Programmatori vs IA: la creatività umana vince in 3 aree chiave

L'IA non sostituirà i programmatori: il coding è solo una piccola parte del lavoro, implica esplorare territori sconosciuti e rispondere alle esigenze di un mondo sempre più connesso.

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a cura di Antonino Caffo

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Nel cuore di una rivoluzione tecnologica senza precedenti, l'intelligenza artificiale continua a scuotere numerosi settori professionali, generando ondate di preoccupazione tra lavoratori di ogni ambito. Eppure, nonostante i titoli allarmistici che preannunciano la sostituzione dei programmatori, proprio coloro che hanno contribuito alla creazione di questi sistemi sembrano paradossalmente i primi nella lista dei "condannati all'obsolescenza". Una narrazione che appare quantomeno curiosa: perché proprio i creatori dovrebbero essere le prime vittime delle loro creature? Questa convinzione diffusa tradisce una profonda incomprensione di ciò che significa veramente essere uno sviluppatore software nel mondo contemporaneo.

La programmazione oltre il codice: un mestiere di relazioni

Chiunque abbia realmente lavorato come sviluppatore sa che scrivere codice rappresenta solo una frazione marginale dell'intero processo. Un programmatore professionista opera all'interno di ecosistemi complessi, caratterizzati da processi consolidati, sistemi preesistenti e risorse limitate. Le tanto detestate riunioni di cui gli sviluppatori si lamentano costituiscono in realtà il vero punto di partenza del loro lavoro: essere presenti, ascoltare le esigenze, interpretarle e rispondere con soluzioni praticabili.

Il lavoro inizia molto prima che le dita tocchino la tastiera per scrivere la prima riga di codice. Paradossalmente, questa capacità di navigare il contesto organizzativo e tradurlo in soluzioni funzionali è raramente valutata nei test di selezione per le posizioni di sviluppo, nonostante rappresenti il nucleo essenziale della professione. L'intelligenza artificiale può generare codice, ma può davvero comprendere le dinamiche umane di un'organizzazione?

Quando tutte queste fasi preliminari vengono gestite correttamente, la scrittura del codice diventa un processo che, pur non essendo semplice, acquisisce significato all'interno del contesto specifico dell'organizzazione. Gli strumenti evolvono costantemente, ma l'essenza del mestiere rimane sorprendentemente invariata.

Programmare significa esplorare territori dove nessun codice è mai stato scritto prima.

La vera sfida dello sviluppatore emerge quando si avventura oltre i confini del conosciuto. Per le attività di routine esistono già innumerevoli librerie e strumenti di automazione, creati proprio per evitare di reinventare continuamente la ruota. Il valore inestimabile di un programmatore risiede nella sua capacità di rispondere alla domanda "Potremmo?" avventurandosi in territori inesplorati.

In queste frontiere del possibile non esistono mappe, non ci sono discussioni su Stack Exchange o Reddit a cui attingere. Gli assistenti IA basati su training con risorse esistenti diventano inutili quando si tratta di innovare veramente. Lo sviluppatore deve trovare la propria strada attraverso tentativi, errori e intuizioni personali – un processo intrinsecamente umano che rappresenta spesso la parte più gratificante del lavoro.

Un mondo saturo di silicio che richiede più programmatori, non meno

Viviamo in un'epoca in cui abbiamo inserito processori in praticamente ogni oggetto che produciamo – una realtà che si è rivelata particolarmente problematica durante la crisi dei chip, causata dalle interruzioni della catena di approvvigionamento durante la pandemia. I casi d'uso per monitoraggio, controllo e connettività basati su silicio sono cresciuti esponenzialmente nell'ultimo quarto di secolo.

La qualità del codice che gestisce questi innumerevoli dispositivi lascia spesso molto a desiderare, sia in termini di affidabilità che di sicurezza. Per migliorare questa situazione, abbiamo bisogno di una generazione di programmatori che comprenda il contesto di tutti questi dispositivi connessi, che sappia scrivere software adeguato ai diversi contesti e mantenerlo man mano che questi evolvono.

La programmazione non è un'attività occasionale né qualcosa che possa essere delegato agli algoritmi. Rappresenta piuttosto una conversazione continua tra il programmatore, le sue macchine e il mondo in cui operano – una conversazione che le IA attuali non possono comprendere nella sua totalità. Come osserva John Allsopp: "Quasi nessuno coglie il punto che la maggior parte del 'software' tradizionalmente non è stato scritto da sviluppatori professionisti. Sono fogli di calcolo, Visual Basic, FoxBASE Pro e FileMaker. È questo tipo di codifica che l'intelligenza artificiale potrà sostituire."

Abbiamo riempito il mondo di macchine e codice. Credere che avremo improvvisamente bisogno di meno programmatori proprio nel momento in cui raggiungiamo questo punto di crescita esponenziale sarebbe una follia. La vera trasformazione probabilmente non riguarderà gli sviluppatori professionisti, ma piuttosto la democratizzazione degli strumenti di sviluppo per gli utenti non specializzati, un processo già in corso da decenni attraverso fogli di calcolo e piattaforme low-code.

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