Pier Silvio contro l'asta frequenze, Mediaset barcolla

Pier Silvio Berlusconi sostiene che pensare a un'asta per le frequenze TV non solo sarebbe ingiusto e iniquo ma anche non realistico per il tipo di mercato che richiede grandi investimenti. A suo parere inoltre pare essere ridicolo parlare ancora del problema concorrenza: in Italia ci sono 200 canali.

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a cura di Dario D'Elia

Mediaset naviga in cattive acque e ancora una volta ribadisce la sua contrarietà sul beauty contest TV trasformato in asta. È un Pier Silvio Berlusconi attapirato quello che ha concesso oggi un'intervista a La Stampa per fare chiarezza su quel che sta avvenendo - nel 2011 il valore del titolo in Borsa si è dimezzato.

"Certo, anche Mediaset sente la crisi, ma stiamo facendo di tutto per superarla bene", ha ammesso il vicepresidente del Gruppo Mediaset e presidente e amministratore delegato di R.T.I.. "Basta con le polemiche sulla presunta mancanza di concorrenza, basta giudicarci con la lente strumentale della politica, questa azienda è una realtà industriale leader nel suo settore e in un momento di crisi come questo andrebbe semmai salvaguardata, non indebolita".

Pier Silvio Berlusconi

Già, di fronte a un'azienda "solida e dinamica" che si è sempre distinta "in termini di prodotto e di risultati" perché accanirsi? Quest'anno il bilancio si chiuderà con oltre 200 milioni di utile e con i ricavi pubblicitari superiori alla media di mercato; inoltre è in atto un piano di tagli dei costi da ben 250 milioni di euro l'anno (per tre anni). Insomma, non butta così male però qualcosa è cambiato.  Qualcuno dice il mercato, altri la concorrenza, altri ancora il vento che viene da Arcore.

Certamente questo governo Monti sembra ancora tutto da interpretare. "Se vince il buon senso, il nuovo esecutivo può essere per noi una boccata d'ossigeno", diceva Pier Silvio nei giorni dell'insediamento di Super Mario. Ma oggi il beautygate ha rimesso tutto in discussione. "Pensare a un'asta non solo sarebbe ingiusto e iniquo, perché in tutta Europa si è proceduto con assegnazione gratuita. Ma sarebbe anche non realistico: per il business televisivo il vero problema non sono le frequenze, ma i pesanti investimenti per creare contenuti competitivi di livello. Lo dice il mercato, non noi".

È vero, nel resto d'Europa queste ultime le hanno regalate, ma Pier Silvio dimentica di dire che l'anomalia italiana si è consumata nel primo passaggio dall'analogico al digitale quando Rai, Mediaset, La7 e altri network hanno ricevuto, senza giustificarne l'uso, più frequenze digitali di quanto realmente avessero bisogno.

La posizione di Pier Silvio Berlusconi è discutibile ma su una cosa ha certamente ragione, ovvero che tutti gli imprenditori hanno "bisogno di regole certe". E se per 17 anni la presenza in politica del loro azionista di riferimento è stata un problema oggi la questione non si pone più. "Si valuti Mediaset per la grande impresa che è", dice Piersilvio. "Mai avuto né regali, né favoritismi dal governo".

La linea im(Maginot) - clicca per ingrandire

Prevedibilmente sulla Legge Gasparri il delfino glissa, ma sull'IVA per la TV satellitare e contributi per i decoder sostiene una difesa (im)Maginot. "L'aumento dell'IVA era per tutte le pay tv, e ha colpito più Mediaset Premium che era in fase di start up, in concorrenza con il monopolista satellitare. Gli incentivi per i decoder erano a favore dei cittadini, obbligati per legge a cambiare tecnologia per guardare la tv". Di questi ultimi due casi (580 milioni di Euro di tasse per i clienti Sky) ne abbiamo ampiamente parlato in passato (Mediaset dovrà pagare i contributi per i decoder DTT).

Insomma, si critica e si attacca un'azienda di riferimento per scopi che esulano dalla sua attività. "Mi fa ridere, poi, sentire ancora parlare di duopolio e mancanza di concorrenza. In pochi anni in Italia siamo arrivati a oltre 200 canali. La verità è che nel nostro Paese nel settore tv c'è tantissima concorrenza. È un dato oggettivo", sostiene Pier Silvio. "[...] il settore tv è già liberalizzato. Ben venga la concorrenza, ma non deve essere creata in maniera dirigista snaturando le leggi di mercato".

Che ha detto Pier?

E pensare di mettere un tetto agli spot televisivi, secondo Mediaset sarebbe un follia. "In un momento in cui per lo sviluppo ovunque si invocano liberalizzazioni? In Italia regole che vincolano la pubblicità ci sono già e rispecchiano norme europee. Spezzettare il mercato artificialmente e solo per motivi politici indebolirebbe tantissimo la tv italiana, sia come industria sia per ricchezza di offerta. Ecco, non danneggiamo un settore cruciale per l'economia e l'identità del Paese, un settore che produce informazione, cultura e posti di lavoro".

Pier Silvio è sempre convincente, ma forse pecca sempre un po' di tempismo. Ormai tutti sanno che quando i numeri in azienda non girano si presta ai media per tranquillizzare i mercati. L'ha sempre fatto in questi anni. Altra cosa divertente è che per 17 anni ha negato il problema del conflitto di interessi, e oggi di fatto lascia intendere che la questione è alle spalle e bisogna andare avanti. Peccato che a milioni di italiani, non tutti ovviamente, interesserebbe sapere come siano andate realmente le cose per stabilire le regole migliori che possano stimolare lo sviluppo.

Oggi dire che Mediaset non è mai stata favorita e che in Italia esiste libera competizione nel settore televisivo sembra essere ancora argomento di dibattito. E allora lasciamo questo compito ai posteri. Voltiamo pagina. Ecco.