Pedofili alle strette, le foto rivelano la loro identità

Due ricercatori italiani hanno messo a punto un metodo per determinare chi ha scattato una fotografia.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

In Rete circolano fotografie che non dovrebbero nemmeno esistere, e scoprire chi le ha scattate potrebbe aiutare ad arginare problemi gravi come la pedopornografia e altri crimini odiosi. È una cosa possibile grazie alla traccia univoca che ogni sensore lascia sulle immagini scattate, e all'incrocio delle informazioni offerte da social network, blog e simili.  

La traccia in questione è il Sensor Pattern Noise (SPN), una sorta di "impronta digitale del sensore stesso", ci spiega Pasquale Stirparo (@pstirparo), specialista in informatica forense e coautore insieme al Dr. Riccardo Satta di un sistema che analizza il Sensor Pattern Noise delle immagini per determinare la possibile identità dell'autore, e scandaglia la rete per determinarne la possibile identità.  

un progetto di ricerca che stanno continuando a sviluppare al Joint Research Centre (JRC), il centro di ricerca della Commissione Europea, che ho fatto insieme al mio ex-collega Riccardo Satta e nato nel 2013 quando ancora lavoravo al JRC. Abbiamo unito le sue competenze in materia di Pattern Recognition e Computer Vision, con le mie in materia di Informatica Forense, frutto di un'esperienza attiva sul campo lunga oramai 6 anni", ci racconta Stirparo – che ha da poco fondato una propria società.

Il sistema è ancora acerbo ma promettente: in un primo test sono state prese in esame quasi 3.000 immagini estratte da quindici diversi profili social network e blog. Nella metà dei casi è stato possibile trovare una probabile corrispondenza con una specifica macchina fotografica. Nel 90% dei casi, poi, è stato possibile raggruppare le fotografie a seconda della macchina usata per scattarle.

L'impronta sulle immagini è univoca, come dicevamo, e impossibile da falsificare. È tuttavia molto sensibile alle alterazioni: ogni operazione di fotoritocco o miglioramento dell'immagine stessa infatti riduce la precisione del riconoscimento. "Più un'immagine risulta modificata, meno l'SPN risulta riconoscibile", continua Stirparo. "Questo è il motivo per cui al momento siamo molto lontani da una accuratezza del 100%".

La tecnica, inoltre, al momento funziona solo con immagini fisse e non con video - proprio perché con questi ultimi c'è un algoritmo di compressione troppo aggressivo affinché ci sia un SPN leggibile. Insomma Instagram potrebbe rendere le cose più difficili.

Il sistema comunque può davvero aiutare a identificare le persone a partire dalle fotografie messe online, soprattutto se i bersagli hanno dati pubblicamente accessibili, per esempio sui social network. Non fornisce un nome, ma può dare un aiuto concreto nelle indagini.

"Il nostro metodo fornisce un rank delle possibili identità online associate ad una data immagine, con la probabilità di riconoscimento corretta che va dal 56% su 10 identità social diverse, che è di gran lunga superiore alla ipotesi casuale ma evidentemente non abbastanza per una precisa identificazione, a circa il 90% nei primi 5 profili del rank", specifica il ricercatore. Una volta ridotto il numero dei sospetti, poi, gli investigatori potrebbero esaminare i dispositivi fotografici per restringere ulteriormente il campo o individuare il colpevole.