Google Tax nel Regno Unito: tutta fuffa e niente arrosto

Mercoledì nel Regno Unito il ministro delle finanze ha annunciato una sorta di Google Tax, ma gli addetti ai lavori sostengono che sia una trovata populista. Gli accordi internazionali andrebbero rivisti.

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a cura di Dario D'Elia

La Gran Bretagna sarà probabilmente il primo paese UE ad adottare una Google Tax, che non vale una cicca. Mercoledì il ministro delle Finanze George Osborne, ha dichiarato che "ci sarà una nuova tassa del 25% sugli utili generati dalle società multinazionali con le attività qui nel Regno unito che vengono artificialmente portati fuori dal Paese". Niente di male, avrà pensato il cittadino britannico e il cugino comunitario che sta sul continente. Peccato che non sarà così facile pizzicare i colossi statunitensi come ad esempio Google o Amazon.

Sebbene i dettagli della proposta non siano stati ancora svelati, non è chiaro come la legge – che dovrebbe entrare in vigore ad aprile 2015 - possa non entrare in contrasto con gli accordi fiscali internazionali che in alcuni casi risalgono agli anni '20. Lo spiega bene il Wall Street Journal che sottolinea come esperti fiscali e legali abbiano non poche perplessità al riguardo.

George Osborne

George Osborne

"È una mossa populista perché sappiamo che c'è una grande rabbia pubblica sull'elusione fiscale in Gran Bretagna", ha dichiarato John Christensen, direttore di Tax Justice Network, un'organizzazione specializzata nell'analisi della gestione fiscale internazionale.

Prima di tutto gli addetti ai lavori sostengono che sarà complicato dimostrare eventuali violazioni dei colossi IT. Soprattutto se si considerano gli accordi con singoli stati membri che risalgono all'era pre-digitale. Dopodiché in Gran Bretagna le aziende sono costrette a pagare le tasse nazionali sui profitti generati sul territorio se hanno una "stabile organizzazione" all'interno dei confini. Ma come sostiene Chris Morgan, direttore per la tax policy presso KPMG, avere un magazzino sul territorio, oppure una squadra di venditori, non è considerata "stabile organizzazione".

"I colossi hi-tech non sono stupidi", ha commentato Heather Self, socio dello studio legale Pinsent Masons. "Mi pare davvero difficile credere che si affidino a strutture che rientrano nella definizione di abusivo".

Il problema infatti è che rispettano tutte le regole. Per cambiarle Bruxelles e Washington forse dovrebbero sedersi a un tavolo. Possibilmente non a Bruxelles e neanche a Washington. Meglio un luogo remoto non raggiungibile dalla lunga mano delle lobby.