Energia, nel 2050 metà degli europei sarà autosufficiente

Uno studio commissionato da Greenpeace svela che nel 2050 metà dei cittadini europei sarà energeticamente autosufficiente. L'Italia? Buone prospettive, minate dalle politiche del Governo secondo gli ambientalisti.

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a cura di Manolo De Agostini

Entro il 2050 metà dei cittadini europei genererà da solo l'energia necessaria al proprio fabbisogno, rivendendo il surplus sul mercato. A dirlo è un nuovo studio commissionato da Greenpeace e realizzato dal centro di ricerca CE Delft, che analizzate le politiche e la situazione dei singoli paesi, è arrivato a stimare che tra 35 anni 264 milioni di persone saranno in grado di coprire il 45% del fabbisogno elettrico europeo grazie all'energia rinnovabile.

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Con "cittadini europei" CE Delft intende non solo le singole famiglie ma anche piccole e medie imprese fino a 50 dipendenti ed edifici pubblici. "Questo dimostra che le persone hanno il potere di rivoluzionare il sistema energetico europeo, reclamando l'energia dalle grandi società energetiche e mettendo il pianeta al primo posto. Abbiamo bisogno di sancire il diritto per le persone di produrre la propria energia rinnovabile nelle legislazioni europea e nazionale".

Secondo Tara Connolly, energy policy adviser di Greenpeace EU, "l'UE dovrebbe spianare la strada ai cittadini che guardano al futuro e togliere il supporto alle grandi aziende che inquinano. L'età dei dinosauri dell'energia è finita". A fare la parte del leone la Svezia, dove i cittadini autosufficienti dovrebbero essere il 79% nel 2050, e anche la Lettonia, dove l'energia autoprodotta coprirà una domanda dell'83%.

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Per l'Italia, invece, si prevede che nel 2050 saranno due italiani su cinque che contribuiranno alla produzione di energia. "Si potrebbe arrivare così, entro questo anno, a produrre il 34% del totale dell'elettricità grazie alle fonti rinnovabili distribuite. In particolare, in relazione alla suddivisione tra categorie, il 25% degli energy citizens saranno piccole e medie imprese, mentre il contributo più importante arriverà dagli impianti domestici e dalle cooperative, entrambe con un impatto del 37%. Il restante 1% sarà legato agli enti pubblici".

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Secondo Greepeace l'Italia ha grandi potenzialità ma sembra "andare in direzione diametralmente opposta. Con alcuni recenti provvedimenti come la riforma della tariffa elettrica, si sono infatti inseriti degli ostacoli all'autoproduzione e all'autoconsumo anziché favorire la crescita del fenomeno degli energy citizens".

Greenpeace chiede all'UE che si introducano "tariffe adeguate per i cittadini che immettono in rete l'elettricità prodotta in eccesso e che usano sistemi di accumulo e sono impegnati nella gestione della domanda; priorità di accesso alla rete a tutti i progetti degli energy citizens; esenzione degli aiuti di stato per i progetti legati alla generazione distribuita, a prescindere dalle dimensioni del progetto; semplificazione normativa delle procedure".

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Secondo l'organizzazione ambientalista tutto questo è in linea con il piano del presidente dell'UE Juncker di rendere il Vecchio Continente "il numero uno nelle energie rinnovabili". Se l'UE vuole raggiungere l'obiettivo di diventare più sostenibile per il pianeta dovrà però stare attenta a molteplici fattori, primo fra tutti il settore dei trasporti.

Oltreoceano risuona un campanello di allarme. John DeCicco della University of Michigan Energy Institute, analizzando i dati pubblicati dal governo statunitense, ha ravvisato che quest'anno il settore dei trasporti sorpasserà probabilmente quello elettrico come più grande fonte di emissione di diossido di carbonio. Questo è legato alla ripresa dell'economia, al prezzo dei carburanti in discesa e alla vendita di camion e SUV in aumento, usati per guidare più a lungo. "Una delle nostre migliori speranze per combattere il cambiamento climatico nei prossimi anni sarà il ritorno di un prezzo più alto della benzina" scrive, pessimista, DeCicco.

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