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"Il cittadino digitale" italiano è ancora bambino. Crescerà?

In un libro di 15 anni fa la "fotografia" dell'Italia digitale di allora. Molte potenzialità, ma quante promesse non mantenute. Cos'è cambiato, cosa c'è ancora da fare per recuperare il tempo perduto.

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Avatar di Pino Bruno

a cura di Pino Bruno

@Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 13/04/2017 alle 13:11 - Aggiornato il 14/04/2017 alle 08:49
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Sono passati 15 anni da quando Mondadori Informatica pubblicò il mio libro "Il cittadino digitale", dedicato in gran parte ai servizi online allora messi a disposizione da enti e aziende pubblici e privati e all'evoluzione del fenomeno dell'eGovernment. Quindici anni sono tanti. Anni luce, se si pensa alla rapidità dell'innovazione tecnologica. Molte cose sono state fatte, molte altre no, ma nel suo complesso il sistema Paese ha perso colpi, sprecato tempo e occasioni preziose. La burocrazia ha tirato il freno a mano, la politica è stata miope e guardinga se non ostile. Il gap accumulato è stato colmato solo in parte e oggi l'Italia continua ad arrancare in posizione di coda nelle classifiche europee.   

il cittadino digitale

Alla fine del 2001, quando ho consegnato l'ultima bozza all'editore, gli "utenti unici" di Internet in Italia - cioè quanti si erano collegati da casa, da scuola, dall'ufficio, da luoghi pubblici almeno una volta nell'ultimo trimestre dell'anno - erano 18 milioni (fonte AGCOM). Un numero considerevole, se si pensa che erano appena 3,9 milioni nel 1998.

Allora si andava in rete solo (o quasi) via desktop, soprattutto con accesso dial-up e ISDN, mentre la banda "larga" (5-6 Mbps) era privilegio di soli 200mila utenti (fonte Telecom Italia), a parte qualche esperienza locale basata su fibra ottica. Quanto alla telefonia mobile, l'offerta era basata su GPRS e l'UMTS sarebbe apparso timidamente alla fine del 2002. C'erano gli SMS e gli MMS. D'altronde i primi tablet pc di Microsoft apparvero nelle mani di pochi proprio quell'anno, mentre l'iPhone avrebbe esordito solo nel 2008 e l'iPad due anni dopo.

Ebbene, in questo scenario l'Italia digitale sembrava promettere bene: "meno file più file", auspicavo nell'introduzione. E sciorinavo parole come eGovernance, eProcurement, ePoll, carta di identità elettronica, firma digitale, sportelli telematici per l'impresa, dichiarazione dei redditi online. Oppure concetti come "Un cittadino informato è meglio governato. Internet può rispondere a questa esigenza, mettersi al servizio della complessa macchina dello Stato per riformarlo profondamente, renderlo più efficiente, più vicino alle esigenze dei cittadini...trasparenza significa meno corruzione e più fiducia nelle istituzioni".     

Già in quegli anni l'Europa premeva sull'acceleratore. Nel 1999 aveva lanciato il suo piano d'azione per il governo elettronico, basato su alcuni obiettivi molto chiari: Internet meno caro, più rapido e sicuro; investire negli uomini e nelle competenze; incentivare l'uso della rete; liberalizzare il mercato delle telecomunicazioni. Con un avvertimento prioritario: "entro il 2003 gli Stati Europei dovranno garantire l'accesso digitale a tutti i servizi pubblici e agevolare le varie forme di commercio elettronico".

Com'è andata - almeno in Italia - lo sappiamo tutti. La Carta di identità Elettronica sta diventando una cosa concreta soltanto in questi mesi, come Tom's Hardware vi racconta puntualmente. Le pubbliche amministrazioni erogano ormai numerosi servizi online, ma vanno in ordine sparso e per accedere finora abbiamo dovuto usare miriadi di username e password, su centinaia di piattaforme differenti. Lo SPID, il sistema pubblico per l'identità digitale, comincia soltanto adesso a farsi strada, l'Anagrafe unica della popolazione residente (ANPR) è ancora una chimera.

Insomma, a 15 anni dalla pubblicazione del libro, "Il Cittadino digitale" italiano è ancora lattante e la nostra unica speranza è che il team di Diego Piacentini, commissario straordinario del Governo, proceda a tappe forzate per svezzarlo e farlo crescere. Non vediamo l'ora di vederlo camminare senza esitazioni.

PS. Il libro, ovviamente, è datato. Si trova nelle biblioteche. L'amarcord è un pretesto per riflettere sullo stato dell'arte dell'eGovernment nel nostro Paese. 

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