Perché le auto ibride inquinano e non sono così ecologiche

Le auto ibride sono davvero ecologiche come si pensa? La risposta non è così scontata e dipende da numerosi aspetti; in ogni caso è prevista una revisione del valore delle emissioni.

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a cura di Luca Rocchi

Managing Editor

Il settore dell’automobile è in continua evoluzione e nel corso degli ultimi anni ha registrato uno sviluppo su più fronti; a partire dagli anni 2000 infatti, con il debutto della prima versione di Toyota Prius, abbiamo assistito ad un graduale arrivo di veicoli ibridi seguito successivamente da quelli a idrogeno e ora elettrici. Offerte commerciali che hanno ampliato la tipologia delle soluzioni disponibili, aumentando anche la platea dei potenziali utilizzatori.
 

Le auto ibride, che da qualche anno conosciamo decisamente meglio, rappresentano la soluzione “ponte” necessaria per traghettarci, in maniera più misurata, alla totale elettrificazione. Si tratta, anche se appare difficile da crederci, ad una tecnologia temporanea e non destinata a rimanere sebbene moltissimi produttori continuino a crederci implementando anche soluzioni raffinate di varia natura. Come sappiamo, da precedenti notizie, la tecnologia ibrida e in generale la sezione endotermica su cui si basa subirà un corposo aggiornamento nei prossimi mesi con l’Euro 7. 

Ma prima di iniziare approfonditamente con l’analisi dell’inquinamento, cosa sono esattamente le auto ibride? Quali tipologie ci sono? 

Mild, Full e Plug-in: gli ibridi a confronto 

Il mercato attuale offre tre principali declinazioni di ibrido; mild-hybrid (o ibrido leggero), full-hybrid (completamente ibrido) e plug-in hybrid (alla spina). Per ogni tipologia c’è una chiara sigla capace di definire il sistema propulsivo, rispettivamente: MHEV, FHEV e PHEV. Spesso c’è molta confusione, soprattutto in TV, nonostante le differenze possano essere considerevoli. Quali tipologie ci sono? 

  • mild-hybrid: sono vetture flessibili che, però, utilizzando un piccolo propulsore elettrico per spingere la vettura in avvio e recuperare energia in frenata. Le soluzioni mild non consentono una marcia ad emissioni zero, ma permettono esclusivamente una riduzione dei consumi e delle emissioni. Da qualche anno sono disponibili anche i “microibridi” che si ispirano, in tutto e per tutto, alle mild-hybrid; a differenza di quest’ultime, utilizzano la controparte elettrica solo per alimentare i sistemi di bordo e traggono l’energia con la frenata rigenerativa. Che sia mild- o micro-, le emissioni vengono sempre prodotte; 
  • full-hybrid: la prima ad aver introdotto questa tecnologia è Toyota nel 1997 con la Prius e da allora è diventata sempre più comune. Il motore tradizionale e il generatore elettrico sono al centro della scena, possono essere usati parallelamente o in alternanza. La trazione può giungere quindi sia dal propulsore elettrico sia da quello endotermico. L’integrazione dei sistemi propulsivi varia da costruttore a costruttore ma, in linea generale, le full-hybrid permettono una marcia temporanea a zero emissioni. La ricarica della batteria ; 
  • plug-in hybrid: nelle ibride alla spina, la batteria del motore elettrico si ricarica con una presa domestica o con la colonnina di ricarica pubblica. Il sistema elettrico può garantire percorrenze di tutto rispetto (fino a 70 km) e la frenata rigenerativa permette di recuperare autonomia. La controparte endotermica può operare parallelamente operando come un’auto tradizionale. L’aspetto negativo di questa tecnologia risiede nel peso: senza una batteria carica, il vantaggio del plug-in si esaurisce presto e vi ritroverete a spingere in endotermico un’auto tendenzialmente più pesante di una identica sprovvista di sistema plug-in. Anche in questo caso è possibile muoversi solo in elettrico; la Renault Captur permette una spinta fino a 130 km/h solo a batterie. 

In sostanza, la principale differenza tra una vettura full-hybrid (FHEV) e plug-in (PHEV) è semplice: mentre la prima prevede una ricarica delle batterie in automatico nelle frasi di frenata, la prima vincola il proprietario alla ricarica delle batterie tramite collegamento con presa alla rete elettrica. 

Emissioni di CO2: sono davvero ridotte? 

Fatta questa doverosa premessa, appare già chiaro quale soluzione ibrida sia più vicina all’ambiente e quale, invece, sia più semplicemente una via di mezzo non capace quindi di offrire una vera evoluzione. 

La tecnologia si evolve molto velocemente ma la burocrazia, a volte, sembra ferma sulla linea di partenza. Mentre per le elettriche appare semplice definire il valore di emissioni di CO2 sul quadro V.7 della carta di circolazione, per le ibride siamo davanti ad un girone dantesco. Non esiste una divisione scientifica e netta, ma solo un’idea spannometrica o teorica. Secondo quanto riportato da un’indagine svolta dai ricercatori del Fraunhofer ISI Institute e dell'ICCT, su un campione di 100mila vetture plug-in hybrid, le emissioni prodotte medie di CO2 erano il doppio di quelle dichiarate dalle case automobilistiche e riportate, di conseguenza, sul libretto. Nella peggiore delle ipotesi invece, l'emissione di CO2 delle PHEV è quattro volte superiore ai dati ufficiali. 

Una delle ragioni dietro a questa debacle è da imputare all’utilizzo scorretto; la batteria generalmente ha una capacità contenuta e, senza una continua ricarica, si arriva ad utilizzare benzina o diesel (con consumi poco limitati). In altre parole, le plug-in sono ecologiche solo sulla carta. Discorso analogo, naturalmente, per le mild- e micro- ibride che non riescono a percorrere km in modalità completamente elettrica. 

Le ripercussioni delle “false” ibride 

In seguito alle numerose analisi in merito, alcuni governi hanno deciso di rivedere lo schema dell’attribuzione degli incentivi negando la compatibilità con le ibride plug-in (le meno efficaci). Il caso più eclatante giunge dal Canton Vallese svizzero che, tramite una ricerca firmata dall'ingegner Marc Müller della svizzera Impact Living, ha testimoniato quanto poco ecologiche siano le ibride alla spina. Così tanto inquinanti, fino a 3 volte superiori rispetto a quanto indicato su carta, da portare la regione Svizzera a revocare i sussidi all'acquisto delle ibride plug-in. 

Il caso di Area B e Area C 

Come forse saprete, per esperienza diretta o meno, il Comune di Milano ha scelto di recente di inasprire gli accessi alle aree più riservate del capoluogo meneghino istituendo delle limitazioni di rilievo che colpiscono anche le vetture ibride. Per quanto possa sembrare “surreale”, chi ha acquisto un’auto ibrida di recente potrebbe ritrovarsi a dover pagare il proprio accesso alle ZTL di Milano. 

Come mai? Semplice, ancora una volta viene preso in considerazione il valore di emissioni di CO2 che, nel caso di alcune utilitarie “ibride”, risulta superiore al limite di 100 g/km di CO2 imposto dal Comune. Come riportato da Quattroruote, Fiat 500 1.0 Hybrid, Panda 1.0 Hybrid, Ford Fiesta 1.0 Ecoboost Hybrid, Lancia Ypsilon 1.0 FireFly, Suzuki Ignis 1.2 Hybrid e Toyota Prius superano il limite. 

Corretto o sbagliato? Se da un lato l’applicazione del Comune di Milano potrebbe essere corretta, dall’altro viene da chiedersi se non sia stato commesso qualche errore in precedenza con la definizione di auto ibrida e nel comunicare, pubblicamente, la sua reale utilità. Secondo l’Acea, l'ente commerciale che rappresenta i produttori di veicoli europei, le ibride plug-in sono destinate ad essere guidate in modalità completamente elettrica per brevi periodi giornalieri; l’inquinamento è dettato esclusivamente dall’utilizzo del conducente e, con un utilizzo sconsiderato, offrono “un'eccellente transizione verso le emissioni 0.” 

Cosa possiamo attendere per il futuro? 

In seguito alle numerose indagini e sulla scia del Dieselgate, l'Unione europea ha dichiarato che eseguirà test più severi sulle emissioni delle auto. A partire dal 2025, verranno definiti nuovi sistemi di verifica che terranno conto di un nuovo fattore, ricavato dai dati reali raccolti tramite un sistema Obfcm (On-Board Fuel Consumption Monitoring), diventato obbligatorio dallo scorso 1° gennaio 2021 (presente su tutti i veicoli di nuova immatricolazione, capace di memorizzare tutti i dati sui consumi reali).