Intel vuole raffreddare processori con i nanotubi al carbonio

Intel sta lavorando con i Berkeley Lab per usare i nanotubi al carbonio e mitigare il problema.

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a cura di Manolo De Agostini

Usare i nanotubi al carbonio per raffreddare i microprocessori grazie a un'innovativa tecnica messa a punto dai ricercatori del Berkeley Lab. Lo studio, guidato dal fisico Frank Ogletree e sostenuto da Intel, si basa sull'uso di molecole organiche per formare forti legami covalenti tra i nanotubi e le superfici metalliche.

La tecnica migliorerebbe di sei volte lo scambio di calore dal metallo ai nanotubi, spianando la strada a un raffreddamento più efficiente e veloce dei chip.

Come noto quando i transistor si riscaldano le loro prestazioni possono deteriorarsi, fino ad arrivare al punto in cui non funzionano più. La prima sfida è "scortare" il calore fuori dal chip, dove le ventole o altre soluzioni possono allontanarlo definitivamente.

I nanotubi al carbonio hanno dimostrato una conducibilità termica elevata, ma finora il loro impiego per raffreddare i processori è stato frenato dall'elevata resistenza dell'interfaccia termica all'interno di sistemi nanostrutturati, che contrasta la grande conducibilità termica dei nanotubi stessi.  

Ogletree spiega che "lavorando con Nachiket Raravikar e Ravi Prasher, entrambi ingegneri di Intel quando è stato avviato il progetto, siamo riusciti ad aumentare e rafforzare il contatto tra i nanotubi al carbonio e le superfici di altri materiali. Questo riduce la resistenza termica e migliora sostanzialmente l'efficienza nel trasporto di calore".

Da sinistra: Brett Helms, Frank Ogletree e Sumanjeet Kaur

Sostanzialmente quindi si è migliorato il passaggio di calore dal carbonio al metallo. È stato possibile, spiega Sumanjeet Kaur, grazie a molecole reattive per collegare il nanotubo al carbonio all'interfaccia metallica. Per prima cosa i ricercatori hanno allineato l'agglomerato ordinato di nanotubi al carbonio, che poi sono stati fatti "crescere" su wafer al silicio, mentre pellicole sottili di alluminio od oro sono state fatte evaporate su vetrini da microscopio. Le pellicole metalliche sono poi rese funzionali e hanno permesso il legame con l'agglomerato di nanotubi al carbonio.

Per avere la conferma di aver migliorato lo scambio di calore il fisico Ogletree ha messo a punto una "tecnica di caratterizzazione" che consente di effettuare misurazioni specifiche dell'interfaccia di trasporto del calore. "Con i nanotubi al carbonio la resistenza termica dell'interfaccia aggiunge qualcosa come 40 micron di distanza su ogni lato al layer dei nanotubi", ha spiegato Sumanjeet Kaur. "Con la nostra tecnica siamo stati capaci di ridurre la resistenza dell'interfaccia in modo che la distanza extra è di circa 7 micron su ogni interfaccia".

Il team di ricercatori sta ora cercando migliorare la densità dei contatti tra il metallo e i nanotubi. La loro tecnica dovrebbe essere applicabile anche ai dispositivi al grafene a singolo e multi-strato che affrontano gli stessi problemi di raffreddamento.