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a cura di Alessandro Crea

Secondo un sondaggio svolto negli Stati Uniti da Ipsos per Reuters tra il 26 e il 30 aprile scorso il 64% degli adulti intervistati ha affermato di utilizzare Facebook almeno una volta al giorno. A marzo, prima dello scandalo Cambridge Analytica, questa percentuale era pari al 68%. In pratica dunque, nonostante il battage (fin troppo) negativo dei media e una generale indignazione dell'opinione pubblica, nulla è cambiato nelle abitudini di utilizzo.

Scendendo nel dettaglio del sondaggio, emerge che in realtà un quarto degli intervistati ha ammesso di non utilizzare più il popolare social network e di aver addirittura cancellato il proprio account, ma un altro quarto ha affermato di utilizzare Facebook più di prima, mentre la restante metà del campione sostiene di aver mantenuto sostanzialmente intatte le proprie abitudini d'uso. Qualcuno dunque si è effettivamente impaurito e si è allontanato, ma la perdita è stata compensata da chi lo utilizza più di prima.

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Il sondaggio sembra dunque confermare un'ormai nota "insensibilità" da parte del pubblico rispetto ai temi della privacy, tanto più quando l'utilizzo dei dati non sembra aver provocato danni evidenti e le accuse di aver influenzato i risultati delle elezioni presidenziali statunitensi e del referendum sulla Brexit nel Regno Unito restano mere ipotesi sulla carta, con pochi fondamenti scientifici e quasi nessuna evidenza pratica.

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Non è un caso infatti se, a prescindere dal livello di reale comprensione delle impostazioni per la privacy di Facebook solo il 23% degli intervistati ha dichiarato di avere il "controllo totale" sulle informazioni che affidano alla piattaforma, mentre il 49% afferma di avere "qualche controllo" e il 20% di non avere alcun controllo. Ma la percentuale più interessante è quella che afferma di non avere idea del livello di controllo che ha sui propri dati. È il 9% degli intervistati. Semplicemente non lo sa. E non gli interessa.

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Eppure, come sottolineato già altre volte nei nostri articoli, non è importante cosa esattamente Facebook e Cambridge Analytica abbiano fatto con i nostri dati, ammesso che ci abbiano davvero fatto qualcosa di concreto.

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A essere rilevante è l'idea di fondo, il fatto di averci provato, anche perché sono molti gli esperti che sostengono che in futuro sarà possibile ciò che oggi ha più il sapore del "voodoo magic". È per questo che bisognerebbe invece tenerci, e molto, al modo in cui i nostri dati sono trattati, e allo scopo. Ma del resto non ci preoccupiamo di come le banche investano i nostri risparmi, come potremmo interrogarci su qualcosa di molto meno concreto?