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Videogiochi: la Croce Rossa vuole il rispetto dei Diritti Umani

I dirigenti della Croce Rossa si stanno interrogando sui videogiochi, e sul fatto che nelle simulazioni belliche sono del tutto assenti la convenzione di Ginevra e il rispetto dei diritti umani in generale. Non è chiaro se questo possa rappresentare un problema formativo per i giocatori più giovani.

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Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Pubblicato il 05/12/2011 alle 10:10 - Aggiornato il 15/03/2015 alle 01:36

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) in una delle ultime riunioni si è occupato anche di videogiochi, e in particolare si sta chiedendo se nelle simulazioni belliche non si dovrebbe prendere in considerazione il rispetto della Convenzione di Ginevra e di quella de L'Aia.

Non sono ancora note le decisioni del Comitato, ma il mondo dei videogiochi è già in subbuglio perché la Croce Rossa potrebbe decidere di esercitare la propria influenza per spingere i governi del mondo a creare leggi ad hoc per rendere obbligatorio il rispetto dei Diritti Umani. Un vincolo che potrebbe anche non piacere ai produttori.

Immagine tratta da un gioco di prossima uscita

"Il Movimento lavora vigorosamente per promuovere norme umanitarie in tutto il mondo, ma c'è anche un pubblico di circa 600 milioni di giocatori che potrebbero violare le leggi umanitarie internazionali (IHL)". Gli esperti della Croce Rossa partono dal presupposto che "non è chiaro come i videogiochi influenzino le persone", e anche per questo è giusto interrogarsi su cosa sia giusto fare.

In verità è dal 2007 che si parla dell'argomento. Fino a ora se n'è occupata attivamente l'associazione svizzera TRIAL, che ha stilato diversi rapporti a riguardo, come vi abbiamo raccontato anche su queste pagine un paio di anni fa.

Dalle osservazioni è emerso più volte che la tortura o l'omicidio deliberato di nemici disarmati sono all'ordine del giorno, e chiunque abbia giocato a Call of Duty  o Battlefield sa che è così. "Civili od obiettivi protetti come chiese o moschee si possono attaccare impunemente, nelle scene d'interrogatorio si può ricorrere alla tortura, degradare o minacciare il prigioniero in modo inumano, senza ricevere sanzioni, e non mancano le esecuzioni sommarie", si legge nei rapporti del TRIAL. 

In passato ci sono già state alcune polemiche. Modern Warfare 2 per esempio era stato vietato in Russia, ufficialmente perché si poteva fare una carneficina di civili nel livello dell'aeroporto - in quel caso forse si trattava più di una questione d'immagine nazionale.

Per correre ai ripari, in alcuni giochi il giocatore potrebbe vedersi svantaggiato se colpisce dei civili, per esempio. In diversi titoli succede, e potrebbe essere una dimostrazione non solo che applicare le regole è possibile, ma anche che tecnicamente i progettisti non dovrebbero avere difficoltà.

Se la Croce Rossa dovesse dichiararsi ufficialmente in favore di una piena applicazione dei Diritti Umani nei videogiochi, comunque, sarà proprio la creatività dei progettisti il terreno di scontro. "Noi sosteniamo con convinzione i diritti degli sviluppatori e la loro libertà creativa, nel conseguimento della loro visione artistica", ha detto infatti Rich Taylor, che rappresenta l'associazione dei produttori di software per l'intrattenimento.

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Sarebbe possibile scegliere di "fare il cattivo" in un gioco se queste regole fossero forzatamente applicate? E chi decide di giocare come "buono" si divertirebbe comunque? Leggendo i commenti sui vari siti specializzati si può scoprire l'opinione dei giocatori, che è naturalmente variegata: alcuni pensano che l'inserimento di queste regole renderebbe i giochi migliori perché più realistici, altri non ci vedono né un male né un bene, e altri ancora ritengono che i giochi non sarebbero altrettanto divertenti, perché "gioco per sparare a tutto e rilassarmi". Voi su che barca state?

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