Il mercato del lavoro tecnologico sta attraversando una trasformazione silenziosa ma profonda, con le principali aziende tech che hanno drasticamente ridotto l'assunzione di neolaureati negli ultimi anni. Secondo un recente rapporto di SignalFire, società di venture capital specializzata nell'analisi delle dinamiche occupazionali, i colossi come Meta, Microsoft e Google hanno ridotto significativamente il reclutamento di giovani talenti appena usciti dall'università. Il dato più allarmante rivela che i neolaureati rappresentano ormai solo il 7% delle nuove assunzioni nel 2024, con un calo del 25% rispetto all'anno precedente e addirittura del 50% rispetto ai livelli pre-pandemia del 2019. Un fenomeno che solleva interrogativi su come l'intelligenza artificiale stia modificando il panorama delle opportunità lavorative per le nuove generazioni.
Le startup, tradizionalmente considerate il terreno fertile per i talenti emergenti, mostrano un trend ancora più preoccupante. La percentuale di neolaureati tra le nuove assunzioni è precipitata dal 30% nel 2019 a meno del 6% nel 2024. Asher Bantock, responsabile della ricerca presso SignalFire, ha dichiarato a TechCrunch che esistono "prove convincenti" del ruolo cruciale dell'intelligenza artificiale in questa contrazione delle posizioni di ingresso. Secondo Bantock, i ruoli entry-level risultano particolarmente vulnerabili all'automazione poiché composti principalmente da compiti routinari che l'IA può facilmente svolgere, dalla programmazione alla ricerca finanziaria.
La prospettiva appare ancora più inquietante se si considerano le previsioni di Dario Amodei, CEO quarantaduenne di Anthropic, startup valutata 61,5 miliardi di dollari. In un'intervista ad Axios, Amodei ha affermato che nei prossimi uno-cinque anni, l'intelligenza artificiale potrebbe eliminare la metà di tutti i lavori impiegatizi di primo livello, causando un aumento della disoccupazione fino al 10-20%. Una previsione che si allinea con quanto dichiarato all'inizio dell'anno, quando aveva anticipato che l'IA sarebbe stata in grado di scrivere "essenzialmente tutto il codice" per le grandi aziende entro il prossimo anno.
Durante un evento del Council on Foreign Relations lo scorso marzo, Amodei aveva già espresso profonda preoccupazione per l'impatto dell'IA sul mercato del lavoro. Secondo il CEO di Anthropic, settori come tecnologia, finanza e diritto saranno i primi a risentire di questa rivoluzione. Ciò che rende la situazione particolarmente problematica è la mancanza di consapevolezza tra i lavoratori:
"La maggior parte di loro non è consapevole che questo sta per accadere", ha dichiarato Amodei ad Axios. "Suona folle, e le persone semplicemente non ci credono".
A confermare queste preoccupazioni sono anche le ricerche del Brookings Institution, prestigioso think tank americano, che mostrano come l'IA potrebbe sostituire oltre la metà delle mansioni svolte in ruoli di primo ingresso, tra cui analisti di ricerche di mercato, designer grafici e rappresentanti commerciali. Un dato particolarmente significativo emerge dal confronto con i ruoli senior, che presentano un rischio di automazione fino a cinque volte inferiore, evidenziando come l'esperienza e le competenze avanzate costituiscano ancora un valore difficilmente replicabile dall'intelligenza artificiale.
La Harvard Business Review offre una prospettiva più ampia, stimando che l'IA influenzerà circa 50 milioni di posti di lavoro nei prossimi anni. Tuttavia, questo impatto non sarà uniforme: mentre alcune posizioni verranno completamente automatizzate, in altri casi l'intelligenza artificiale funzionerà come strumento potenziatore delle capacità umane, creando nuove sinergie tra tecnologia e competenze professionali. Questo scenario di trasformazione mista suggerisce che il futuro del lavoro non sarà caratterizzato da una semplice sostituzione, ma da una complessa riconfigurazione delle mansioni e delle competenze richieste.
La rapidità con cui questa transizione sta avvenendo rappresenta forse l'aspetto più critico della situazione. Mentre le aziende tech riducono drasticamente le assunzioni di neolaureati, i programmi educativi e formativi faticano ad adattarsi con la stessa velocità, creando un potenziale disallineamento tra le competenze dei giovani professionisti e le nuove esigenze del mercato. Il rischio è che un'intera generazione di talenti possa trovarsi spiazzata da una trasformazione tecnologica che avanza più rapidamente della capacità del sistema educativo e professionale di adeguarsi.