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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Negli ultimi anni l'Intelligenza Artificiale ha fatto grandi passi avanti e sono nate molte aziende specializzate in tutto il mondo. Anche in Italia, dove tra l'altro di recente ha aperto un laboratorio specializzato promosso dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l'Informatica (CINI).

Uno sviluppo che ha generato anche una nuova moda, e molte aziende si sentono in qualche modo forzate a offrire servizi basati sulla AI. Di sicuro ne vedono i grandi vantaggi potenziali. Non è una cosa semplice né tantomeno economica, e così qualcuno ha pensato bene di lasciare il lavoro agli umani, ma raccontare invece che si tratta di bot.

In altre parole, ci sono persone che si spacciano per chatbot. Un'intelligenza artificiosa potremmo dire, di cui racconta Olivia Solon sul Guardian. È un'azione che, raccontano i testimoni, permette di avviare subito il servizio e stabilire le basi per lo sviluppo di un vero servizio AI, che eventualmente arriva in un secondo momento.

chatbot
Immagine: sdecoret @depositphotos

A far emergere il fenomeno è stato un recente articolo del WSJ, nel quale si racconta come Edison Software ha avuto accesso ai messaggi degli utenti di Gmail. In teoria era per addestrare il loro software di risposta automatica, ma per velocizzare il processo sono stati degli esseri umani a leggere i messaggi. Una questione che, comprensibilmente, ha fatto scattare più di un allarme in questione di privacy. C'è poi un reportage Bloomberg del 2016, che evidenzia invece un caso ancora più incredibile: persone che effettivamente si fingevano software - una vera e propria inversione del paradigma AI.

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In molti casi l'intervento umano serve per accelerare la fase di addestramento degli algoritmi, un'attività che è diventata persino un servizio a sé stante: la società Scale offre persone che analizzano e preparano i dati da dare in pasto alle AI. In altri casi invece c'è una vera e propria pantomima: si racconta di avere un sistema AI finché non diventa vero.

"Simuli come sarà l'esperienza finale. E spesso quando si parla di AI dietro c'è una persona invece che un algoritmo", conferma Alyson Darcy di Woebot. Un caso esemplare, quest'ultimo, che si presenta come un automa per l'assistenza psicologica ed emotiva. Stando ad alcune ricerche, per persone tendono ad aprirsi di più se pensano di parlare con una macchina invece che un essere umano. Un fatto curioso nemmeno i filosofi della AI avevano preso in considerazione.

Sta di fatto però che almeno in alcuni casi è una menzogna: crediamo di avere a che fare con un bot e invece si tratta di una persona in carne e ossa. Una mancanza di trasparenza che sarà anche utile per sviluppare AI migliori in prospettiva, ma nell'immediato è un vero e proprio inganno. Potremmo persino coniare un neologismo: Intelligenza Artificiosa.