Facebook ha manipolato 700.000 persone e le loro emozioni

Facebook ha manipolato le notizie visibili ai propri utenti per studiarne le reazioni emotive.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Facebook ha manipolato quasi 700.000 persone, alterando il loro stato emotivo tramite un attento rimaneggiamento del news feed – i post che ognuno di noi vede sulla propria pagina personale. L'obiettivo era scoprire se il social network ha il potere di influenzare le emozioni delle persone; in altre parole, volevano sapere se troppi post negativi ci mettono di cattivo umore e viceversa.

Il risultato è "a quanto pare sì", ma il fatto è che utenti e giornalisti non l'hanno presa affatto bene. Facebook può farlo perché tutti gli scritti hanno accettato la normativa sull'utilizzo dei dati, che autorizza anche eventuali ricerche scientifiche.

Dare il consenso per l'uso dei dati personali su Facebook, tuttavia, non equivale a dare il proprio consenso informato per fare da cavie in un esperimento scientifico, come fanno notare alcuni esperti sul tema. A riguardo tra l'altro ci sarebbe in atto un vero e proprio scaricabarile tra Facebook e un'Università con la quale avrebbe collaborato.

Il problema qui non è la privacy degli utenti, di cui si potrebbe senz'altro discutere, ma "ciò che le società possono fare ai propri utenti senza chiedere prima o informarli dopo", afferma Kashmir Hill di Forbes. Un rappresentante di Facebook ha sottolineato che non c'è stata alcuna raccolta superflua di dati, che la ricerca è durata una sola settimana e che aveva l'obiettivo di migliorare il servizio.

Facebook ha scoperto che rendere il news feed più emotivo è un buon modo per spingerci a tornare sul social network, e in questo senso la ricerca è utile per "migliorare il servizio". Buon per loro, ma non dovrebbero sorprendersi se qualcuno l'ha presa male. Viene da chiedersi poi in quante altre occasioni grandi società come Facebook usano strumenti di manipolazione come questo con il proprio pubblico. Sappiamo che succede con la pubblicità, e siamo (più o meno) preparati, ma in altri contesti queste azioni ci possono prendere con la guardia abbassata.

Adam Kramer, che ha partecipato all'esperimento, ha scritto che Facebook sta cercando di rivedere e migliorare le procedure interne per sviluppare e approvare esperimenti futuri. "Basandosi sulle affermazioni di Kramer e sul comunicato di Facebook, è evidente che l'azienda ancora non capisce la preoccupazione che sta alla base di queste critiche", afferma ancora K. Hill, "fare test sulla possibile manipolazione delle emozioni umane tramite la gestione dei contenuti è raccapricciante, per non dire spaventoso".

Un'affermazione piuttosto forte da parte del giornalista, ma è difficile trovarsi in disaccordo. E comunque c'è chi si è spinto ben oltre: Betsy Haibel infatti si spinge a citare la "cultura dello stupro", per descrivere ciò che le aziende fanno ai propri utenti e clienti senza il loro consenso esplicito.