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Acceso il super telescopio, vedremo l'orizzonte degli eventi

Event Horizon Telescope punta i grandi occhi sui due buchi neri supermassicci per svelarci i segreti del cosmo. Riusciremo finalmente a vedere l'orizzonte degli eventi?

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Avatar di Antonio D'Isanto

a cura di Antonio D'Isanto

Pubblicato il 12/04/2017 alle 22:58
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Gli eventi di questi giorni costituiscono il sale della vita di uno scienziato. Si tratta di quelle cose che generano un'attesa febbrile, perché sai che da un giorno all'altro tutto potrebbe cambiare, quei momenti dolcissimi che preannunciano la possibilità di una grande scoperta e di un passo avanti enorme rispetto alla conoscenza che l'uomo, inteso come specie, ha dell'Universo.

Sagittarius A

Sagittarius A* - Crediti
: X-ray: NASA/UMass/D.Wang et al., IR: NASA/STScI

Il 4 aprile scorso infatti, Event Horizon Telescope è stato acceso e ha potuto effettuare, nell'arco di dieci giorni, la sua campagna osservativa puntando due bersagli: Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio che ha sede nel centro della Via Lattea, e il suo omologo sito nel nucleo della galassia M87.

In realtà, i giorni dedicati alle osservazioni sono stati giocoforza solo cinque, a causa delle avverse condizioni meteorologiche. Ricordiamo infatti che EHT osserva nella banda radio a una lunghezza di 230 GHz, estremamente sensibile alla presenza di acqua, per cui i giorni di pioggia rendevano di fatto impossibile ogni operazione. Lo strumento è sostanzialmente un telescopio virtuale che combina alcuni tra i radiotelescopi più potenti del Terra (tra cui ALMA, South Pole Telescope, Large Millimiter Telescope, e altri ancora) sfruttando la tecnica chiamata Very-long-baseline interferometry (VLBI), ottenendo in pratica una pupilla pari grossomodo alle dimensioni del pianeta.

M87

M87

Grazie a una tale acutezza visiva, EHT dovrebbe essere in grado di fornire immagini dirette dei suddetti buchi neri, o meglio del loro orizzonte degli eventi. Come abbiamo già spiegato nel precedente articolo, questo ci permetterà - oltre a sondare da vicino uno dei più grandi misteri del Cosmo - di verificare ulteriormente, a seconda di ciò che vedremo, la Teoria della Relatività Generale di Einstein. Ovviamente queste prospettive sono la causa principale della grande eccitazione degli astrofisici in questi giorni.

Tra l'altro, anche la scelta degli obiettivi da osservare rende la storia estremamente interessante. Sagittarius A* ovviamente ci riguarda "da vicino" essendo al centro della Via Lattea, per cui capire qualcosa in più su questo strano oggetto può aiutarci a comprendere meglio la struttura e l'evoluzione della galassia in cui viviamo.

Non dimentichiamo infatti che l'osservazione della Via Lattea è molto complessa proprio perché ci troviamo al suo interno, per cui risulta difficile acquisire una comprensione globale delle sue proprietà e caratteristiche. Nel caso di M87 invece, la faccenda risulta forse ancora più intrigante poiché questa galassia, posta a 52 milioni di anni luce da noi, costituisce un bellissimo esempio di nucleo galattico attivo (AGN), caratterizzata da un getto che si estende a partire dal suo buco nero per qualcosa come 5000 anni luce in maniera perfettamente rettilinea.

Gli AGN sono oggetti estremamente interessanti, proprio a causa della spiccata attività del buco nero centrale, per cui capire meglio come funzionano può avere ripercussioni enormi sulle nostre conoscenze riguardo il funzionamento e l'evoluzione delle galassie in genere (delle quali, con ogni probabilità, gli AGN costituiscono uno stadio).   

south pole telescope  Credit Jason Gallicchio, University of Chicago

South Pole Telescope - Crediti: Jason Gallicchio, University of Chicago

Purtroppo però per poter avere i primi risultati occorrerà attendere al lungo, diversi mesi come minimo. L'enorme quantità di dati raccolta dallo strumento infatti è stata incamerata all'interno di 1024 hard disk in attesa di essere processata. Già questo richiede molto tempo, ma in più c'è il problema riguardante la parte di dati del South Pole Telescope, che occorre trasferire fisicamente e ciò non potrà avvenire prima della fine ottobre, al termine dell'inverno. Pertanto, per i primi risultati occorrerà attendere ottimisticamente la fine dell'anno, o forse anche i primi mesi del 2018.

Vi racconto, per concludere, un aneddoto del primo giorno di lezione con il professore divenuto poi il mio mentore. Esordì con un: "ragazzi, io so benissimo che in quelle vostre testoline c'è l'idea che le cose più interessanti dell'Astrofisica siano quelle quattro 'sciocchezze' sui buchi neri, ma in realtà non è così!", dicendolo in verità con un linguaggio più colorito. A dirla tutta, secondo me aveva ragione, e infatti ho scelto di occuparmi di tutt'altro. Non si può negare però che siano indubbiamente affascinanti...

Antonio D'Isanto è dottorando in astronomia presso l'Heidelberg Institute for Theoretical Studies in Germania. La sua attività di ricerca si basa sulla cosiddetta astroinformatica, ovvero l'applicazione di tecnologie e metodologie informatiche per la risoluzione di problemi complessi nel campo della ricerca astrofisica. Si occupa inoltre di reti neurali, deep learning e tecnologie di intelligenza artificiale ed ha un forte interesse per la divulgazione scientifica. Da sempre appassionato di sport, è cintura nera 2°dan di Taekwondo, oltre che di lettura, cinema e tecnologia. Siamo felici di annunciarvi che collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.

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