Il dibattito sulle auto a combustione interna in California si è infiammato nuovamente dopo che la Camera dei deputati statunitense ha votato per bloccare una delle politiche ambientali più ambiziose degli Stati Uniti. Con 246 voti a favore e 164 contrari, i legislatori hanno approvato una misura che annullerebbe il diritto della California di vietare la vendita di veicoli con motore termico a partire dal 2035. Questa decisione rappresenta l'ultimo capitolo di uno scontro politico che va ben oltre le questioni ambientali, toccando temi come l'autonomia degli stati, la competitività economica e il futuro della mobilità americana in un contesto di crescente sensibilità climatica.
La politica californiana, definita dal California Air Resources Board (Carb), era stata autorizzata dall'Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA) durante l'amministrazione Biden. Questa deroga aveva permesso allo stato di fissare standard di emissioni più rigidi rispetto a quelli federali, culminando nel divieto totale di vendita di nuove auto a combustione entro il 2035. L'iniziativa aveva fatto scuola: undici altri stati, rappresentanti circa il 40% del mercato automobilistico statunitense, avevano seguito l'esempio californiano adottando normative simili.
Il governatore della California Gavin Newsom non ha nascosto la sua frustrazione dopo il voto, accusando apertamente i repubblicani di essersi piegati agli interessi delle grandi aziende inquinanti. Secondo Newsom, la norma rappresenta un pilastro fondamentale non solo per ridurre l'inquinamento atmosferico, ma anche per garantire agli Stati Uniti una posizione competitiva nel mercato delle auto elettriche, in particolare nei confronti della Cina, che sta investendo massicciamente in questo settore.

Di tutt'altro avviso l'Alliance for Automotive Innovation, che rappresenta colossi come General Motors, Toyota, Hyundai e Volkswagen. L'associazione ha accolto con entusiasmo il voto della Camera, sostenendo che l'abrogazione della normativa californiana eviterà la perdita di numerosi posti di lavoro che, a loro avviso, sarebbe stata inevitabile con l'attuazione del divieto. Il dibattito evidenzia la tensione tra obiettivi ambientali di lungo termine e preoccupazioni economiche immediate.
Sul piano legale e istituzionale, la partita è ancora aperta. La misura approvata dalla Camera dovrà ora passare al vaglio del Senato, dove i repubblicani detengono la maggioranza. Solo dopo questo passaggio potrebbe arrivare sulla scrivania del presidente Trump per la firma definitiva. Tuttavia, la California ha già annunciato di voler presentare ricorso contro questa decisione, aprendo un potenziale conflitto costituzionale sulla sovranità legislativa degli stati.
A complicare ulteriormente il quadro, l'organo di vigilanza sulle procedure parlamentari e il Government Accountability Office avevano già espresso dubbi sulla legittimità dell'intervento del Congresso. Secondo questi enti, la cancellazione di deroghe concesse a uno stato non rientrerebbe nelle competenze del potere legislativo federale, in quanto interferirebbe con l'autonomia legislativa garantita dalla Costituzione americana.
La questione solleva interrogativi più ampi sul federalismo americano e sul delicato equilibrio tra politiche nazionali e autonomia statale, specialmente quando si tratta di affrontare sfide globali come il cambiamento climatico. Il caso della California potrebbe stabilire un precedente significativo per il futuro delle politiche ambientali negli Stati Uniti e ridefinire i confini dell'autorità federale in materia di regolamentazione delle emissioni.
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