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a cura di Alessandro Crea

La scorsa settimana una Tesla Model X si è schiantata su una barriera protettiva, prendendo in seguito fuoco e provocando così la morte dell'autista, inutilmente trasportato in ospedale. L'incidente è stato inizialmente oscurato da quello accaduto alla Volvo a guida autonoma di Uber, ma l'onda lunga dell'accaduto sta raggiungendo lo stesso l'azienda, con conseguenze gravi. La notizia dell'invio di due investigatori da parte della NTSB (National Transportation Safety Board) ha infatti preoccupato gli investitori, con conseguente crollo in borsa del titolo.

L'incidente infatti solleva parecchie perplessità sulla reale efficacia del sistema di guida semi autonoma Autopilot e soprattutto sulle batterie di cui sono dotate le Tesla. L'auto infatti si è spezzata in due ed è stata quasi completamente distrutta dalle fiamme sprigionatesi dalle batterie, uno scenario che persino Tesla ha dovuto ammettere di non aver mai visto prima in alcun altro incidente delle sue auto.

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L'azienda, che ha affermato di star collaborando a stretto contatto con le autorità per chiarire le dinamiche dell'incidente, ci tiene però a difendere il suo sistema Autopilot. Al momento infatti non è ancora chiaro se fosse o meno attivo al momento dell'impatto. Tesla dunque nel dubbio ha preferito puntare piuttosto il dito contro l'assenza di un guard rail in grado di attenuare l'impatto. Quest'ultimo, secondo una ricostruzione offerta dall'azienda stessa e documentata con foto prese da Google Street View e da una dash cam a bordo dell'auto di uno dei testimoni dell'incidente, era presente in passato ma, rimosso a causa di un precedente incidente, non era ancora stato ripristinato.

Tesla ha anche sottolineato che, in quello stesso tratto di strada, le sue auto con Autopilot attivo sono transitate già 85mila volte dal 2015, data di disponibilità del sistema di guida assistita, di cui 20mila dall'inizio dell'anno. Se la difesa di Autopilot è quantomeno credibile (in attesa di sapere dalla perizia come stanno esattamente le cose), l'incendio non ha spiegazioni. La Model X e in generale tutte le Tesla, dovrebbero infatti avere un sistema di batterie in grado di rallentare la propagazione di un incendio per il tempo sufficiente affinché tutti i passeggeri si mettano in salvo.

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Insomma si tratta dell'ennesima tegola per l'azienda di Elon Musk, già alle prese con le difficoltà finanziarie e organizzative per incrementare i ritmi di produzione. Come se non bastasse poi di recente un duro colpo alla credibilità finanziaria della società era arrivato dalla prestigiosa società di rating Moody's, che aveva espresso un giudizio negativo su Tesla.  

Aggiornamento

Con una nota ufficiale, Tesla ha fatto sapere che Autopilot era attivo al momento dell'incidente, con la modalità di assistenza alla guida impostata al minimo e che al guidatore sono stati forniti diversi avvisi visuali e uno sonoro prima dell'incidente, a quanto pare tutti ignorati. L'autista secondo l'azienda avrebbe avuto infatti 5 secondi e 150 metri di strada libera per prendere il controllo dell'automobile, ma il sistema non ha rilevato la presenza di mani sullo sterzo nei secondi che precedono l'impatto.

Nel ricordare che Autopilot non può prevenire tutti gli incidenti, Tesla ha comunque confermato quanto già affermato dal Governo degli Stati Uniti e cioè che il suo sistema di guida assistita è in grado di diminuire gli incidenti del 40% e che i veicoli Tesla con Autopilot attivo fanno segnare in media un incidente ogni 320 milioni di miglia. 


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