Recensione Canon EOS R6

La Canon EOS R6, insieme con la più potente e costosa EOS R5, è una delle due attesissime mirrorless presentate da Canon la scorsa estate. Dal punto di vista delle specifiche, Canon ha deciso di sacrificare la risoluzione della R6, fermandosi solamente a 20 MP, per contro la fotocamera offre prestazioni ISO eccellenti. Grazie a un parco ottiche molto vasto, all'introduzione di un nuovo stabilizzatore integrato e a un numero di funzionalità davvero soddisfacente si prefigge di far breccia nel cuore degli utenti che non sono troppo convinti di passare da una reflex a una mirrorless.

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a cura di Paolo D'Angelo

La Canon EOS R6, insieme con la più potente e costosa EOS R5, è una delle due attesissime mirrorless presentate da Canon la scorsa estate. Iniziamo subito dicendo che la R6 è una grande fotocamera, quasi certamente la migliore mirrorless di Canon, e una volta che il prezzo si sarà assestato potrebbe anche diventare la migliore fotocamera di Canon semiprofessionale di sempre.

Paragonando la R6 alle precedenti EOS R ed RP, ci si accorge in immediatamente che i modelli più vecchi appartengono ad un’altra generazione, nonostante la prima sia stata presentata solo nel settembre del 2018, mentre la seconda addirittura nel Febbraio 2019.

Canon EOS R6

  • Sensore: 35.9 x 23.9 mm (full frame) CMOS
  • Risoluzione: 20,1 MP (sensore 21,4 MP)
  • Autofocus: Dual Pixel CMOS AF II
  • Processore d'immagine: DIGIC X
  • Innesto obiettivo: RF (compatibile con EF ed EF-S tramite adattatore)

La Canon EOS R6 introduce, insieme alla sorella, per la prima volta il sensore stabilizzato all’interno del corpo macchina (IBIS), una funzionalità molto attesa dagli utenti di lunga data del marchio giapponese. Un importante passo in avanti rispetto al passato è costituito dal nuovo processore Digic X, montato per la prima volta sulla reflex professionale per fotografi d’azione Canon 1-D X Mark III, uscita all’inizio del 2020.

Ciò permette alla fotocamera di registrare video 4K fino a 60 fps, fino 120 fps in Full HD e fornisce prestazioni raddoppiate rispetto alla configurazione a doppio processore DIGIC VI+ della precedente Canon 1-D X Mark II uscita nel 2016.

La sua presenza a bordo rende la EOS R6 una fotocamera veloce, molto veloce. Ma la velocità, si sa, non è tutto. Anche le immagini sono nitide come ci si aspetterebbe da una mirrorless evoluta di questa fascia di prezzo. Non solo, il sensore full frame aggiornato possiede anche una eccezionale tenuta al rumore digitale, mantenendo gli scatti puliti anche ai settaggi ISO più alti. Per arrivare a questo risultato, Canon ha deciso di limitare il numero dei pixel sul sensore da 36x24 mm a soli 20 milioni, un valore più comune alle fotocamere di inizio dello scorso decennio, piuttosto che del presente, ma che ha permesso di ottenere dei fotositi di dimensioni relativamente grandi.

Per questa ragione, la pulizia nelle immagini prodotte dalla R6 risulta ancora più evidente se si scatta di notte o in condizioni di scarsa luminosità.

Se si desidera un numero maggiore di megapixel, bisogna rivolgersi a fotocamere come la EOS R con i suoi 30 megapixel che tra l'altro costa anche meno, €2.089,99 da listino Canon, incluso l’adattatore per obiettivi EF, ma questo al prezzo di un bel po’ di novità e aggiornamenti che la R6 porta in dote.

L’alternativa è salire di livello e puntare ai 45 MP della Canon R5, con un prezzo di listino che però lievita dai €2.829,99 della R6 a ben €4.709,99.

Sulla R5 la dimensione dei fotositi diminuisce da 6.57μm a soli 4.39μm, tant’è che Canon dichiara per questa fotocamera uno stop ISO utile in meno rispetto alla R6.

Quello che però i numeri della scheda tecnica tendono a celare, è che la R6 mette il fotografo a proprio agio con un’azzeccata combinazione di funzionalità disponibili, una configurazione piuttosto flessibile e un sistema di controlli azzeccato.

Il corpo macchina della R6 è relativamente compatto (138 x 105 x 88 mm), ma abbastanza grande da essere impugnato senza problemi. La realizzazione della R6 prevede un oculare leggermente sporgente, pertanto lo spessore reale del corpo è più sottile di quello di una reflex full frame.

Chi ha le mani grandi potrebbe trovare il lato destro della fotocamera leggermente più snello di quanto avrebbe voluto. L’impugnatura offre un grip migliorato da una zigrinatura non troppo in rilievo, mentre tutto il resto della fotocamera ha la classica finitura semiruvida, robusta ma incline a raccogliere piccoli graffi.

La parte posteriore è dominata per due terzi dal display LCD touch snodato, alla quale si aggiungono una serie di pulsanti sul lato destro, oltre alla classica ghiera piatta con il pulsante SET posizionato nel centro. A differenza della R5, la R6 non ha alcun display superiore, ma presenta la tradizionale ghiera con le modalità.

Vicino ad essa, troviamo una seconda ghiera per la selezione degli ISO e altri tasti, tra cui quello per la registrazione video. Verso il lato anteriore è presente anche una terza ghiera orizzontale, mentre poco distante si trova il pulsante di scatto.

Sulla fotocamera è presente la slitta per il flash esterno e, comprensibilmente, manca quello popup integrato nelle fotocamere di classe inferiore. Niente di nuovo, insomma, anche perché spesso il flash popup è più un danno che un reale beneficio.

Vicino al display ritorna il pratico joystick, eliminato sulla precedente EOS R in favore di una molto poco apprezzata barra. La sua presenza rende le operazioni di controllo un gioco da ragazzi.

Sul frontale del corpo macchina si trovano solamente il pulsante di sgancio per l’obiettivo, il pulsante di simulazione della PDC e il led dell’assistenza autofocus, mentre grazie ad una quarta ghiera situata sul lato posteriore a sinistra del mirino, la fotocamera si accende istantaneamente.

La R6 è realizzata esternamente in policarbonato ed è lievemente tropicalizzata. Il suo peso è di 680 g e non si discosta molto da quello di una reflex tradizionale. La la reflex 6D mk2 pesa appena 85 grammi in più, mentre la più robusta 5D mk4 pesa 210 grammi extra. Se si monta sulla R6 un teleobiettivo lungo della serie EF e si vuole posizionarla su di un treppiede, sarà necessario utilizzare l’anello di supporto sull’obiettivo, in modo da bilanciare il peso del gruppo corpo-obiettivo.

Un commento a parte merita il mirino elettronico della R6, dotato di 5,7 milioni di punti e di un ingrandimento pari a 0,76x.

Vorremmo rassicurare subito chi intende sostituire la propria reflex pro o semi pro con la Canon R6: il vecchio mirino ottico non vi mancherà. Innanzitutto l’EVF della R6 è luminoso e molto grande, oltre che ricco di informazioni, mentre il lag è praticamente inesistente e si nota solo quando si tende a muovere l’inquadratura.

Per effettuare tecniche di panning veloce durante una gara sportiva, la nostra preferenza va ancora su una reflex dotata di mirino ottico, e questo spiega perché Canon abbia ancora in produzione modelli come la Canon EOS-1D X Mark III.

A parte ciò, l’unica altra cosa che tradisce la sua natura elettronica, è una dinamica per forza di cose inferiore a quella dell’occhio umano; ad esempio, inquadrando un cielo estremamente luminoso, il mirino non riesce a gestire i “buchi di luce” e tutto sembra avere approssimativamente la stessa luminosità, mentre a occhio nudo si notano abbondanti differenze di luminosità.

Questo aspetto non ha comportato comunque nessun problema nell’uso quotidiano della fotocamera, ma abbiamo ritenuto doveroso specificarlo.

Il mirino fornisce una quantità abbondante di informazioni rispetto a quello di una reflex e in fase di conferma del fuoco raggiunto, l’EVF permette di vedere l’esposizione reale dell’immagine per un istante, rendendo la selezione dei parametri di scatto molto più immediata.

Come dicevamo, chi utilizza la fotocamera solamente per foto d’azione potrebbe preferire ancora il mirino ottico, molto più immediato e diretto, ma in tutti gli altri casi l’EVF della R6 si farà apprezzare per le sue qualità.

Oltre ad esso, la R6 mette a disposizione un display LCD touch (3” e 1,6 MP) che può essere usato aperto a mo’ di videocamera, ruotato come un display tradizionale, oppure lasciato chiuso in modo da proteggerlo (e guadagnando qualcosa in termini di autonomia). Sfruttando il sensore di presenza di fronte all’oculare, una specifica funzione permette di configurare lo scambio tra EVF e LCD, e ciò è utile soprattutto per minimizzare il consumo di batteria.

La Canon R6 presenta una serie di connettori protetti da alcuni robusti sportellini di gomma sul lato sinistro. Sono presenti uno scatto remoto con micro jack, 2 jack 3,5 mm per cuffie e microfono esterni, ai quali si aggiungono un connettore micro HDMI e un USB-C (3.1) che permette anche di ricaricare la fotocamera. Una funzionalità utile che le permette di sfruttare l’uso di un powerbank durante i trasferimenti per aumentare l’autonomia.

A proposito di autonomia, la R6 utilizza una batteria già conosciuta (e posseduta) dai proprietari di Canon e di conseguenza anche del relativo caricabatteria. Questo farà piacere a tutti i fan del marchio giapponese che potranno riutilizzare le loro batterie LP-E6N (solo quelle originali però) sul nuovo modello.

R6 viene venduta di serie con una versione migliorata della batteria (LP-E6NH) che ha una capacità di 2130 mAh, il 20% in più rispetto alle tradizionali batterie Canon da 1800 mAh.

In generale è possibile affermare che l’autonomia della R6 è parecchio inferiore a quella di una reflex. La 5D mk 4 dichiara 900 scatti con la batteria da 1800 mAH, mentre la R6 solo 360 con la nuova batteria maggiorata.

All’atto pratico, l’autonomia della R6 viene influenzata tantissimo dall’uso che si fa dell’EVF e del display. Scattando a raffica e usando la fotocamera in stile “reflex a pellicola” è possibile farla durare più del dichiarato, ma se ci si ostina ad effettuare molte regolazioni dei parametri tramite l’EVF o se si sfrutta l’LCD per visualizzare le foto scattate per molto tempo, il numero di scatti possibili scende drasticamente sotto tale valore.

È possibile risparmiare energia giocando con le impostazioni di luminosità dei due display, ma è un trucchetto che non permette di fare miracoli. L’autonomia della R6 è in definitiva simile a quella offerta dalle precedenti reflex e non distante dalle capacità delle mirrorless della concorrenza.

A titolo di paragone, la Nikon Z6 II dichiara 410 scatti, ma è una fotocamera meno potente della R6 e utilizza una batteria leggermente più capiente.

In definitiva se acquisterete la Canon EOS R6, valutate di aggiungere nel carrello almeno 1 batteria aggiuntiva se siete fotografi occasionali, mentre se intendete utilizzarla in maniera intensiva saranno necessarie un minimo di 3 batterie per garantire la pace dell’anima mentre siete all’opera.

La R6 utilizza un innesto di tipo RF, introdotto per la prima volta nel 2018 sulla EOS R.

Questo innesto presenta un tiraggio di 20 millimetri e una connessione a 12 pin (sul precedente innesto EF erano 8), che consente di migliorare la comunicazione con la fotocamera rispetto al precedente sistema EF.

L’innesto di quest’ultimo è peraltro molto simile a quello RF, a tre lamelle. Tuttavia in quello EF le lamelle sono di dimensione identica tra loro, mentre l’RF utilizza due lamelle identiche, mentre la terza è più lunga.

Ciò garantisce che gli obiettivi non possano essere montati per errore su un sistema diverso da quello proprietario, rendendo peraltro incompatibili i tappi posteriori e obbligando a fare attenzione quando li si rimonta per via della nuova forma che non consente errori.

Per trovare il favore dei vecchi clienti, Canon ha realizzato tre adattatori EF-RF che permettono di usufruire di centinaia di obiettivi EF ed EF-S vecchi e nuovi (compresi i tilt-shift TS-E, e i macro MP-E) e ciò potrebbe fare un’enorme differenza nella scelta del proprio sistema fotografico.

Gli utenti novizi che iniziano dal sistema RF, avranno a disposizione da subito un discreto parco ottiche. Il numero di obiettivi RF disponibili sul mercato è in espansione, e al momento conta più di 15 ottiche differenti. Nel frattempo, gli utenti di lunga data potranno sfruttare tutti gli obiettivi in loro possesso senza alcuna perdita di prestazioni. Il sistema RF peraltro è sia pratico che potente, mutuando l’esperienza ultra trentennale di sviluppo del precedente sistema EF di Canon.

Bisogna notare che l’utilizzo di obiettivi EF-S non permette la copertura completa del sensore full frame, pertanto montarne uno farà funzionare la fotocamera in modalità ritaglio.

In tal modo sarà solamente possibile ottenere immagini con una risoluzione limitata a 7,8 megapixel, un numero basso, ma sufficiente per ottenere stampe delle dimensioni di un foglio A4 di buona qualità.

Per la nostra prova ci è stato dato in dotazione un anello adattatore standard (gli altri due tipi sono con filtro drop-in e con ghiera aggiuntiva configurabile) e su di esso abbiamo montato diversi obiettivi EF, tra cui diversi obiettivi Canon (24-105 IS f/4L, 70-200 f/4L, 100-400 IS L), Sigma (12-24 DG HSM, 50 DG HSM) e con gli appositi adattatori aggiuntivi anche gli obiettivi vintage Jupiter-9 85/2 e Contax Sonnar 2.8 135.

Canon ci ha fornito gli obiettivi RF 24-105 f/4 L IS e RF 35 F1.8 MACRO IS STM. Non abbiamo avuto problemi con nessuno degli obiettivi testati, se non con il Contax, dato che l’adattatore non permetteva la conferma di messa a fuoco, disabilitando di fatto lo scatto sulla R6.

Durante la nostra prova sono state scattate molte fotografie e l’impressione generale è che il sensore della R6 tenda a premiare gli obiettivi più nitidi, in maniera similare a quanto già visto in passato su altri modelli EOS. Se sulla carta gli obiettivi RF sembrano migliori, all’atto pratico non è facile notare un’enorme differenza tra i nuovi RF e i vecchi EF Serie L. La velocità di esecuzione della R6 è sempre fantastica e la nitidezza sembra più influenzata dai parametri di scatto e dalle condizioni ambientali che da sostanziali differenze tra obiettivi.

Il sensore della EOS R6 è simile a quello della EOS-1D X mk3, se si esclude il più sofisticato filtro antialiasing sulla sportiva, peraltro anche molto più più costosa. La R6 produce immagini molto simili ad altre Canon full frame, sfornando dei file RAW pieni di dettagli nel recente formato CR3, introdotto con la EOS M50 all’inizio del 2018. Anche le immagini JPEG sono di buona qualità, con poco rumore e colori piacevoli e realistici. Abilitando la funzione HDR PQ è anche possibile produrre file HEIF a 10 bit.

La gamma ISO disponibile sulla R6 varia tra 100 e 102400 ISO, che diventano 50 e 204800 ISO attivando l’espansione ISO. La fotocamera lavora meravigliosamente tra 100 e 6400 ISO, mantenendo sempre una quantità di rumore piuttosto bassa. Salendo con i valori di sensibilità, il disturbo digitale inizia ad apparire progressivamente, ma non arriva mai a un livello tale da distruggere completamente il dettaglio.

In condizioni ottimali non è impensabile ottenere immagini accettabili anche a 51200 ISO, lasciando le impostazioni superiori solo per i casi di vera emergenza. Il rumore generato dalla R6 è molto fine e può essere rimosso con apposite funzioni software in post produzione. Se non si esagera con la riduzione del rumore, il livello del dettaglio è sempre garantito ed è sufficiente a rendere le foto nientemeno che impressionanti.

Sulla R6 sono presenti due slot di memoria SD che supportano tutti i tipi di schede a partire dalle vecchie SD, incluse le SDHC e SDXC, fino alle costose schede UHS-II. Queste ultime vengono richieste per registrare in 4K a 50/60 fps, ma per l’uso quotidiano delle schede da almeno 30 MB/s saranno già sufficienti. Noi con una scheda da 30 MB/s siamo riusciti a scattare 90 foto consecutive in RAW, prima che la fotocamera rallentasse.

Come altre fotocamere Canon, la R6 può salvare due file diversi contemporaneamente, ed è disponibile anche il salvataggio su doppia scheda di memoria come backup istantaneo.

Il formato RAW è l’opzione migliore in termini di qualità e genera file lossless delle dimensioni di circa 25-30 MB. Usando il formato C-RAW si ha una perdita di informazione quasi impercettibile a fronte di un risparmio di circa il 40% dello spazio su memory card. Oltre ai file RAW sono disponibili sette formati di JPEG da 20, 9, 5 e 2,8 MP e a parte quest’ultimo tutti possono essere configurati in due livelli qualità.

Attivando la funzionalità HDR PQ dal menu della fotocamera è possibile attivare un formato intermedio che sostituisce il salvataggio JPEG / 8-bit / sRGB con quello HEIF / 10-bit / BT.2020.

Questi file sono ottimizzati per la visualizzazione su schermi HDR ad alta risoluzione e nonostante il formato contenga molte più informazioni, la dimensione finale del file è sorprendentemente simile a quella del migliore formato JPEG.

AUTOFOCUS

Il sistema autofocus dual pixel CMOS della Canon EOS R6 è veloce, potente e permette una configurazione piuttosto fine di diversi parametri per garantire la massima flessibilità possibile. Utilizza sia la rilevazione di fase che quella di contrasto per garantire velocità e precisione nella messa a fuoco. Non si tratta di un sistema totalmente nuovo, ma rispetto al passato presenta alcune novità interessanti.

In quest’ultima versione mette a disposizione 8 metodi AF. Due di essi sono molto precisi (spot e 1 punto), due intermedi (espandi area e area intorno), mentre tre sono più ampi (zona, zona verticale e zona orizzontale). Tutti i metodi possono essere configurati tramite joystick per indicare la zona di interesse e facilitare la composizione. L’ultimo metodo è una novità e permette l’inseguimento AF del volto e degli occhi di persone e di animali da compagnia sfruttando il potente processore DIGIC X di Canon.

Questo processore oltre ad sfoggiare altissime prestazioni, è dotato di intelligenza artificiale deep-learning che permette di riconoscere i soggetti anche in condizioni avverse, come nel caso in cui l’occhio del soggetto non sia visibile perché la testa è ruotata oppure perché sta indossando un casco.

Come già accennato, il sistema è estremamente veloce, o per meglio dire, fulmineo in qualsiasi condizione di utilizzo, almeno fintanto che la quantità di luce non diventa così scarsa da non permettere all’autofocus di lavorare al massimo delle sue prestazioni.

Canon dichiara l’autofocus operativo fino a -6,5 EV in condizioni ottimali, una quantità di luce estremamente ridotta pari a circa un’esposizione di 20,5 secondi a f/4 e ISO 6400.

Il sistema ha inoltre un’intera sezione del menù dedicato al fine tuning e un gran numero di parametri di configurazione.

Se siete utenti comuni, trovare il giusto assetto per le opzioni dell’autofocus non richiederà più di qualche minuto ed eventualmente qualche prova di scatto.

Se il vostro obiettivo è invece quello di riuscire a padroneggiare il sistema autofocus nella fotografia sportiva più estrema, con velocità angolari e lineari del soggetto elevate, sarà necessario molto più tempo per riuscire a carpirne i segreti e spremere le capacità della R6 al massimo.

Una volta prese bene le misure, scoprirete che essi sono davvero molto alti. È possibile arrivare a 20 fps utilizzando l’otturatore elettronico, ma esistono alcuni limiti rispetto alla velocità angolare del soggetto e per quanto riguarda la frequenza della luce artificiale presente nella scena.

Passando ad una combinazione di otturatore meccanico e elettronico sulla prima tendina si possono raggiungere i 12 fps in modalità H+ e un massimo tra 6 e 8 fps in modalità H, a seconda che si scelga di utilizzare l’otturatore meccanico o elettronico. In modalità standard la velocità scende a 3 fps, utile se si riprendono soggetti lenti e non si desidera realizzare una miriade di scatti intermedi.

La fotocamera permette anche di realizzare il bracketing autofocus per ottenere una serie di scatti con differenti punti di fuoco che possono essere montati successivamente tramite il software Canon Digital Photo Professional per ottenere delle immagini ad elevata profondità di campo.

L’AF Servo della R6 presenta anche diverse modalità automatiche, chiamati Case, che vanno a gestire una serie situazioni di movimento del soggetto specifiche. Questi case possono anche essere personalizzati nei parametri per ottenere le massime prestazioni possibili. Ci sono una modalità automatica più 4 configurabili da vari parametri. In particolare le modalità sono ottimizzate per soggetti che si muovono erraticamente, per soggetti che vengono occultati da ostacoli, per soggetti che intercettano punti AF e soggetti che frenano e accelerano rapidamente.

Inutile dire che una volta che si prende la mano con l’autofocus della R6, scattare fotografie d’azione diventa un’attività relativamente semplice.

Non esiste una fotocamera capace di immortalare in maniera perfetta tutto quello che succede davanti all’obiettivo, ma possiamo affermare che la R6 riesce a rendere semplice la fotografia d’azione anche per chi non possiede una lunga esperienza nella foto di soggetti in rapido movimento.

Ciò non significa che basta impugnare la fotocamera per diventare dei maestri, ma rispetto alle precedenti fotocamere di Canon la combinazione tra servo elettronica, aumentata sensibilità, un processore ultra responsivo e un ergonomia ulteriormente affinata, è in grado di migliorare drasticamente la precisione di scatto nelle situazioni più concitate.

FUNZIONALITÁ

Il sistema di stabilizzazione IBIS è una novità in casa Canon, presentato proprio con l’accoppiata R5/R6. L’azienda dichiara una stabilizzazione fino a 8 stop usando obiettivi stabilizzati specifici come l’RF 24-105 f/4 IS che avevamo in prova. Premettendo che parte del lavoro dipende dall’esperienza del fotografo, abbiamo provato a fotografare la scatola di una Geforce Zotac GTX 1080 TI utilizzando la focale di 105 mm, a f/4 e 100 ISO.

Per realizzare la foto avremmo dovuto utilizzare un tempo di almeno 1/100 di secondo, ma siamo riusciti a realizzare la migliore foto possibile scattando a 1/6 di secondo, recuperando 4 stop. In tutti gli altri casi, tempi ancora più spinti non ci hanno permesso di ottenere una fotografia sufficientemente nitida, anche se siamo riusciti ad ottenere scatti decenti scattando a 0,8 secondi, recuperando quasi 6,5 stop. Ovviamente si tratta prove empiriche e in altre situazioni lo stabilizzatore potrebbe lavorare diversamente, in ogni caso le foto realizzate disattivandolo erano praticamente inguardabili per via dell’eccessiva quantità di mosso.

L’esposimetro della R6 funziona bene, similmente a quello delle fotocamere che l’hanno preceduta e anche le modalità sono identiche a quelle già viste in precedenza. Generalmente quella valutativa funziona bene nella maggior parte dei casi, e se escludiamo i controluce più estremi o la presenza di forti riflessi (ad esempio con il sole che colpisce un manto nevoso), possiamo affermare con buona certezza che è possibile usarla in ogni situazione.

Le altre due modalità si possono utilizzare in alternativa se quella valutativa si dimostra inefficace. Spot è l’ultima delle modalità disponibili e permette di misurare l’esposizione in un punto ben preciso, risultando pratico per la fotografia in studio o in altri contesti specifici.

Relativamente all’esposizione si può attivare il bracketing fino a ±3 stop con passi di ⅓ di stop e nelle modalità a priorità si può scegliere anche la compensazione dell’esposizione, anch’essa configurabile fino a ±3 stop.

La R6 permette di realizzare scatti HDR in camera semplicemente scegliendo l’opzione apposita dal menù. È possibile salvare solo lo scatto finito in JPEG, oppure salvare in contemporanea i singoli scatti RAW per l’uso futuro e si possono scegliere diverse impostazioni di tone mapping per creare stili HDR differenti. Lo scatto generato dalla R6 è valido se vi serve un lavoro veloce. In effetti bastano pochi secondi per elaborare un file, ma software come EasyHDR o Cinematix Pro permettono di ottenere risultati migliori e maggiormente personalizzati.

In maniera piuttosto simile si possono realizzare delle esposizioni multiple, ad esempio per comporre scatti di astrofotografia, una funzionalità che però non abbiamo avuto modo di provare per via di un maltempo persistente.

La R6 è anche dotata di intervallometro integrato. In tal caso si può scegliere di impostare da 1 a 99 scatti, o addirittura illimitati, a patto di tenere la fotocamera alimentata.

Il limite tra uno scatto e l’altro può arrivare a 99 ore, 59 minuti e 59 secondi, permettendo di realizzare notevoli effetti di time-lapse.

Parlando di modalità di scatto, la ghiera superiore della R6 mette a disposizione del fotografo diverse opzioni già viste in passato, tre basate su priorità, una manuale, una programmabile, la classica BULB per l’utilizzo con lo scatto remoto, la registrazione video e tre (C1,2,3) totalmente personalizzabili dall’utente.

La modalità automatica adesso si chiama A+ (scena smart auto) e come già visto sui cellulari di ultima generazione, permette alla fotocamera di riconoscere la situazione che si presenta davanti a lei, decidendo in autonomia i parametri da utilizzare.

Il sistema di bilanciamento del bianco automatico non presenta grandi novità e funziona come da copione nella maggior parte dei casi. Solo delle condizioni più estreme la fotocamera tende a non compensare correttamente la temperatura di colore. In tal caso si può selezionare manualmente la temperatura di colore, oppure effettuare il bilanciamento del bianco tramite un apposito cartoncino neutro.

Oltre all’AWB (bilanciamento del bianco automatico) ci sono 6 modalità predefinite.

Come in passato, è possibile effettuare il bracketing della temperatura di colore, opzione utile solamente in caso si decida di scattare in modalità JPEG e si abbiano dei dubbi sulla corretta tonalità.

In condizioni standard, quando viene impostata una delle opzioni di bracketing della fotocamera vengono effettuati 3 scatti (0 -1 +1), ma una funzione personalizzata può portare il numero degli scatti a 5 o a 7 per un miglior controllo del risultato.

La fotocamera permette di personalizzare tasti e ghiere a piacimento consentendo di configurare tutti i controlli della fotocamera con precisione sartoriale. Una volta che si acquisisce dimestichezza con l’interfaccia, il suo utilizzo diventa estremamente semplice e rapido, e ciò va a migliorare notevolmente la produttività.

La R6 permette anche di escludere dalle scelte multiple di alcuni menù, ad esempio dai metodi AF, quelli che non ci interessano. Ciò permette di limitare le opzioni guadagnando in termini di operatività.

È anche possibile impostare dei limiti nei parametri fotografici, onde evitare che si utilizzino tempi, aperture e impostazioni di sensibilità al di fuori dei parametri ideali. Un’ulteriore opzione permette di indicare alla fotocamera cosa fare nel caso in cui l’impostazione necessaria sia fuori dal limite da noi selezionato, ad esempio per via di una quantità di luce troppo scarsa o eccessiva.

Come si può notare, la R6 offre numerose modalità creative, anche se alcune di queste sono in comune con gli altri modelli EOS le possibilità della fotocamera di adattarsi a qualsiasi tipo di scatto e in qualunque contesto sono davvero incredibili.

In effetti l’impressione è che non sembrano esserci attività che la R6 non sia in grado di affrontare grazie alle sue caratteristiche tecniche o ad un trucchetto nascosto in qualche menù.

La fotocamera possiede anche altre caratteristiche secondarie che per qualcuno potrebbero essere fondamentali, mentre altri potrebbero non averne mai la necessità di attivarle. Visto il prezzo di listino non indifferente non ci dispiace che ci siano funzionalità aggiuntive che possono venire utili in futuro. Parliamo in particolar modo della connessione Bluetooth e Wi-Fi, del GPS.

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REGISTRAZIONE VIDEO

La R6 ha delle buone capacità di registrazione video, pur non essendo un modello pensato quasi esclusivamente per l’utilizzo in tale ambito. È in grado di girare filmati con compressione IPB in 4K fino a 60 fps, oltre che Full HD fino a 120 fps (le altre opzioni sono le classiche a 24/25 fps e 30 fps). Con la R6 è anche possibile girare filmati time lapse a 25 o 30 fps, anche in HDR.

Durante le riprese è possibile sfruttare l’AF Dual pixel per mantenere il fuoco sul soggetto, tuttavia la registrazione video non è in grado di sfruttare tutto il sensore, ma viene applicato un leggero fattore di crop, perdendo di default circa il 7% dei pixel. Se si decide di sfruttare anche la stabilizzazione elettronica oltre l’IBIS e lo stabilizzatore degli obiettivi, la perdita dei pixel aumenta, a seconda del livello applicato, di un valore compreso tra il 16% e il 34%.

In modalità crop, dove viene di norma utilizzata solo una minima parte dell’inquadratura, attivando la stabilizzazione elettronica si può sfruttare appena il 44% dei pixel disponibili.

La registrazione 4K a 60 fps in modalità 8-bit 4:2:0 prevede un bitrate fino a 230 Mbps, mentre attivando l’opzione a 10-bit 4:2:2, il bitrate può salire fino a un massimo di 340 Mbps, ossia 2400 MB per 1 minuto di filmato, che andrebbero a riempire una card da 32 GB in circa un quarto d’ora.

Come detto è anche possibile registrare in modalità HDR PQ se si intende visionare i filmati direttamente su un televisore dotato di HDR, mentre se si intende post produrre il materiale video, ad esempio per girare un film, è possibile scegliere una curva piatta utilizzando la modalità Canon C-Log.

Dalle prove video che abbiamo effettuato, la nitidezza è sempre eccellente nella maggior parte delle situazioni, ma c’è una tendenza al rolling shutter che appare talvolta quando si utilizza la fotocamera in movimento, soprattutto se si utilizza un frame rate basso. Infine, rimane un limite di registrazione delle clip video a 29 minuti e 59 secondi che per qualcuno potrebbe diventare un problema, ad esempio quando si registra una lunga conferenza e si desidera ottenere un filmato unico, ininterrotto.

Ad ogni modo la R6 fa davvero un buon lavoro nella registrazione video, riuscendo a sopravanzare in qualità le precedenti Canon, anche se la sua versione omologa 1D X Mark III è capace di usare la modalità DCI 4K e a sfruttare completamente le dimensioni del sensore, quasi identico a quello della R6 come abbiamo visto.

CONCLUSIONI

La Canon R6 è una fotocamera mirrorless di ottima qualità e dalle molte possibilità. Mette a disposizione del fotografo notevoli funzioni foto e video già viste sui modelli precedenti, ma qui ogni cosa sembra ottimizzata al meglio per rendere semplice la vita dell’utente nella maggior parte delle situazioni. Ciò non vuol dire che si tratti di una fotocamera adatta a chiunque, principalmente per via del prezzo elevato e della necessità di acquistare obiettivi di qualità e alcune batterie aggiuntive, oltre che schede SD ad alta velocità piuttosto costose.

Tuttavia, se si ignora per un momento il mero costo e si guarda al valore di ciò che offre la R6 nel suo corpo robusto e compatto, si capisce che una cifra del genere non è surreale.

La R6 è un vero e proprio concentrato di tecnologia e presenta diverse novità, tra cui un sensore molto resistente al rumore, uno stabilizzatore integrato efficace e un autofocus molto maturo e davvero ottimo nell’utilizzo pratico. Anche le capacità video sono di sicuro interesse, soprattutto se si decide di girare in situazioni di scarsa luminosità, dove il sensore della R6 può fare davvero la differenza rispetto a quello di fotocamere 4K meno costose.

Non si tratta in definitiva di una fotocamera per neofiti, chi è nuovo alla fotografia può tranquillamente rivolgersi altrove. Non mancano certo le modalità automatiche di autofocus ed esposizione, ma sarebbe uno spreco ingiustificato decidere di non sfruttare appieno le sue capacità.

L’utente ideale per la R6 è un esperto di fotografia che vuole scuotersi di dosso la vecchia attrezzatura e interagire con un corpo macchina intelligente e ben ottimizzato, accompagnandolo a un set di ottiche di alta qualità, tra le numerose che Canon mette a disposizione.

L’impressione che abbiamo avuto provandola è che finalmente Canon abbia deciso di dare all’utente tutto quello che ha sempre desiderato senza più costringerlo a rivolgersi a modelli diversi, ma concedendogli il lusso di possedere una sola fotocamera capace di fare tutto il necessario per portare a casa un risultato di alta qualità.