diffuse in ogni angolo degli Stati Uniti. Nessuno poteva permettersi un incidente del genere, soprattutto per il valore economico che l’opera rappresentava. La pubblicazione in Occidente, oltre a premiare il videogioco, lo vide diffuso e le vendite registrate all’epoca parlavano di circa 100.000 di copie vendute in un anno.

ELORG, però, intervenne ancora una volta, stavolta con maggiore decisione di prima, dichiarando che la diffusione di Tetris era illegale, minacciando inoltre di vendere forme pirata ovunque per non fare guadagnare alcunché alle aziende che pubblicavano l’opera. Si arrivò a un compromesso complesso, ottenuto dopo un periodo di enormi sacrifici da parte di Robert Stein, che dovette fare di tutto per non perdere i diritti sull’opera. In tal senso, non avvisò neppure Pazitnov anche se l’accordo era ormai imminente. Ciò causò una frattura che, purtroppo, esentò il programmatore russo dai guadagni sulla produzione per almeno dieci anni.

Mentre nel 1989 la produzione veniva pubblicata su Nintendo e su Amiga, Pazitnov dovette attendere che la licenza scadesse, e nel frattempo produsse un altro videogioco, chiamato Welltris, pubblicato anch’esso sempre da Mirrorsoft e Spectrum HoloByte. “Considero Tetris un ambasciatore della benevolenza nel mondo”, disse durante un’intervista. Seppe anche che il suo videogioco aveva venduto tantissimo, e dopo questo evento decise di approfittarne e recuperare i diritti sull’opera, creando successivamente negli Stati Uniti la celebre The Tetris Company. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, della ELORG e dell’Accademia Sovietica delle Scienze, Pazitnov riuscì finalmente ad accaparrarsi i diritti sul suo videogioco. Attualmente, pensate un po’, sta continuando a segnalare alle varie piattaforme mobile di togliere dagli store eventuali copie che ricordano il suo capolavoro immortale.

A distanza di così tanto tempo, però, quanti sono effettivamente i videogiochi dedicati a Tetris e quali sono quelli confermati da TTC? Secondo un recente dato, si parla di novanta produzioni in tutto, una cifra di assoluto e sincero rispetto per una produzione ormai imprescindibile per la storia del videogioco. Di recente, è stato pubblicato anche Tetris Effect: Connected, sebbene non sia in realtà una produzione di TTC, ma una chiave moderna con cui interfacciarsi con Tetris e la sua profondità in un modo più arcade assieme a un amico. Un avversario umano, e non più una macchina o un algoritmo, pronto a sfidare chiunque.

La Teoria dei Giochi secondo John Von Naumann e John Nash

Il panorama dei videogiochi, soprattutto negli ultimi anni, ha visto molte produzioni multiplayer distribuite sul mercato avere un grande successo, specie nell’ambito degli strategici. Cosa c’entra con Tetris? Ora ci arrivo: ho parlato di quanto sia importante massimizzare il risultato ottenuto e portarsi a casa un punteggio soddisfacente. Siamo, e non lo dico con leggerezza o per darmi un tono, nel periodo delle intelligenze artificiali. Ma procediamo con ordine.

Sfidare un amico a Tetris Effect: Connected, dunque, offre un’altra sfaccettatura su una teoria matematica fra le più famose e riconosciute della materia: la Teoria dei Giochi. Se applicata per l’appunto alla produzione di Resonair, Monstar Games e Stage Games, quanto si crea è una competizione fra due individui. Ora, avete presente cosa succede quando un falco e una colomba litigano per due briciole? Il primo è più rapido, mentre l’altra è più furba. Chi vince fra i due uccelli? Nessuno. Entrambi, però, massimizzano il loro risultato e si portano a casa le briciole di pane. Ho provato di recente Tetris Effect: Connected con una persona, giocandoci per alcune ore: oltre a riprendere fedelmente le meccaniche del gioco originale, cattura in modo attento e peculiare la teoria.

Si tratta di una ricerca di una disciplina che studia dei modelli matematici su una base d’interazione strategica fra due o più individui. Guadagni perfettamente bilanciati e perdite assolutamente identiche: un modo come un altro per spiegare che la vittoria e la sconfitta non esistono. Conta solo, e lo ripeto per l’ultima volta, massimizzare il proprio risultato. È una scala di valori comportamentali che identifica in modo chiaro cosa significhi prendere una decisione, e che studia in modo approfondito la logica degli esseri umani. Il tutto, inoltre, si può riassumere in tre semplici ma significative parole: cooperazione, rappresentazione e somma. La prima parla degli interessi e la collaborazione fra individui, mentre la seconda, invece, estremizza il significato e vede qualcuno perdere e vincere.

Anche se comunque si sfida qualcuno, in Tetris non si vince. D’altronde, non si sconfigge la macchina, bensì un altro essere umano, che ha comunque ottenuto un risultato, come avviene per il poker o la briscola. Il dilemma del prigioniero, per esempio, vede due individui in una situazione non particolarmente entusiasmante. Se un prigioniero ne accusa un altro, evita la pena ma costringe quest’ultimo a vivere dietro le sbarre. Se entrambi però si accusano l’uno con l’altro, entrambi vengono condannati a sette anni di carcere. E se nessuno dei due collabora, entrambi vengono condannati a un anno di reclusione.

Se pensate alle avventure narrative, ai vari punta e clicca e persino ai videogiochi strategici, la Teoria dei Giochi è l’effetto comportamentale dell’uomo verso i problemi che lo interessano e le sue conflittualità, in ambienti difficili e oppressivi. Ecco, Tetris è un videogioco che cattura questo estremo: immaginatelo, a tal proposito, con un’intelligenza artificiale dall’altra parte che conosce tutti i trucchi necessari per ottenere il miglior risultato pronosticabile.

Quando non conta vincere o perdere, ma neanche partecipare: il bello di Tetris

Perché Tetris è ancora oggi ricordato con grande nostalgia ed è uno videogiochi più giocati al mondo? In questi giorni, complice il mio interesse per questo argomento, ho fatto un po’ di domande a chi ci ha giocato per anni, e le risposte erano tutte entusiastiche e sì, alcune di esse pure commoventi. C’è un grande ricordo della produzione di Pazitnov, che ha avuto la capacità di tratteggiare in modo sapiente e sbalorditivo un percorso di vita che ha rappresentato la sua carriera, anche se si è lasciato alle spalle – proprio come Mark Zuckerberg – alcuni amici. Tetris rappresenta, in realtà, un sogno nel sogno che ha aperto gli occhi al mondo e si è ritrovato in un periodo complesso, fatto di divisioni, muri alzati e che, grazie alla sua diffusione in tutto il mondo, ha avuto esattamente l’accoglienza meritata. Tetris è anche una reale fonte di studio, ed è l’essenza stessa di varie teorie fondamentali per la nostra vita di tutti i giorni, sia in ambienti sociali quanto economici.

Quando mi dicono “sono solo videogiochi”, mi domando se qualcuno sappia cosa c’è dietro la sua realizzazione. Tetris è l’esempio perfetto di cosa significhi curare un linguaggio comprensibile facendolo capire a chiunque decida di dedicargli del tempo. Si crea una connessione, reale e tangibile, capace di sorprendere, di esaltarsi e trasportare nella storia non soltanto un videogioco ma anche un racconto di storia dell'umanità. E se, proprio perché sono videogiochi, la bellezza risiedesse in questa certezza?

Abbiamo guardato il cielo sentendoci parte del firmamento, e mentre si muovevano i tetramini nello spazio, qualcuno si chiedeva come riempirne un altro con l’ennesima riga. Un gioco efficace di risoluzione dei problemi che ha avuto il grande pregio di mostrarsi in tutte le sue sfumature e sfaccettature, che non ha temuto il passare del tempo, né è rimasto sconfitto dalle licenze perdute e dalle sue numerose riproposizioni. Ancora tutti rimangono affascinati da quei colori, da quei tetramini che, assieme, formano altre figure e riempiono il vuoto. Se ci pensiamo, è lo stesso vuoto che l’umanità sta cercando di riempire nello spazio, oltre il nostro pianeta. E Tetris ci salverà anche lassù, fra quegli astri ancora tutti da scoprire, in quegli esopianeti distanti miliardi e miliardi di anni luce dalla Terra. Sarà difficile andarcene docili, in quella buonanotte, ma lo faremo in compagnia di Tetris, stringendo un PC o, addirittura, un Game Boy.