Università e videogiochi, un legame possibile (anche) in Italia

Qual è il rapporto attuale tra università e videogiochi? Decisamente sempre più complesso, ma altrettanto interessante. Scopriamo insieme questa relazione.

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a cura di Francesca Sirtori

Che i videogiochi siano una cosa seria, lo stiamo apprendendo ogni giorno sempre di più. Non solo per la complessità sempre più avanzata delle caratteristiche tecniche con cui vengono realizzati, o per le console next-gen che stanno uscendo sul mercato, ma anche per i temi sempre più articolati e per i discorsi generati attorno a questo settore sempre più catalizzante. L'attenzione su questo segmento dell'industria dell'entertainment è sempre più elevata infatti, tanto da aver coinvolto anche istituzioni che, almeno a un primo sguardo, potrebbero risultare non direttamente collegate ai videogiochi. Parliamo delle università, e più in generale dei corsi di formazione volti a includere sempre più persone interessate a questo mondo, da un punto di vista formativo e professionale. Le innovazioni da questo punto di vista sono davvero tante e recenti, come raccontano le notizie di questi giorni e che hanno visto protagonista Animal Crossing: New Horizons, un titolo che nel corso del 2020, sin dalla sua uscita, è riuscito ad attirare l'attenzione su di sé. E non è il solo. Quali sono i rapporti che intercorrono a oggi tra università e videogiochi? Scopriamolo insieme.

Animal Crossing: New Horizons, quando un gioco fa lezione

In prima battuta, analizziamo la nuova iniziativa partita con il Progetto Inclusione 3.0 della più importante università marchigiana, UniMc, che prevede l’implementazione di azioni a favore di una politica e di pratiche inclusive per rendere l’Ateneo ancora più a misura di studente, e di videogiocatore. Come abbiamo anticipato, la scelta è ricaduta su Animal Crossing: New Horizons, il videogame oggetto delle più disparate iniziative e attività che hanno coinvolto ambiti anche molto differenti: da improbabili riunioni di lavoro e matrimoni al tempo dello scorso lockdown nei primi mesi del 2020, alle iniziative politiche e musicali.

Da semplice videogame, si è trasformato in una vera e propria piattaforma virtuale, versatile, fresca e che ha saputo conquistare sempre più persone, fino ad arrivare in università, a Macerata, con la creazione della sua isola digitale all’interno del videogioco. Una linea di confine davvero sottile tra spazio formale e informale, dove gli studenti possono usufruire di un ulteriore strumento per rapportarsi con l'ateneo, ma unendo avanguardia, virtualità videoludica e curiosità delle nuove generazioni sicuramente stuzzicata. Se infatti l'anno particolare in cui stiamo vivendo ha portato a una nuova concezione e revisione degli spazi di incontro e di condivisione tra le persone, il Progetto Inclusione 3.0 è partito dall’ipotesi di progettare e costruire una “isola” UniMc, come tante altre all'interno del gioco, dove gli studenti si possono incontrare e dare vita a interazioni tra loro.

Dalla costruzione dell'isola, alla condivisione di argomenti importanti, l'isola ha permesso di sfruttare le modalità preferite di interazione di ogni studente, valorizzando gli stili comunicativi più diversi e creando diversi percorsi per continuare a incontrarsi, in un periodo così delicato come quello che gli studenti, soprattutto con disabilità, stavano attraversando. La realtà di UniMc però non è chiaramente l'unica ad aver abbracciato questa nuova filosofia di incontri e di relazione.

Laurea in videogiochi? Esiste, e in più atenei

Da un ateneo all'altro, ci spostiamo ora alla IUDAV, università con sede a Solofra che dà sempre più spazio a ricerca e formazione in ambito creativo, e non potevano certo mancare anche i videogiochi. Qui però la sorpresa è duplice: non solo si parla di videogames in università, grazie al corso di Laurea in Arti Digitali, Animazione e Videogiochi, ma si tratta anche, e soprattutto, della realizzazione del sogno di Don Patrizio Coppola, noto ai giovani anche come "Padre Joystick" per il suo operato.

Egli infatti è il fondatore di IUDAV, grazie al supporto della Fondazione Children Media, che ancora oggi consente di collegarsi online e di seguire anche da remoto i corsi di programmazione. Una modalità, quella dell'insegnamento a distanza, già introdotta dall'anno scorso, dunque ben prima che le problematiche legate al lockdown entrassero in gioco. Parliamo dunque di un'altra realtà italiana, che si è prodigata non solo nell'insegnamento di corsi ad hoc per conseguire una laurea in questo campo, che non ha preso piede in Italia tanto quanto altrove all'estero, ma che ha applicato nuove tecnologie e modalità di insegnamento innovative.

Non è certo una novità però, l'insegnamento universitario italiano dedicato ai videogames. Altri istituti dedicati alla preparazione e formazione degli studenti in questo settore, tra cui Digital Bros Game Academy e Vigamus Academy, due nomi tra i più longevi delle accademie del nostro Paese attive con corsi sempre più approfonditi.

Prima dell'università

La domanda lecita che potrebbe sorgere a questo punto è: ma non è forse troppo tardi arrivare all'età della scelta del "post liceo" per conoscere i videogiochi "formalmente", e non solo impugnando un controller o cliccando furiosamente sulla propria tastiera? Abbiamo una risposta anche per questo tema, grazie a diversi suggerimenti formativi che campeggiano da tempo sulla scena italiana e che diventano sempre più frequenti e presenti nel panorama italiano. Un esempio arriva da RomeVideoGameLab, evento promosso da Istituto Luce Cinecittà e che si terrà dal 4 al 7 novembre 2020 con un programma parecchio vasto (in streaming) e dedicato a scienza e fantascienza, con particolare attenzione all’ambiente e ai cambiamenti climatici.

Se a questa iniziativa partecipa anche un'istituzione del calibro del CNR (Unità Comunicazione e Relazioni con il Pubblico), vi sarà anche un buon numero di workshop dedicati ai ragazzi delle scuole di diverso grado, spaziando da Minecraft a temi più complessi: il motivo? Attorno a temi di grande interesse e dei più variegati, da biomedicina a chimica, fino ad argomenti di fisica, non si dimentica di certo l’intreccio tra le discipline scientifiche e la formazione attraverso gli strumenti “non convenzionali” dei giochi e del gaming.

Il festival laboratorio dedicato agli applied games arrivato alla sua terza stagione, non ha voluto mancare all’appuntamento con i tanti appassionati del mondo dei videogiochi e con gli sviluppatori. Ma cosa sono gli applied games? Questa categoria di fatto viene indicata con una serie di nomi diversi: da serious games fino a esergame, edutainment, gamification e altro ancora. Questi termini si riferiscono tutti all'uso dei principi del gioco in modo strategico, per rendere un processo più accessibile e divertente. Questo può essere fatto in molte gradazioni diverse e per obiettivi diversi. Se dovessimo proporre esempi di applicazioni in ambito sanitario, troviamo la riabilitazione e il benessere, la terapia, la formazione e il coaching, l'empowerment del paziente e l'aderenza ai farmaci. L'unico elemento che collega tutti i tipi di giochi applicati è che sono più efficienti, più economici e più divertenti delle soluzioni convenzionali.

E non sono da meno le iniziative portate avanti dall'unione di un ulteriore ateneo, UNIMORE, ossia l'Università di Modena e Reggio Emilia, con il gruppo EWMD (European Women's Management Development), che hanno dato vita al progetto Ragazze Digitali ormai da diversi anni e che operano in cooperazione con le classi di liceo del territorio modenese e reggiano. L'obiettivo è quello sia di coinvolgere i giovani durante il loro periodo di frequenza degli anni di liceo, sia di introdurre maggiormente le figure femminili sin dalla giovane età al settore videoludico, per cercare di annullare lo stereotipo che guarda da vicino ragazze e videogames e introdurre al contempo più persone in grado di osservare questo ambiente e i suoi prodotti con occhio professionale e quindi più critico.

L'Italia s'è desta

Come avrete notato, non abbiamo citato alcuna istituzione o università estera in questo pezzo, al fine di dimostrare non solo che il rapporto tra università, istituzioni e videogiochi esiste e non è utopico, ma che si sta sempre più consolidando, anche nel nostro Paese. Finalmente si sta convalidando sempre più l'idea secondo la quale anche questi prodotti non sono solo "mera" parte del settore dell'intrattenimento, scalzando l'idea che siano "pura perdita di tempo", o passione fine a se stessa.

Il videogioco ha tanto da dimostrare, non solo per le tecniche di realizzazione e lo storytelling che diventano sempre più complessi, spettacolari, d'effetto, ma anche per i temi che sono in grado di affrontare. Tutti buoni, anzi ottimi, motivi per introdurre a gran forza e a viva voce le discipline atte a sviluppare tali prodotti in via ufficiale anche in atenei e accademie concepite ad hoc. L'Italia, oltre al mondo, non sembra più così assopita come un tempo. Ad maiora.

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