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a cura di Alessandro Crea

Marzo è ormai lontano nel tempo, ma quando si tratta di Facebook sembra che il tempo non sia trascorso. È di oggi infatti la notizia che Unicredit, tra i primi tre gruppi di credito italiani ed europei, ha deciso di terminare qualsiasi tipo di collaborazione col popolare social network per quanto riguarda le inserzioni pubblicitarie. Ad annunciarlo durante la conferenza stampa sui risultati semestrali è stato l'amministratore delegato Jean Pierre Mustier.

A influenzare sulla decisione, ancora una volta, lo scandalo dati scatenato da Cambridge Analytica. Nonostante tutte le rassicurazioni e le iniziative prese in questi mesi dunque, il danno a livello di immagine subito da Facebook continua a pesare come un macigno, portando continui guai all'azienda guidata da Mark Zuckerberg, tra trimestrali negative e crolli in borsa.

La replica di Facebook non si è fatta attendere. Un portavoce dell'azienda, contattato da Radiocor ha infatti dichiarato: "gli inserzionisti sono interessati alle persone, e anche noi. Mentre alcuni di loro hanno sospeso gli annunci, molti altri hanno espresso il loro sostegno per le misure che stiamo prendendo per proteggere le informazioni delle persone. Prendiamo sul serio tutti i feedback: stiamo lavorando con i nostri partner per rendere le nostre piattaforme ancora più sicure".

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Proprio in questi giorni inoltre si era diffusa un'altra notizia, poi in parte rettificata dalle dichiarazioni di Facebook, riguardo a una richiesta avanzata ad alcuni dei più grandi e importanti gruppi bancari statunitensi per l'acquisto dei dati degli utenti e persino delle transazioni delle loro carte di credito. Secondo la notizia originaria, riportata dal Wall Street Journal, Facebook era interessata a diventare sempre più un riferimento nel settore della compra vendita ma alcune banche si erano già tirate indietro perché preoccupate per la privacy dei propri clienti.

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A stretto giro il colosso di Menlo Park ha poi chiarito di non avere in mente nulla di particolare e comunque nulla che avesse a che fare con profilazione e tracciamento degli utenti. L'intenzione era semplicemente di integrare il chat bot di un istituto di credito di Singapore, in modo da consentire ai clienti di controllare alcuni parametri bancari direttamente da Messenger, cosa che Facebook fa già ad esempio con gli acquisti, grazie a una collaborazione con PayPal in 40 Paesi.

L'episodio restituisce bene il clima generale di paranoia e di sfiducia nei confronti di Facebook, anche se è facile intuire che dietro el motivazioni "etiche" ci sia soprattutto la paura di finire mediaticamente e nella percezione dei clienti sotto la stessa ombra che grava sul social.


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