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a cura di Dario D'Elia

France Télévisions, la TV pubblica francese, e i due principali canali privati M6 e TF1, hanno siglato un accordo per dar vita al servizio di video-on-demand a pagamento SALTO. In pratica i leader del digitale terrestre vogliono lanciare il guanto di sfida a Netflix e gli altri concorrenti internazionali.

Si parla di un servizio in streaming ad abbonamento mensile capace di rispondere alle rinnovate esigenze del pubblico con informazione, sport, intrattenimento, serie TV (sia francesi che statunitensi), documentari e film. Prevista anche la distribuzione di contenuti live e la loro fruizione successiva tramite archivio; senza contare premiere assolute. Insomma, un'operazione che potenzierà l'offerta e sarà sinergica agli attuali siti di MYTF1, 6Play e France.tv. Un esempio che forse un giorno anche RAI potrebbe seguire, sempre che funzioni.

salto

La compartecipazione dei tre broadcaster alla joint venture è comunque in percentuali uguali, ma bisognerà attendere il parere dell'Antitrust francese per conoscere il destino del progetto. Da rilevare che non è escluso per il futuro la collaborazione di altri operatori.

"Per TF1 Group, questo progetto è in linea con il nostro confermato impegno ad aperte e strategiche cooperazioni con gli attori chiave dell'industria, sia in Francia che in Europa. Nei prossimi anni, ci fornirà le armi di cui abbiamo bisogno per affrontare le sfide che incontreremo e soddisfare le aspettative degli spettatori con maggiore risolutezza", ha dichiarato Gilles Pélisson, Chairman and CEO of the TF1 Group.

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Come hanno fatto notare diversi addetti ai lavori la sfida sarà ardua, soprattutto se si volge lo sguardo alle forze economiche in campo. Netflix ha previsto per questo anno un investimento di 8 miliardi di dollari solo per le sue produzioni, mentre il consorzio francese non più di 50 milioni di euro per l'intero progetto.

Per altro, con la prossima approvazione della nuova norma UE sul copyright, l'introduzione dell'obbligo per tutti i servizi video di offrire almeno un 30% di contenuti europei convincerà i produttori a prediligere le piattaforme più blasonate condizionandone anche i listini dei diritti.


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