Robot subacquei intelligenti, l'Italia guida la ricerca

L'Italia è capofila del Progetto Europeo di robotica subacquea WiMUST, coordinato da Giovanni Indiveri dell'Università del Salento.

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a cura di Alessandro Crea

Sono capaci di immergersi in profondità, di collaborare tra loro e di lavorare senza sosta per mappare i fondali. No, non sono i classici sub con muta, bombola e pinne, ma robot abissali, anzi ancora di più.

Si tratta di un vero e proprio sistema di robot subacquei intelligenti, in grado di muoversi sott'acqua e comunicare tra di loro, al fine di migliorare l'efficacia delle indagini geotecniche in mare.  A questo stanno lavorando diverse Università, Enti di Ricerca e aziende da sei Paesi europei (Portogallo, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Olanda), coordinati dal professor Giovanni Indiveri, docente di Robotica, Automatica e Sistemi di Controllo presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università del Salento, nell'ambito del Progetto Europeo WiMUST, parte di Horizon2020.

La visione alla base di WiMUST è quella di sviluppare sistemi avanzati di controllo cooperativo, per consentire a un gran numero di robot marini di interagire attraverso la condivisione di informazioni, come un vero e proprio team. Alcuni recenti sviluppi della tecnologia hanno infatti evidenziato la grande potenzialità dei gruppi di robot marini che agiscono in collaborazione: possono servire a migliorare enormemente i metodi disponibili per l'esplorazione dell'oceano. 

"Il Progetto WiMUST è partito ufficialmente il 1 febbraio del 2015, coinvolgendo illustri colleghi italiani, portoghesi, francesi, tedeschi, inglesi e olandesi. Dopo due anni di studi e prove in laboratorio e un primo esperimento in mare che si è svolto a fine 2016 a Sines in Portogallo, ci apprestiamo ad entrare nell'ultimo anno del progetto", ha spiegato il coordinatore Giovanni Indiveri. "Le tecniche fino ad ora utilizzate per l'esplorazione geotecnica e geofisica dei fondali prevedono l'utilizzo di una nave che rimorchia una sorgente acustica, in grado di generare un suono che penetra la colonna d'acqua illuminando il fondale. Il segnale di ritorno è acquisito da gruppi di ricevitori (idrofoni) montati lungo cavi (streamer) a loro volta trainati in superficie dalla nave. L'insieme degli streamer formano un'antenna acustica di geometria prestabilita. 

Nell'ambito di WiMUST si sta progettando un sistema alternativo in cui ogni streamer sarà trainato da un robot subacqueo. I robot potranno essere più vicini al fondale e ci si aspetta, di conseguenza, una migliore qualità del segnale; inoltre si punta a disaccoppiare la sorgente acustica dai ricevitori permettendo di cambiare la forma dell'antenna acustica ottimizzando quindi le caratteristiche dei rilevamenti".

Le metodologie che sono alla base del progetto diventeranno immediatamente applicabili anche alle acque profonde, nonostante la sperimentazione si svolga a profondità non superiori ai 20 metri.

In futuro inoltre ci si augura che le innovazioni tecnologiche del progetto WiMUST possano essere sfruttabili anche in altri campi, come quelli relativi a operazioni di ricerca e salvataggio, monitoraggio ambientale e per applicazioni di sorveglianza, sminamento, archeologia subacquea e della pesca.