Guida Autonoma, per Mercedes i pedoni sono sacrificabili

Realizzare un'auto a guida autonoma significa anche programmarla per decidere chi salvare nelle situazioni estreme. Secondo Mercedes la risposta è proteggere sempre il guidatore e gli occupanti dell'auto prima di tutto.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Aggiornamento: la dirigenza Mercedes ha smentito ufficialmente le dichiarazioni di Christoph von Hugo.

Le auto a guida autonoma sono il futuro della mobilità, su questo c'è accordo generale. Ma i dettagli sono spesso complicati, e nello specifico c'è da affrontare un dilemma morale che riguarda le scelte che dovrebbe fare un'auto, nella malaugurata ipotesi che non sia possibile salvare tutte le persone coinvolte in un incidente.

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Tutto il settore automobilistico e i governi si stanno infatti interrogando su come andrebbe programmato il computer alla guida, su quali criteri andrebbero applicati: vale di più un impiegato padre di famiglia o un cardiochirurgo single? È meglio proteggere la signora incinta alla guida oppure il giovane atleta che sta attraversando la strada? Alcuni lo definiscono la versione automobilistica del problema del carrello ferroviario.

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Esempio di test per umani preso da The Moral Machine

Dilemmi piuttosto difficili, a cui Mercedes prova a dare una propria, prima risposta. "Se sai di poter salvare almeno una persona, salva quella nell'auto", ha sintetizzato Christoph von Hugo, un rappresentante dell'azienda. Si parla di guida autonoma di livello 4 e 5; al momento Google sta testando il livello 3, mentre le auto commerciali più avanzate sono Livello 2.

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Suona piuttosto cinico ed egoista, decidere di salvare "di default" il guidatore dell'auto, a maggior ragione se a farlo è un marchio che vende auto di lusso. Von Hugo difende la propria affermazione aggiungendo che "si potrebbe sacrificare l'auto, ma poi non sapresti cosa potrebbe accadere alle persone che hai salvato, in situazioni che spesso sono molto complesse. Così salvi quelli che sai di poter salvare".

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Si sceglie quindi il pragmatismo, lasciando le riflessioni etiche per un altro momento. Anche perché, continua von Hugo, le situazioni pericolose sono destinate a diventare sempre più rare. "Crediamo che le questioni etiche non saranno tanto rilevanti quanto si pensa oggi. Succederà molto meno di frequente. Oggi ci sono situazioni che un guidatore non può gestire e che, da un punto di vista fisico, non possiamo prevenire nemmeno con i veicoli autonomi. Ma andrà comunque molto meglio che con il guidatore medio".

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Il punto è, secondo il rappresentante di Mercedes, sviluppare questi mezzi affinché non sia necessario mettersi in certe scomode situazioni. "Il 99% del nostro lavoro ingegneristico è prevenire che certe situazioni si verifichino. Lavoriamo affinché le nostre auto non si infilino in situazioni che richiedano di prendere decisioni. Non è una questione di chilometri", conclude von Hugo, "è una questione di possibili situazioni, e ce n'è un numero infinito".

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Il discorso del dirigente Mercedes appare effettivamente sensato, almeno a prima vista, ma sembra che ci sia un punto chiave lasciato da parte. È vero che alla lunga i veicoli a guida autonoma renderanno gli incidenti un ricordo del passato, soprattutto quelli mortali. Ma prima di quel momento queste auto, autobus, furgoni e altro circoleranno per le strade. E per un periodo saranno insieme alle auto tradizionali, guidate da persone in carne e ossa.

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Gli ingegneri di Mercedes, dunque, possono sforzarsi quanto vogliono affinché certe situazioni non si verifichino. Ma è uno sforzo destinato alla frustrazione e al fallimento, e prima o poi l'auto dovrà affrontare il dilemma etico. Coloro che saranno alla guida di una Mercedes, però, sanno già che l'auto salverà loro prima di tutto.

Ammesso e non concesso che le opinioni espresso da von Hugo si facciano effettivamente strada nel software Mercedes. Dopodiché le auto dovrebbe essere approvate dalle autorità prima di finire su strada. C'è ancora tempo quindi, per continuare a porsi domande scomodissime.