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The Last Of Us Parte I | Recensione della versione PC

Il nostro verdetto sulla versione PC di The Last of Us Parte I, un porting deludente per uno dei migliori videogiochi di casa PlayStation.

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a cura di Andrea Riviera, Andrea Maiellano

In seguito al primissimo annuncio del rifacimento tecnico, e parzialmente ludico, di The Last Of Us, l’aria si fece irrespirabile. Vuoi per una campagna marketing aggressiva da parte di Sony, vuoi per un’iniziale confusione da parte dell’utenza in merito alle ragioni dietro alla remaster di un titolo così recente, la community videoludica non accolse propositivamente questa riedizione.

https://www.youtube.com/watch?v=OsWBZA6X2gw&t=3s&ab_channel=GameDivision

Eppure, il progetto The Last Of us Parte I, ha più senso di quel che si possa pensare, sia a livello di, mero, marketing, sia in termini di diffusione del brand su diversi tipi di piattaforma. Non giriamoci attorno, questa remastered nasce principalmente con lo scopo di cavalcare l’onda mediatica generata dalla prima stagione dell’ottima serie televisiva targata HBO, per offrire a tutti quei, potenziali, nuovi consumatori ”la migliore versione possibile”, del primo capitolo delle avventure di Joel ed Ellie.

Per quanto la riedizione di questo, oramai grande, classico targato Naughty Dog è stata, ovviamente, oggetto di critiche dai giocatori di vecchia data per via di un prezzo considerato esorbitante per un “semplice update grafico”, tutta questa operazione ha avuto l’enorme pregio di spingere Sony nel portare la storia di Joel ed Ellie sulle sponde del PC Gaming. Un porting del capitolo originale avrebbe avuto poco senso, considerando un comparto grafico che per quanto si difenda bene non è più al passo con i tempi, ma una versione realizzata appositamente per PlayStation 5 di The Last Of Us Parte I risulta decisamente più appetibile, oltre ad aprire le porte a un, oramai ovvio, futuro porting del secondo capitolo.

E quindi, al netto di tutto il ciclone mediatico in cui Neil Druckman e la sua opera finiscono a ogni nuovo annuncio, è giunto il momento di tirare le somme in merito alla conversione per PC di The Last Of Us Parte I e capire se ci troviamo di fronte a un porting in grado di convincere l’esigente mercato del PC Gaming.

The Last of Us Parte I: bello ieri come oggi

Prima di addentrarci in quelli che sono i miglioramenti apportati al gameplay, all’estetica e alla tecnica, ci tengo a sottolineare che l’originale The Last of Us, per quanto concerne narrativa e regia, è rimasto immutato. Durante la prova non ho trovato nuove sezioni, ambienti, scene d’intermezzo o dialoghi; solo le medesime situazioni già apprezzate, dai giocatori console, nove anni fa. Nulla di nuovo, quindi, sotto il sole. The Last Of Us Parte I si propone come una trasposizione 1:1 della storia originale, ponendosi come un ottimo punto di partenza per quei giocatori che non hanno mai posseduto altro al di fuori di un PC da Gaming.

Almeno dal mio punto di vista, complice il fatto che non avrei gradito modifiche alla storia, l’assenza di nuovi contenuti narrativi non rappresenta un reale problema. Nonostante siano passati nove anni, The Last Of Us Parte I rimane ancora oggi degno di nota e la possibilità di poterlo provare per la prima volta (vi ricordo che sto parlando della versione PC del gioco), e poterlo conseguentemente paragonare alla recente serie TV, aopre a scenari decisamente interessanti, anche se purtroppo lontani dalla mia esperienza personale.

Per quanto sia dotato di una sceneggiatura eccellente, la storia di The Last Of Us Parte I non manca tuttavia nel mostrare il fianco in alcune circostanze, con esagerazioni alle volte un po' eccessive e momenti in cui l’autore tira un po’ troppo la corda. Restano però delle piccolezze, specie se confrontate a ciò che l’esperienza offre lungo tutta la durata dell’avventura, che ricordiamo si attesta sulle 15 ore considerando anche l’espansione Left Behind.

A impressionare maggiormente sono proprio i personaggi, scritti, e caratterizzati, benissimo e inseriti in un mondo non composto da soli buoni e cattivi, ma caratterizzato da persone moralmente complesse e in grado di sbagliare. Tra l’altro, a quasi tre anni di distanza dal secondo The Last of Us, stupisce come molte situazioni che in precedenza avevo vissuto con minor pesantezza, ora appaiano come dei sottotesti, così come è apprezzabile che siano stati sistemati, o enfatizzati, tuti quegli elementi che si collegavano in maniera più o meno diretta, al secondo capitolo della storia.

Quando la tecnica migliora la narrazione

Come dichiarato a più riprese dal team di sviluppo, The Last of Us Parte I è stato ricreato da zero utilizzando una versione più aggiornata del Naughty Dog Engine, la stessa che abbiamo avuto modo di apprezzare nel secondo capitolo. Così facendo, l’esperienza che troverete in questo rifacimento si libera di ogni spigolosità e limite legato alla generazione PlayStation 3.

A beneficiarne enormemente sono proprio le scene d’intermezzo: non più semplici video pre-renderizzati e anticipati da una violenta schermata a nero, bensì cutscene in real-time che si legano in modo armonioso al gameplay, alle volte persino con alcune transizioni perfette (un po’ come visto in God of War). Tuttavia non sarà possibile notarlo in tutte le occasioni, poiché lo studio californiano ha voluto salvaguardare le inquadrature originali, per evitare di snaturare il carattere registico di The Last of Us.

Una scelta sensata e che, onestamente, appoggio pienamente visto che la regia di The Last Of Us Parte I è un sapiente mix di tagli bruschi, interruzioni improvvise e convincenti primi piani.

Tutto studiato a tavolino per enfatizzare il racconto e, in alcuni casi, permettere al giocatore di riprendere il fiato e tirare un sospiro di sollievo. Il risultato è un miglioramento ben più che tangibile, il quale riesce a esaltare maggiormente una narrazione che meritava questa operazione di restauro.

Di pari passo anche i modelli dei personaggi e le loro espressioni spiccano il volo, peraltro senza la necessità di rifare nuovamente sessioni di performance capture. In sostanza, quello che il team di sviluppo ha fatto è stato riprendere l’intero girato di nove/dieci anni fa ed esprimerlo al massimo grazie alle potenzialità del nuovo hardware, che permette un aumento poligonale consistente, dei modelli a risoluzione più alta e un’espressività dei volti nettamente superiore rispetto a quanto visto su PlayStation 3. La conseguenza è una resa finale che eguaglia l’ottima qualità vista nel secondo capitolo e mantiene – per la gioia dei fan – le performance originali degli attori, oltre all’ottimo doppiaggio in lingua italiana.

Esteticamente Sopraffino

Potrà sembrar strano, ma l’estetica dell’originale The Last of Us differisce parecchio da quella di Parte 2. In verità, ciò accade a tutti i videogiochi sviluppati dalla stessa compagnia prima del 2016, anno in cui arrivò su PlayStation 4 l’ultima avventura di Nathan Drake, Uncharted 4: Fine di un Ladro.

Se le differenze stilistiche ed estetiche da un Uncharted all’altro sono passabili, però, non lo sono in una serie che si presenta al pubblico con due giochi all’attivo praticamente complementari; da qui il Parte 1 e 2 nei titoli in copertina. Poteva, Naughty Dog, lasciarsi sfuggire l’occasione per correggere il tiro? Ovviamente no. Ecco dunque che la virata al fotorealismo travolge anche The Last of Us Parte 1, adesso finalmente allineato all’estetica del suo sequel diretto.

Questo rifacimento tecnico è però tutto fuorché un modo per snaturare e cambiare a forza un gioco ancora oggi apprezzabile nella sua versione originale. Per donare nuova vita agli ambienti e ai personaggi, Naughty Dog è tornata con la mente proprio alla generazione che cerca di lasciarsi alle spalle, studiando nuovamente i concept art originali nel tentativo di avvicinare The Last of Us Parte I alle idee avute in produzione e pre-produzione nel 2010, dopo lo sviluppo di Uncharted 2: Il covo dei Ladri.

Per questo motivo tutte le ambientazioni che abbiamo visitato in queste giornate di test non solo sono spaventosamente migliori rispetto al passato, ma anche più fedeli alla visione creativa originale: il modo in cui filtra la luce, la vegetazione più fitta, la qualità delle texture, l’effetto fungino delle spore… tutto contribuisce a creare un senso maggiore di immersione. Non a caso muoversi adesso in mezzo all’erba alta, camminare su delle strade desolate o esplorare piccole abitazioni e negozi abbandonati, trasmette sensazioni quasi inedite, amplificando la volontà di ispezionare ogni anfratto alla ricerca di materiali utili per la creazione di oggetti sperando nel mentre di imbattersi in alcune storie ben scritte, raccontate attraverso i vari documenti nascosti negli scenari.

A tal proposito specifichiamo che le fasi esplorative sono le medesime dell’originale: di tanto in tanto ci verrà chiesto di utilizzare un cassonetto dei rifiuti per raggiungere zone sopraelevate, sfruttare un’asse per attraversare un dislivello o accendere un generatore per ripristinare la corrente elettrica. Tutte le migliorie viste in The Last of Us Parte 2, quindi, tra porte da sbloccare cercando ingressi alternativi, corde da utilizzare e piccoli puzzle ambientali da risolvere, restano fuori. Da questo punto di vista l’avventura di Ellie e Abby rimane superiore in toto, eccezion fatta per le casseforti, le quali adesso richiedono l’inserimento manuale della combinazione, proprio come nel secondo capitolo.

Siamo sinceri: non ci sarebbe dispiaciuto vedere introduzioni di questo tipo anche in The Last of Us Parte 1, ma in tutta onestà, lungo la nostra avventura non ne abbiamo sentito la mancanza. Solamente a posteriori, ora che stiamo scrivendo la recensione, ci stiamo pensando.

Un gameplay ampliato e migliorato

Non è un segreto per nessuno che The Last of Us Parte 2 sia un gioco nettamente superiore al primo: contribuiscono non poco introduzioni come la possibilità di schivare e stendersi a terra, passare sotto agli oggetti per eludere i nemici oppure nascondersi in mezzo alla vegetazione più fitta. Il miglioramento più percettibile è però dato dal level design, ampliato a sufficienza negli spazi e con sviluppi anche verticali. Un cambiamento talmente netto che ha portato benefici all’esplorazione, al combattimento e alle fasi furtive.

A fronte di ciò, nel momento in cui Naughty Dog stessa racconta di un The Last of Us Parte I ricostruito da zero, era più che lecito aspettarsi dei cambiamenti al gameplay, proprio per pareggiare la qualità di Parte 2.

Tuttavia, il prodotto non ospita affatto nuove meccaniche di gioco. Ad attendervi ci saranno le stesse identiche azioni che è possibile compiere nell’originale, portate a un livello qualitativo maggiore, rifinite nell’esecuzione e nel feeling generale, abbracciando pienamente le dichiarazioni di Sony e Naughty Dog che hanno sempre parlato di un’esperienza drasticamente migliore, seppur per nulla diversa.

Ciò non significa però che Naughty Dog se ne sia stata con le mani in mano: a partire dal sistema di movimento del personaggio, passando per le fasi furtive e arrivando alle sparatorie, lo stacco fra The Last Of Us Parte I e l’originale è molto netto.

Tra le introduzioni più significative segnalo la presenza della tecnologia chiamata motion matching, la quale migliora costantemente l’esperienza in tutte le fasi e situazioni. Si tratta di una vastissima libreria di animazioni catturate durante delle sessioni di performance capture, che il gioco – attraverso un algoritmo – richiama per adattare i movimenti dei personaggi agli ambienti e al contesto.

Se ad esempio state strangolando qualcuno e a un tratto venite scoperti, Joel, piuttosto che continuare con molta calma a soffocare il nemico, si affretterà a eliminarlo, dando vita ad animazioni completamente inedite. Se ben ricordate, parliamo della stessa tecnologia che Naughty Dog ha già mostrato al pubblico con The Last of Us Parte 2 e, purtroppo,  poco sfruttata in altri videogiochi (ci provò Ubisoft con For Honor, ma con risultati decisamente inferiori).

In definitiva, aspettatevi uno shooting rifinito, fisico e viscerale, adornato da un numero decisamente sostanzioso di animazioni. Per quanto riguarda le dinamiche stealth, a seguito degli accorgimenti realizzati da Naughty Dog e di una accessibilità davvero elevata, per notare sostanzialmente l’immenso lavoro svolto dagli sviluppatori, sarebbe necessario giocare in modalità realismo o comunque modificare selettivamente il comportamento dell’IA.

Questo perché, con i giusti settaggi, I nemici saranno più vigili e attenti ai rumori, controllano gli angoli durante le fasi di allerta, chiamando si e dandosi indicazioni fra loro, cercando di aggirare, o prendere direttamente alle spalle, il protagonista e risultando molto più precisi durante le sparatorie. Una serie di caratteristiche da non sottovalutare ma che, come già detto, non saranno del tutto percepibili se giocherete The Last Of Us Parte I a difficoltà basse.

Discorso diametralmente opposto, invece, per l’IA degli alleati, la quale funziona esattamente al contrario: diventano più aggressivi e partecipi selezionando un grado di sfida basso e, banalmente, più stupidi quando si incrementa la difficoltà.

Per questi motivi vi suggerisco di giocare non basandovi su un singolo livello di difficoltà ma cucendovi l’esperienza addosso, perdendovi qualche minuto nella marea di opzioni disponibili per garantire un’accessibilità come poche altre produzioni mi hanno mostrato fino a ora.

Vorrei tuttavia precisare che la mia esperienza finale potrebbe essere stata viziata dall’aver già giocato il secondo capitolo, con tutte le migliorie che si porta in dote, non riuscendo a rivivere quella genuina “prima volta” con The Last Of Us Parte I. É ovvio che chiunque di voi approcci per la prima volta questo titolo, si troverà davanti un esperienza migliore, sotto diversi punti di vista, a quella proposta dal porting di Uncharted 4, risultando il perfetto “primo capitolo” di una serie che al momento non ha fatto altro che migliorare gioco dopo gioco.

Nuove infezioni

Già, e gli infetti? Ovviamente ci sono, esattamente come nell'originale The Last of Us. E a dirla tutta sono tra gli elementi più riusciti dell’intero pacchetto. In primis perché trovo ancora oggi molto efficace l’idea dietro la mutazione e il virus. Semplicissima, eppure dannatamente efficace: si tratta di un fungo chiamato Cordyceps che nella realtà attacca bruchi e formiche, modificato nel gioco per minacciare la salute degli esseri umani. Più quest’ultimi restano infettati, maggiore sarà lo stadio della loro infezione.

Dicevamo che siamo rimasti piacevolmente colpiti dal lavoro operato sugli infetti poiché gli scontri con queste creature non si rivelano mai scontati. Le loro routine comportamentali sono esattamente quelle viste nel secondo capitolo della serie, con Clicker molto più pericolosi e, in generale, un’atmosfera più tetra e cupa durante le fasi che li riguardano in prima persona. Inoltre, già presenti nel gioco originale ma non differenziati a sufficienza dai Runner, gli Stalker hanno adesso comportamenti ben differenziati e sono protagonisti delle scene più ansiogene della produzione: si nascondono, ti guardano e si allontanano, aspettano l’attimo esatto per colpirti, prediligendo le imboscate di gruppo.

Un’ode all’accessibilità

The Last of Us Parte I, lo si era intuito già da alcuni video pubblicati da Sony, è un’esperienza adornata da un ricchissimo plateau di impostazioni legate all’accessibilità.

Analogamente a quanto visto con il secondo capitolo della serie, troviamo una moltitudine di impostazioni che spaziano da quelle per abbracciare le difficoltà motorie, uditive e visive, fino a un a serie di opzioni pensate per mettere nelle mani del giocatore l’intera gestione dell’esperienza, dalla difficoltà fino alla visualizzazione degli elementi a schermo.

Menzione d’onore alla funzione Descrizione Audio che va ad attivare un commento in tutte le sequenze filmate, proponendo un vero e proprio commentary di quanto accade a schermo.

Tanti contenuti bonus

Oltre a includere, come per l’edizione rimasterizzata, il bellissimo Left Behind, Naughty Dog ha colto l’occasione per inserire nel pacchetto una sfilza di contenuti extra: tra modellini da sbloccare, modificatori di gioco, concept art, diari di sviluppo, podcast e via discorrendo, The Last of Us Parte I è, in assoluto, la versione più ricca mai pubblicata fino a ora e, per quanto questo aspetto possa contare poco per i giocatori console, lo ritengo un ottimo biglietto da visita per i giocatori PC.

Per gli appassionati delle corse c’è poi una modalità speedrun, con tanto di classifiche e cronometro in alto a destra, la possibilità di attivare la morte permanente per gioco intero, atto o capitolo e un NG+ rivisitato che offre adesso la possibilità di ricominciare il viaggio con tutte le armi sin dalle primissime fasi di combattimento.

A tal proposito vale la pena spendere qualche carattere in merito ai banchi da lavoro, resi più credibili e abbelliti con decine di animazioni uniche che vedono il protagonista utilizzare disparati attrezzi per migliorare le varie bocche da fuoco, le quali, finalmente, presentano cambiamenti anche estetici, oltre che funzionali.

The Last of Us Parte I su PC

Arriviamo ora al tasto dolente. Non è un mistero, la versione PC è ottimizzata male, un mix di problematiche che influiscono negativamente sull'intera avventura. Il peggior peccato che si poteva commettere nei confronti di quella che è, probabilmente, l'opera più importante di PlayStation dell'ultimo decennio.

Dal caricamento degli shader (migliorato nelle ultime ore) lunghissimo e oggettivamente inaccettabile a richieste hardware esose. Abbiamo testato il gioco con una serie di schede grafiche, qua sotto potete vedere la scheda aperta con RTX 3080 Ti, ma vi posso garantire che con schede quali RTX 3070Ti o 3070 le condizioni non sono poi molto diverse. The Last of Us Parte I parte da una richiesta di memoria VRAM abbastanza importante (ben 12 GB) e penso francamente che sia un pelino eccessivo. Forse Iron Galaxy avrebbe potuto lavorare meglio in tal senso.

Una volta scaricato gli shader le cose migliorano notevolmente, ma rimangono problematiche derivate da richieste prestazionali alte e alcuni crash che abbiamo affrontato nel corso della storia; il gioco si freeza e chiude in automatica riportandoci a Windows e costringendoci a riavviarlo ogni volta, purtroppo è capitato fin troppo spesso.

Le condizioni attuali sono però oggettivamente da considerare, perché un gioco di questa portata avrebbe meritato tutt'altro trattamento e nonostante con il DLSS il gioco sia quantomeno giocabile e fluido... al netto di avere una scheda grafica adeguata e almeno 32 GB di RAM, perché per chi ne ha 16 GB la situazione potrebbe risultare complicata (ci sono state delle situazione in cui il gioco sfruttava il 100% di CPU e 16 GB di RAM, ma per lo più nella fase iniziale della fuga in macchina (forse dettato dall'alto numero esplosioni ed effetti).

Io penso e spero che Iron Galaxy migliori la situazione in poco tempo, già diverse patch stanno venendo rilasciate, ma fino a quando la situazione non sarà del tutto risolta, diventa difficile consigliarvi a occhi chiusi l'acquisto.

Voto Recensione di The Last of Us Part I - PC


7

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Ancora oggi una delle storie meglio raccontate in un videogioco

  • Visivamente rimane bellissimo...

Contro

  • ... ma il porting ha numerosi problemi, alcuni gravi

Commento

Nato come un’ovvia operazione di mero marketing per fare da contrappeso alla serie tv targata HBO, The Last Of Us Parte I è riuscito comunque a sorprendere i giocatori su PS5, grazie a un remake visivo davvero portentoso. Tuttavia, nonostante si tratti senza dubbio della IP più importante di PlayStation in questo momento, su PC il lavoro svolto è stato superficiale sia in termini di richieste prestazionali sia per quanto concerne una serie di problematiche che influiscono negativamente sull'esperienza complessiva. Un peccato, perché The Last of Us Parte I meritava un trattamento migliore anche e soprattutto nei confronti di un pubblico che non ha mai avuto modo di approcciare l'opera, che nel suo comparto narrativo rimane tutt'oggi difficilmente superata. Ci auguriamo che i problemi vengano presto risolti, perché tutti dovrebbero giocare e vivere, almeno una volta, il drammatico viaggio di Joel ed Ellie negli Stati Uniti, nel migliore dei modi. Fino ad allora, non possiamo premiare un'operazione così presentata e soprattutto a un prezzo così alto, nonostante il prodotto originale sia un vero e proprio capolavoro.

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